La “vittoria” a Gaza è solo un’illusione: il “j’accuse” contro l’Anp

MemoIbrahim Hewitt. Per quanto ancora può durare la farsa dell’Autorità Nazionale Palestinese? Lo chiedo perché da qualche mese a questa parte è sempre più ovvio che l’Anp, nella persona del suo presidente Mahmoud Abbas, sia più interessata a curare gli interessi di Israele che non quelli del popolo che dovrebbe rappresentare, quello palestinese. In tali circostanze, qualunque “vittoria” annunciata da parte della resistenza di Gaza non può che essere illusoria.

In virtù della cosiddetta “cooperazione per la sicurezza” con le forze di occupazione israeliane, molti palestinesi ritengono che l’Anp controlli oltre 70 mila collaboratori di agenzie di sicurezza. Qualcuna di queste agenzie ha mai aiutato i palestinesi che protestavano contro il Muro dell’Apartheid eretto da Israele, nel corso delle manifestazioni che si svolgono ogni settimana nella Cisgiordania occupata? Le proteste in genere sono pacifiche, ma sfociano nella violenza quando i manifestanti vengono attaccati da soldati israeliani o da coloni illegali. Gli agenti di sicurezza palestinesi sono mai accorsi in loro difesa? Chiaramente no, perché non è questo il loro ruolo; loro devono limitarsi a controllare i Palestinesi per conto di Israele e a reprimere ogni forma di resistenza che non sia già stata soffocata dalle Forze di Difesa Israeliane (tra l’altro non si capisce perché debbano essere definite tali). Questo ha comportato le adunanze di attivisti non legati a Fatah e la repressione delle manifestazioni contro Israele durante l’ultimo attacco sionista ai danni dei civili nella Striscia di Gaza.

L’UE è “il maggior erogatore di aiuti per i Palestinesi”, e nel 2011 la cifra donata è stata pari a 453 milioni di euro. Se in apparenza questi fondi servono a “costruire le istituzioni di un futuro Stato Palestinese efficiente, democratico e indipendente che possa vivere al fianco di Israele in una condizione di pace e sicurezza”, la verità è che gran parte del denaro viene investito nella sicurezza e negli stipendi di agenti e funzionari dell’Anp. Molti sostengono che una delle ragioni per cui Mahmoud Abbas mostra una certa riluttanza ad aderire alla Corte Penale Internazionale e perseguire per vie legali i presunti criminali di guerra israeliani sia proprio il fatto che questa mossa comporterebbe una riduzione del suo  stipendio e di quello dei suoi “amici”. In altri termini, si è venduto, anteponendo i suoi interessi personali alla giustizia per il suo popolo.

La “comunità internazionale”, intanto, prosegue con la farsa della soluzione dei due stati e, attraverso il “Quartetto per il Medio Oriente”, cerca di imporre le sue condizioni ai Palestinesi per indurli a accettare ulteriori condizioni “in nome della pace”. Israele non subisce tali pressioni e continua a macchiarsi di crimini sottraendo sempre più terra ai Palestinesi e fingendo di sostenere un processo di pace ormai moribondo.

Per queste ragioni, sono preoccupato ma non sorpreso nell’apprendere che il negoziatore dell’Anp Saeb Erekat ha incontrato il Segretario di Stato statunitense John Kerry a Washington per ragionare sulla riapertura delle negoziazioni con Israele. È come se non ci fosse stato alcun massacro di civili palestinesi a Gaza; come se i bombardamenti intensi e la distruzione delle infrastrutture fossero solo un lieve incidente di percorso.

Altrettanto scioccante è il fatto che lo status quo precedente all’Operazione “Margine protettivo” sia considerato la “norma”, perché è ciò che vogliono Israele e la lobby sionista nel mondo. Israele continuerà indisturbato a costruire insediamenti sempre più ampi, con le sue campagne di arresti, con le torture (perpetrate anche dalle forze di sicurezza palestinesi), con i check-point e tutto il corredo di azioni legate alla sua brutale occupazione militare. I Palestinesi continueranno a vivere sotto assedio, ad essere brutalizzati e uccisi dai sanguinari soldati e coloni israeliani.

Nonostante questo, Mahmoud Abbas e i suoi negoziatori  saranno indotti a dare ad Israele concessioni che verosimilmente non riceveranno una contropartita, visto che gli insediamenti illegali, la sottrazione di terra e la pulizia etnica non possono essere oggetto di “negoziazione”. Questa domanda è stata già posta in precedenza, ma vale la pena riproporla finché chi partecipa a questo sordido processo non si deciderà a rispondere: da quando i criminali possono “negoziare” le forme e i modi con cui devono rispondere per i propri reati?

L’euforia tra i Palestinesi, specialmente a Gaza, per la presunta “vittoria” contro le forze di difesa israeliane è, a mio avviso, non solo prematura ma anche controproducente. Quante “vittorie” ancora dovremo festeggiare prima che il mondo capisca finalmente che la soluzione dei due stati è morta e sepolta e che i tentativi di trovare una “soluzione” giovano solo agli interessi israeliani? Che tutti noi siamo stati ingannati dalla potente macchina propagandistica israeliana, sostenuta e supportata da media e politici compiacenti in Occidente (e ora anche da vari stati arabi alla mercé del Sionismo) che ci ha portato a credere che Israele sia la vittima e che abbia diritto all’“autodifesa”? Questa tesi, in palese violazione con il diritto internazionale e con la giustizia naturale, viene accettata da Washington, Londra, Berlino e da altri stati che danno il loro sostegno incondizionato a Israele.

Solo quando i partner occidentali di Israele prenderanno posizione contro la sua natura illegittima e le sue attività illegali si potrà profilare la possibilità di una pace e di una autentica giustizia. Finché non accadrà questo, sempre che accada (e io non lo do per scontato) i Palestinesi a Gaza e in Cisgiordania saranno stretti tra l’incudine dell’oppressione israeliana e il martello dell’Autorità Palestinese. Sono entrambe facce della stessa medaglia, ma non ci sarà alcuna ricompensa per il popolo palestinese.

Traduzione di Romana Rubeo