L’Alta Corte israeliana consente ed estende l’utilizzo della tortura

IMEMC. Con una sentenza che viola direttamente il diritto internazionale e le convenzioni contro la tortura, l’Alta Corte di Israele ha disposto, lunedì scorso, che gli ufficiali dei servizi segreti israeliani erano giustificati quando hanno utilizzato la tortura contro un detenuto palestinese. Questa sentenza costituisce un precedente per l’utilizzo futuro della tortura e per l’estensione di queste tecniche usate contro i Palestinesi tenuti da Israele. 

Il caso, che riguarda il detenuto palestinese Fares Tbeish, è giunto presso l’Alta Corte israeliana dopo che i tribunali minori avevano sentenziato che la tortura era giustificata. 

Nel 2012 alcuni funzionari israeliani dei servizi segreti dello Shin Bet avevano obbligato Tbeish a mantenere posizioni stressanti, tra le quali l’inarcamento e la legatura del corpo nella cosiddetta posizione a banana. Lo avevano inoltre sottoposto a gravi violenze fisiche e mentali, comprese le percosse. 

La sentenza è stata emessa da un collegio composto da tre giudici, Yitzhak Amit, David Mintz e Yosef Elron. I tre giudici hanno deciso che non deve essere apportata alcuna modifica al sistema adottato e che i metodi e le pratiche attuali, riguardanti la tortura, sono sufficienti. 

Secondo l’organizzazione israeliana per i diritti umani B’Tselem “Durante gli interrogatori di residenti palestinesi dei Territori occupati, l’Agenzia per la Sicurezza Israeliana (ISA, conosciuta anche con l’acronimo ebraico Shin Bet o Shabak) ha utilizzato abitualmente metodi che costituivano maltrattamenti e persino torture, fin dalla fine degli anni ’90”. 

L’associazione ha affermato che “nel settembre 1999, a seguito di una serie di denunce depositate da organizzazioni per i diritti umani e da Palestinesi interrogati dall’ISA, l’Alta Corte di Giustizia israeliana (HCJ) aveva emesso una sentenza secondo la quale la legge di Israele non autorizzava gli ufficiali dell’ISA a ricorrere a mezzi fisici durante gli interrogatori. I giudici avevano affermato che i metodi specifici trattati nelle petizioni – tra cui incatenamenti dolorosi, scuotimenti, posizionamento di un sacco sulla testa di qualcuno per periodi di tempo prolungati e privazione del sonno – erano illegali”. 

“Tuttavia, avevano anche considerato il fatto che gli agenti dell’ISA che avessero ecceduto di autorità ed utilizzato ‘pressioni fisiche’ non avrebbero dovuto affrontare ‘necessariamente responsabilità penali per le loro azioni se in seguito fosse stato appurato che avevano usato questi metodi in casi di bomba ad orologeria, basandosi sulla necessità di difendersi. A seguito di questa sentenza, i casi riportati di tortura e maltrattamenti durante gli interrogatori dell’ISA diminuirono. Però gli agenti dell’ISA avevano continuato ugualmente ad usare metodi di interrogatorio che costituivano un abuso ed anche tortura, confidando sul riconoscimento da parte della corte dell’eccezione bomba ad orologeria. Questi metodi non sono stati casi eccezionali, ma sono divenuti ben presto degli standard nel sistema degli interrogatori”. 

Nel dicembre 2017, secondo quanto riportato dal quotidiano israeliano The Jerusalem Post, una sentenza del tribunale ha reso più facile la giustificazione della tortura da parte delle agenzie di intelligence – ma queste tecniche violano, ancora una volta, il diritto internazionale. 

Secondo Al Jazeera “sono state presentate oltre 1000 denunce da parte di Palestinesi, ai vari organismi di controllo, negli ultimi 18 anni, ma questa è la prima volta che un caso ha condotto ad un’indagine penale”. 

“Molti Palestinesi vengono incarcerati in base alle confessioni che o loro o altri Palestinesi hanno fatto durante gli interrogatori dello Shin Bet. I tribunali militari israeliani non analizzano quasi mai in quale modo sono state ottenute queste confessioni o se sono affidabili, affermano gli avvocati, e costituiscono il 99,7% delle condanne”. 

“Il mese scorso, rilasciando un prigioniero palestinese che si trovava in carcere a causa di una confessione falsa, un tribunale israeliano ha accusato lo Shin Bet di aver utilizzato tecniche ‘suscettibili di indurre persone innocenti ad ammettere reati che non hanno commesso'”. 

Secondo Electronic Intifada “L’impunità aumenta quando le circostanze conducono a prove evidenti che la tortura ha provocato la morte di un detenuto, come nel caso di Arafat Jaradat, padre trentatreenne di due figli che è morto dopo un interrogatorio israeliano nel carcere di Megiddo, nel 2013”. 

Lo studioso israeliano di giurisprudenza Itamar Mann ha dichiarato a Middle East Monitor che questa sentenza è “probabilmente la più permissiva di sempre in termini di accettazione degli abusi fisici come metodo legittimo di interrogatorio nei casi di sicurezza nazionale”. 

Secondo Mann, il giudizio della corte significa che “chiunque fa parte di una determinata organizzazione terroristica (come Hamas) e che è coinvolto in attività armata, può essere soggetto a ‘metodologie speciali’ [es. tortura] se non è possibile ottenere informazioni fondamentali in altro modo”.

Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi