Le interviste: “Gerusalemme, al-Aqsa, la resistenza popolare e la vittoria contro le misure israeliane”

Domenica 30 luglio 2017, presso la moschea di via Saluzzo, a Torino, si è svolto il Festival di solidarietà con al-Aqsa, il complesso sacro islamico sotto attacco quotidiano israeliano e, nelle ultime due settimane, obiettivo di misure di “sicurezza” senza precedenti. Il popolo palestinese ha risposto in massa e in modo unitario contro tali misure, ottenendo la rimozione delle installazioni piazzate alle porte di Al-Aqsa.

Sulla vicenda abbiamo intervistato shaykh Nimr Abu al-Loz, responsabile della comunicazione del Movimento islamico nei Territori del 1948, e l‘arch. Mohammad Hannoun, presidente dell’Associazione dei Palestinesi in Italia – API.

InfoPal: Shaykh Abu al-Loz, ci può spiegare cosa sta succedendo a Gerusalemme?

“Il governo israeliano sta cercando di imporre la propria sovranità alla moschea al-Aqsa e a tutta l’area circostante. Per raggiungere tale obiettivo, ha adottato tre strategie: 1) indebolire la comunità palestinese a livello economico e sociale; 2) ridurre il flusso dei Palestinesi che vanno a pregare a al-Aqsa da altre aree dei Territori palestinesi del ’48; 3) vietare o rendere difficile l’accesso a al-Aqsa dalla Cisgiordania e dalla Striscia di Gaza. Israele, pertanto, ha limitato l’ingresso ai fedeli al di sotto dei 50 anni. Tutto ciò sta svuotando la Moschea, indebolendo la presenza palestinese per rafforzare quella dei coloni, che giornalmente invadono il complesso islamico.

“E’ in atto una vera propaganda israeliana, sostenuta da  parlamentari e politici, volta a dare molto rilievo alle visite dei coloni a al-Aqsa. E’ una campagna mediatica e politica, attraverso servizi giornalistici e proclami di parlamentari che annunciano la loro partecipazione a visite al sito sacro islamico. In questo modo si è creata una nuova ‘gestione’ della moschea: vietare l’ingresso ai palestinesi musulmani in determinate ore e giorni per lasciare il posto agli ebrei israeliani e alle loro pratiche religiose.

“Il governo israeliano ha fatto costruire un plastico del presunto Tempio di Salomone, collocandolo al posto di edifici simbolici musulmani dentro al complesso, previamente distrutti. Questo plastico è meta di visite da parte dei coloni. Gli ebrei hanno la convinzione, non supportata dai recenti scavi archeologici, che sotto la Spianata delle Moschee ci siano i resti del Tempio”.

InfoPal. Ci sono tracce archeologiche di tale tempio?

Abu al-Loz: “Finora, nonostante tutte le ricerche svolte, non è emersa alcuna traccia del Tempio. Anche gli archeologi israeliani affermano che non c’è nulla”.

I.: Qual è, allora, il vero motivo per cui Israele vuole impossessarsi di al-Aqsa?

Abu al-Loz: “L’obiettivo è creare una nuova visione sulla Moschea e distruggerla come simbolo e riferimento per quasi due miliardi di musulmani nel mondo. In questo modo si interromperebbe il legame con la Palestina e Gerusalemme, identificate, a livello islamico, con al-Aqsa. In poche parole, stanno cercando di eliminare il simbolo della Palestina – un simbolo identitario per i musulmani di tutto il mondo”.

I.: La vittoria palestinese contro le misure di sicurezza implementate dal 14 luglio da Israele non ha portato alla riduzione della repressione. Dunque la lotta popolare continua?

Abu al-Loz: “La pressione, oggi, è da parte di Israele, non dei Palestinesi: Israele non vuole ammettere la sconfitta delle politiche di sicurezza, quindi rimane la presenza massiccia dell’esercito di occupazione. La nostra è una vittoria popolare”.

 

I.: Quali saranno gli sviluppi della situazione a Gerusalemme e a al-Aqsa?

Abu al-Loz: “Siamo pronti a qualsiasi azione da parte di Israele: scenderemo in strada, nelle piazze, paralizzeremo il traffico, come abbiamo fatto in queste ultime settimane. Le nostre saranno reazioni pacifiche: è un movimento popolare, di cittadini”.

I.: Come interpreta la scarsa reazione dei Paesi arabi e islamici alla questione di Al-Aqsa?

Abu al-Loz: “Questa esperienza ci ha insegnato che è il popolo che decide. Non ci aspettiamo l’appoggio dei Paesi arabi e islamici”.

InfoPal: Arch. Hannoun, lei come giudica la vittoria palestinese sulle politiche di sicurezza israeliane a Gerusalemme?

M.H.: “Ciò che è successo è una lezione importante per noi Palestinesi: uniti possiamo ottenere i nostri diritti. Israele ha esagerato e non può far finta di niente. Per noi musulmani, la Moschea Al-Aqsa rappresenta il cuore, l’orgoglio, la sacralità, il simbolo della nostra Causa. In sua difesa sono accorsi tutti i Palestinesi: praticanti e laici, cristiani… Questa risposta di massa ha costretto Netanyahu a fare passi indietro. La risposta israeliana all’attacco del 14 luglio era in programmazione da tempo. Era un progetto già pronto, altrimenti non si spiega l’ingente e immediato stanziamento di fondi per la sicurezza, i metal detector da installare subito, e così via. Aspettavano solo il momento opportuno per renderlo esecutivo. Dunque, il colpo inferto al progetto israeliano da parte della resistenza popolare pacifica palestinese è stato ancora più forte: ha sbaragliato un piano ben congegnato. E’ stata una vittoria della forza del popolo unito che ha ottenuto il ripristino di diritti violati da anni”.

I.: Di questa vittoria, però, si sono presi i meriti in tanti, in primis il presidente dell’ANP Abu Mazen, la Giordania e l’Arabia Saudita. Che ne pensa?

M.H.: “Gli unici che hanno davvero contribuito all’esito positivo della vicenda sono state le donne, i bambini, i giovani, gli anziani palestinesi. Insomma, il popolo. E la risposta pronta dei Palestinesi in Europa, che hanno organizzato manifestazioni e hanno svolto un lavoro di sensibilizzazione di politici e parlamentari europei affinché facessero pressione su Israele.

“Giordania, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita rappresentano il Quartetto Arabo che ha venduto e tradito la Causa Palestinese. Dei banditi che hanno definito la resistenza palestinese ‘terrorista’. Questi non possono rivendicare alcuna vittoria”.