La resistenza nonviolenta a Bi'lin.

Bil’in 17 agosto 2007

Si è scritto e si è detto molto sulla Resistenza Nonviolenta contro il
muro nel villaggio Palestinese di Bil’in. Si é scritto e si è vissuto
molto, dato che moltissimi internazionali e italiani presenti nei
territori occupati palestinesi hanno partecipato alle innumerevoli
manifestazioni che dal gennaio del 2005 animano questo villaggio ogni
venerdì, al termine della preghiera nella moschea.
Siamo tornati a Bilin, in un gruppo di italiani di Assopace e Operazione
Colomba, il 17 agosto del 2007, e abbiamo scoperto che su Bil’in c’è
ancora molto da raccontare.
Molte sono anche le critiche che sono state fatte al movimento contro il
muro nel villaggio, tanto da palestinesi quanto da internazionali. Si è
detto che quello di Bil’in rischia di essere un appuntamento rituale
eterodiretto da attivisti di tutto il mondo senza la "centralità" dei
palestinesi, si è detto che è inutile continuare a protestare ora che
ormai il muro è stato costruito, si è detto che ha perso la creatività e
lo stimolo iniziale, si è detto pure che rischia di essere una tela di
ragno che afferra  e imprigiona tutti gli attivisti di tutto il mondo di
passaggio.
Poi quando uno va a Bil’in scopre che le cose si possono vedere anche da
un’altra prospettiva. Di sicuro Bil’in è un appuntamento per molti
internazionali, che si ritrovano qui, ma anche che da Bil’in anche
ripartono il pomeriggio stesso (per cui tanto intrappolati non sono…..)
Il corteo a cui abbiamo partecipato era poi chiaramente diretto e
organizzato dai palestinesi, con il supporto logistico degli israeliani,
A parte il nocciolo più consistente di palestinesi,  gli israeliani
erano presenti  con una delegazione di Anarchist Against the Wall e
molte persone autonome e poi una trentina di internazionali. Questi
ultimi hanno tenuto un basso profilo durante tutto il corteo, lasciando
interamente ai palestinesi l’organizzazione della manifestazione, la
strategia della stessa, e, fin dall’inizio, il tentativo di mediazione
con i soldati,  la sensazione era che gli internazionali avessero
proprio la funzione di "cuscinetto" per ridurre la violenza e dimostrare
il sostegno della comunitá internazionale alla lotta locale…
Arrivati oltre il punto che l’IDF aveva stabilito come nostro limite
massimo (ancora ben lontani dal tracciato del muro, obbiettivo manifesto
ed esplicitato del corteo) è partita una pioggia incessante e paurosa di
gas lacrimogeni, che hanno reso in pochissimo tempo l’aria totalmente
irrespirabile anche nelle retrovie del corteo e lungo tutto  il percorso
del corteo e nei campi di ulivi circostanti, almeno per 200-300 metri
indrietro rispetto alla testa del corteo.
Mentre ancora avevo spasmi e contrazioni ai polmoni e non riuscivo a
ricominciare a respirare normalmente  mi veniva da pensare alla tenacia
di  chi si trova ogni venerdì in faccia quella realtà, e nonostante
tutto va avanti, ridiscende una volta alla settimana il sentiero e
arriva davanti ai soldati e alla loro cruda violenza.
Cinque persone sono rimaste intossicate dai gas, tra queste, due in modo
abbastanza serio,entrambi giornalisti palestinesi.
La manifestazione è continuata per circa due ore e mezza, con tentativi
di guadagno del territorio, di ritorno alla linea marcata all’inizio
della violenza dell’esercito e poi di ritiro rapido verso il villaggio,
correndo tra gli uliveti per evitare le pioggie di gas.
Credo che ognuno può decidere liberamente se includere  o meno il lancio
di sassi all’interno della categoria "lotta nonviolenta" nel contesto
palestinese, fattostà che mi ha colpito vedere che di sassi non ne sono
volati almeno per i primi 40 minuti, il corteo ha fatto solo resistenza
passiva. Poi da un lato hanno cominciato a lanciare sassi alcuni ragazzi
del paese, comunque isolandosi dal corteo stesso.
Oltre ai gas l’esercito ha presto iniziato anche a lanciare bombe
sonore e proiettili di gomma. Inoltre ora i soldati hanno anche dei gas
lacrimogeni particolari, che non si sparano in aria ma si tirano
direttamente addosso agli obiettivi come se fossero delle bombe a mano,
e vi assicuro che non era piacevole vedere i soldati che ti correvano
dietro mirandoti e tirandoti addosso questi nuovi "candelotti"
Alle tre  e mezza  ci siamo definitivamente  ritirati verso il
villaggio. Abbiamo disposto una serie di massi e pietre sulla strada per
evitare che le jeep entrassero in paese. Però i ragazzi palestinesi ci
hanno subito detto che comunque da qualche mese i soldati non entrano
più di giorno a Bil’in. Nei due anni passati alla fine di molti cortei
seguivano ronde  e caccie all’uomo  nelle vie del paese. Ora non più, la
pressione mediatica che la manifestazione settimanale ha creato nei
media nazionali e internazionali fa sì che l’IDF deve essere più
prudente, ed è "costretto" ad entrare a Bil’in solo di notte.
Parlando poi con la gente, scopriamo che mentre nei villaggi  le "porte"
lungo il tracciato del muro sono aperte solo un’ora al mattino e un’ora
alla sera e non sempre, e la gente ha ovviamente enormi difficoltà ad
andare a lavorare nelle proprie terre "rimaste" aldilà del muro,  a
Bil’in, dal sabato al giovedì la "porta" per andare a lavorare la terra
è sempre aperta, dalle nove di mattino alla  sera senza
interruzioni……ancora un’altro risultato…..
E’ di pochi giorni fa, inoltre, la notizia che la ditta che ha in
appalto la costruzione e il completamento della colonia di Mod’in, di
fronte a Bil’in, è fallita.  Sembra che i coloni stiano andando ad
abitare a Mod’in anche in case non completate da questa ditta, in case
lasciate a metà, ma rimane il fatto che ora non c’è più, e che di sicuro
la resistenza del villaggio palestinese ha avuto un ruolo in questo.
E chissà quante altre Bil’in potrebbero nascere, sull’esempio eroico
degli abitanti di questo villaggio….Non è facile riuscire a far
coincidere le  tante virtuosità che hanno dato forza al movimento, come
l’azione congiunta di palestinesi e israeliani; la  estraneità dalle
logiche di partito, dell’una e dell’altra parte; il rilievo che è
riuscito ad acquisire il movimento sui media, e la funzione positiva
degli internazionali, quando riescono a creare reale empowerment, senza
sostituirsi a nessuno……..Non è facile mettere assieme tutto
questo…ma se Bil’in c’è riuscito e continua a resistere, perchè non
pensare che possa esistere  e rinascere ancora qualcosa di simile?

Ho visto un venerdì a Bil’in, forse altri venerdì sono molto più
tristi……..Non basta di sicuro la partecipazione a un corteo  a dire
cosa succede  e cosa si vive in questo villaggio, che comunque vadano le
cose rimarrà nella storia del conflitto arabo-israeliano…..

Nonostante la  drammatica violenza, sono però tornato da Bil’in con
motivi di speranza.

E se tutte le ragioni sopra elencate non fossero sufficienti ad avere
speranza, allora aggiungo anche gli abbracci di affetto che ho visto tra
palestinesi ed israeliani che da due anni e mezzo lottano così
eroicamente, che  mi hanno colpito al cuore……Palestinesi e
israeliani abbracciati assieme,  e non uniti da qualche buonistica
volontà di "dialogo" che rischia di trasformarsi in  fattore di
normalizzazione del conflitto e dell’ingiustizia.
Palestinesi e israeliani uniti da un obbiettivo chiaro e semplice,
distruggere il muro che li vuole dividere,  che opprime i palestinesi, e
che porta un folle delirio securitario gli israeliani…..
allontanando
pace e libertà da questo fazzoletto di terra.

E allora davanti alla tragedia di quanto avviene a livello
politico-partitico in Palestina, forse è ancora una volta solo nei gesti
e nelle resistenze della società civile, della cittadinanza attiva,  che
possiamo riscoprire motivi di speranza, fuochi di lotta…..

Ah, a proposito,  i commercianti della città vecchia di Hebron stanno
cercando di riaprire alcuni dei loro negozi, il mercato cittadino ora si
spinge molto più verso la città vecchia , e ora quando si passeggia nel
souk non sembra più di essere in una città fantasma, come era fino a
poco tempo fa,…. sta  lentamente tornando la vita……..Non si sa
fino a quando, ma intanto questo è quello che succede…..e non mi
sembra  per nulla un risultato da poco…..

Quico
Coordinamento Presenze Civili di Pace in Palestina e Israele

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