L’ebraicizzazione di Al-Quds-Gerusalemme. Come funziona

Palestinechronicle.com. Di Rima NajjarL’ebraicizzazione di Gerusalemme procedeva di nascosto, almeno nei media mainstream, ma ora è allo scoperto con il riconoscimento ufficiale della sovranità israeliana a Gerusalemme dagli Stati Uniti.

Israele attua la sua ebraizzazione di Gerusalemme minando direttamente la sacralità dei luoghi sacri sia musulmani (l’Haram al-Sharif) che cristiani (la Via Dolorosa) di al-Quds, continuando a esercitare un controllo irreversibile ed esclusivo sulla città santa come se fosse una città israel-ebraica.

Israele implementa strategie che assicurano il suo dominio fisico della città. Dal momento che ha annesso illegalmente Gerusalemme Est dopo la guerra del 1967, Israele ha ideato numerose politiche per creare l’integrità geografica e la superiorità demografica in favore di una Gerusalemme ebraica.

Ma questa strategia non iniziò nel 1967. Sulla scia della guerra del 1948, il nuovo governo israeliano respinse rapidamente tutte le richieste di internazionalizzazione della città e dichiarò che “l’aggressione araba” invalidava l’obbligo di Israele di attuare il piano di spartizione, e in particolare il Corpus separatum di Gerusalemme approvato dall’ONU – la Risoluzione 181 raccomandava la creazione di stati palestinesi ed ebrei indipendenti e un regime internazionale speciale per la città di Gerusalemme.

Oggi la macchina dell’hasbara israeliana dichiara falsamente che il “terrorismo” palestinese ha invalidato l’obbligo di Israele di attuare i negoziati sullo status definitivo per uno stato palestinese indipendente nel processo di Oslo, quando, in effetti, si è impegnata a non lasciare nulla per i negoziatori.

Ironia della sorte, il 2 febbraio 1949, Ben Gurion espresse a gran voce la volontà di istituire un corpus separatum sulla città vecchia, principalmente per delegittimare le mire della Giordania sulla città vecchia, rimuovendo i vantaggi territoriali di Israele dall’equazione.

Oggi, e la cosa non sorprende, sentiamo che il controllo esclusivo di Israele sulla Città Vecchia fa parte dell’Accordo “Nuova Palestina”. Allo stesso tempo, il 1 giugno 2019, il monitor euromediterraneo sui diritti umani (Euro-Med) ha pubblicato un rapporto che documentava 130 violazioni da parte di Israele contro i palestinesi nella Gerusalemme est occupata nel mese di aprile.

Fu il governo laburista di Levi Eshkol a stabilire i precedenti per la completa sovranità israeliana su una Gerusalemme “unita” nel 1967, con una raffica di manovre legislative israeliane che riecheggiavano la frenesia del 1949, consegnando immediatamente a Gerusalemme uno status diverso da quello del resto dei territori occupati.

La colonizzazione ebraica si sforzò di enfatizzare la sicurezza nella Valle del Giordano e nella “Grande Gerusalemme”, nonché sulle alture lungo la parte occidentale della West Bank. In altre parole, si sforzò di preservare la maggioranza demografica ebraica conseguita in seguito alla pulizia etnica dei palestinesi nel 1948 nelle terre palestinesi già afferrate.

L’ossessione del Likud, un’ossessione che oggi ha il sopravvento politico, stava e sta creando una maggioranza demografica ebraica nei territori palestinesi occupati allo scopo di acquisire più territorio palestinese per lo stato ebraico.

Le strategie di Israele che Gerusalemme ha implementato a livello comunale (con il pieno appoggio del governo israeliano) sono state le più devastanti per i gerosolimitani palestinesi. L’architetto del masterplan israeliano per Gerusalemme, come molti sanno, era l’ex sindaco Teddy Kollek, che perseguì piani per tagliare “la Grande Gerusalemme” dal resto della West Bank facilitando la sua annessione con l’obiettivo dichiarato di assicurare la superiorità demografica ebraica così come l’integrità geografica.

Ecco alcune delle sue parole del 1984 relative a quella che considerava la fondazione iniziale dell’ormai vasta colonia ebraica di Ma’aleh Adumim che circondava la città:

“Penso sia un errore fondarla prima di aver riempito Gerusalemme. Nei prossimi cinque anni avremo riempito Gerusalemme e ci andremo (Ma’aleh Adumim). A Gerusalemme ci siamo presi in carico, in quanto ebrei, un compito urbanistico molto difficile: il collegamento di tutti i quartieri lontani…”

Nota: Gerusalemme non era vuota e non aveva bisogno di essere “riempita”.

La colonizzazione ebraica di Gerusalemme è in diretto contrasto con la risoluzione 465 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 1 marzo 1980, concernente l’applicazione della quarta convenzione di Ginevra e il divieto di stabilire insediamenti nei territori, tra cui Gerusalemme.

Israele ha spinto una maggioranza ebraica in tutte le zone di Gerusalemme, soffocando brutalmente, nel processo, i diritti e le aspirazioni legittime dei gerosolimitani palestinesi, che, tuttavia, si aggrappano ai loro diritti e alla loro identità nella città santa come musulmani, cristiani e palestinesi.

Dal 1967, i successivi governi israeliani hanno sradicato sistematicamente tutte le altre visioni della città santa di Gerusalemme, fatta eccezione per la visione di Gerusalemme come “la capitale eterna e indivisa dello Stato ebraico”.

Senza dubbio, Israele ha sempre considerato lo status finale di Gerusalemme come già stabilito. Con il “Deal of the Century” di Trump, Israele crede che finalmente si assicurerà una legittimità indiscutibile per il suo dominio esclusivo sulla città santa.

Spetta alla comunità internazionale fermarlo. Nel suo rapporto sopra menzionato, il monitoraggio euromediterraneo dei diritti umani (Euro-Med) “ha esortato le Nazioni Unite, i loro organismi interessati e l’Unione europea a monitorare da vicino la situazione a Gerusalemme e a condannare le dure azioni a cui i palestinesi sono sottomessi, e ad assumersi le proprie responsabilità nei confronti dei palestinesi sotto occupazione”.

Rima Najjar è una palestinese il cui lato paterno della famiglia proviene dal villaggio evacuato forzatamente di Lifta, alla periferia occidentale di Gerusalemme. È un’attivista, ricercatrice e professoressa in pensione di letteratura inglese presso la Al-Quds University, Cisgiordania occupata.Lei ha scritto questo articolo per The Palestine Chronicle.

Traduzione per InfoPal di Stefano Di Felice