L’anniversario della rivoluzione egiziana: un giorno per protestare o per celebrare?

Cairo – Al Masri al Youm.

“L’anniversario della rivoluzione: un giorno per protestare o per celebrare?”

Di Heba Afify.
Tra un consiglio militare al potere che ha proclamato il 25 gennaio quale festa nazionale, e attivisti che hanno soprannominato la settimana che lo precede una settimana di “lutto e rabbia”, il primo anniversario dell’inizio della rivoluzione egiziana si annuncia come un giorno di celebrazione e rabbia: celebrazione per chi è soddisfatto di ciò che la rivoluzione ha ottenuto, e rabbia di chi crede che la rivoluzione sia lungi dall’aver raggiunto gli obiettivi.

In memoria della rivoluzione che ha rovesciato il loro precedente comandante in capo lo scorso febbraio, il consiglio militare al potere ha annunciato che terrà una celebrazione militare ufficiale, in aggiunta alle tante celebrazioni popolari che si svolgeranno in tutta la nazione. La manifestazione sarà completa di una operetta composta per l’occasione e di spettacoli aerei che verranno eseguiti degli stessi jet militari che terrorizzarono i manifestanti in piazza Tahrir lo scorso febbraio sfrecciando sopra le loro teste. Questa volta lasceranno cadere dei tagliandi premio sulla folla.

Tuttavia, alcuni attivisti e politici giudicano le celebrazioni dell’esercito un tentativo di distrarre la gente dal fatto che la rivoluzione rimane incompleta.

“Non scenderemo giù per le strade per celebrare. Scenderemo per continuare la nostra rivoluzione. Non celebreremo finché il sangue dei martiri non si sarà asciugato,” dichiara Ahmed Emam, membro del Partito di Alleanza Popolare, in una conferenza stampa della scorsa settimana in cui 76 partiti e organizzazioni hanno annunciato l’intenzione di partecipare alle proteste del 25 gennaio.
La richiesta principale delle manifestazioni di protesta consiste nel rapido trasferimento del potere nelle mani dei civili e nella prosecuzione giudiziaria dei responsabili delle morti dei manifestanti i mesi scorsi.

Da quando l’esercito ha preso il potere lo scorso febbraio, la rivoluzione ha assistito a diversi contraccolpi che hanno portato gli attivisti a credere che il solo a cadere è stato Mubarak, e non anche il suo regime. Il 2011 ha assistito alla convocazione e imprigionamento di vari attivisti, al processo militare di oltre 12mila civili, e ad attacchi spietati sui manifestanti per mano sia delle Forze di Sicurezza Centrali sia dalla polizia militare.

In ciò che è stato percepito da alcuni come una concessione pre-25 gennaio, la magistratura militare ha dichiarato sabato la propria intenzione di rilasciare 1.959 persone tra quelle processate presso i tribunali militari. Tra coloro che verranno rilasciati ci sarebbe anche Maikel Nabil, un blogger che al momento sconta una pena di due anni con l’accusa di aver insultato l’esercito.

I rivoluzionari hanno organizzato delle marce durante la settimana che chiedono giustizia sociale, il rispetto dei diritti di chi è stato ucciso durante le manifestazioni, e la consegna del potere ai civili nel tentativo di mobilizzarsi per il 25 gennaio.

“Fino a questo momento ci sono nuove proposte e eventi suggeriti ogni giorno – non c’è una sola idea per la giornata intorno alla quale i partiti politici possano raggrupparsi,” afferma Hassan Abu Taleb, scienziato politico, il quale licenzia le aspettative di una nuova rivolta come “irrazionali”.

I gruppi che intendono manifestare si trovano in disaccordo sulle modalità in cui dovrebbe prendere vita un immediato trasferimento di potere. Alcuni supportano la transizione del potere nelle mani un Parlamento eletto, mentre altri chiedono elezioni presidenziali anticipate. Un terzo gruppo chiede invece che venga formato un consiglio presidenziale che stia al governo finché non si terranno le prossime elezioni presidenziali.

Il Partito della Libertà e della Giustizia dei Fratelli Musulmani (PLG) e altre forze islamiche che hanno sconfitto i gruppi laici e rivoluzionari nelle elezioni parlamentari, vedono l’anniversario della rivoluzione come un pretesto per celebrare piuttosto che per protestare.
La guida suprema dei Fratelli Musulmani Mohamed Badie ha dichiarato in un’intervista domenica scorsa che è il Parlamento eletto, non la strada, il responsabile affinché il consiglio militare renda conto delle azioni commesse l’anno scorso.

Nel quotidiano ufficiale del partito, il Deputato Segretario Generale del PLG Osama Yassin dichiara che, se da una parte è importante insistere per le richieste della rivoluzione non ancora accolte, dall’altra non si devono tuttavia negare i suoi risultati.

Yassin dichiara che la caduta di Mubarak e lo smantellamento del governo, del parlamento e delle municipalità del precedente partito al potere siano il risultato più importante ottenuto della rivoluzione. Il partito celebra inoltre la caduta del celebre apparato di sicurezza statale, e ciò che Yassin chiama la ricca e rinnovata vita politica dell’Egitto che “ha permesso alla gente di eleggere un Parlamento per libera decisione, per la prima volta.”

Il partito sostiene il calendario delle forze armate, le quali prevedono il trasferimento del potere ai civili entro luglio.

I gruppi che intendono manifestare, invece, percepiscono in maniera meno rosea il quadro del progresso della rivoluzione. Molti accusano il consiglio militare di cospirare contro la rivoluzione e di duplicare la corruzione e la brutalità del regime di Mubarak.

Attivisti e politici si lamentano del fatto che le principali richieste della rivoluzione non sono state soddisfatte e che la polizia corrotta e i media di Mubarak siano ancora vivi e intenti a sviare la rivoluzione.

Dina Samak, attivista e docente presso l’Università Americana del Cairo, ritiene che il disaccordo che circonda la commemorazione dell’anniversario della rivoluzione non sia che una manifestazione di nuove divisioni sociali.
“Non si tratta di liberali contro religiosi; si tratta di rivoluzionari contro conservatori,” dichiara Samak, la quale si aspetta che la divisione tra forze religiose e liberali che si è presentata durante le elezioni parlamentari si trasformi in una divisione tra coloro che vogliono che la rivoluzione continui e coloro che invece preferiscono la stabilità.

Molti hanno respinto l’invito dell’esercito a celebrare il 25 gennaio, considerandolo un giorno per continuare la rivoluzione.

Al-Azhar, la preminente istituzione islamica dell’Egitto, ha preso l’inaspettata decisione di stare dalla parte dei manifestanti, e ha respinto gli inviti alle celebrazioni del 25 gennaio, annunciando il suo supporto per gli sforzi per “riaccendere lo spirito della rivoluzione.” Allo stesso tempo, ha invitato i partecipanti ad approfittare della giornata per riaffermare l’unità nazionale e la natura pacifica della rivoluzione.

Imam El Bahr Darwish, capo del Sindacato dei Musicisti al quale è stato chiesto da parte del consiglio militare al potere di organizzare le celebrazioni del 25 gennaio, ha declinato l’invito, annunciando che il sindacato si rifiuta di celebrare la rivoluzione finché questa non sia completa.

Anche diversi annunci di celebrazioni militari comparsi su siti web a carattere sociale hanno suscitato risposte negative. In merito all’annuncio che l’esercito intende far cadere tagliandi premio che le persone possono raccogliere per ritirare premi, si è diffuso un commento su Twitter che recita “puoi chinarti a raccogliere i tagliandi o sollevare la testa e continuare la rivoluzione”.

Mentre Samak afferma che non è in grado di predire ciò che succederà mercoledì, in base alle sue recenti osservazioni sulla migliore organizzazione delle forze rivoluzionarie non ha escluso la possibilità che la giornata possa essere decisiva.

“Abbiamo imparato dall’anno scorso che tutto è possibile”, ha dichiarato.

Traduzione per InfoPal a cura di Marta Fadda

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