L’esercito più morale del mondo

18 Marzo 2009

Testo di Malian/PCHR

Uno dei più importanti fattori per riprendersi dal trauma è poter trovare rifugio nel conforto della propria casa. Il diritto alla salvezza ed alla sicurezza. Per molte persone a Gaza, questo diritto è stato ripetutamente violato, a causa della distruzione delle proprietà personali, spesso vandalicamente, da parte delle forze militari israeliane.

Otre alle 1.000 case che sono state parzialmente o completamente distrutte dai bulldozer, dalle bombe dei carri armati e dalle bombe lanciate ai jet F-16, altre sono state sfregiate dai graffiti lasciati dai soldati israeliani e dal conseguente vandalismo.

Nella casa di Mos’ab Dardona a Jabal Al Rayes, nel nord di Gaza, i soldati israeliani che si erano piazzati nelle case civili dell’area, hanno lasciato dietro di loro complicati disegni sui muri, alcuni descriventi soldati che urinano su moschee distrutte o che distruggono villaggi palestinesi. Nella casa vicina, appartenente ad Ibrahim Dardona, i soldati hanno lasciato dozzine di borse di escrementi nelle camere da letto, nonostante ci fosse un bagno funzionante, ed hanno lasciato rozzi schizzi sessuali sui muri.

“Le scritte lasciate dai soldati israeliani nelle case di Gaza dimostrano la cultura di odio e razzismo verso i palestinesi e gli arabi esistente in parti della società israeliana”, dice Hamdi Shaqquar, direttore dello sviluppo democratico del PCHR. Il PCHR sta raccogliendo  i dati relativi alle volontarie ed arbitrarie uccisioni dei civili palestinesi a Gaza, ma questi graffiti turbano perfino di più”

E’ difficile calcolare quante migliaia di persone  non sono state in grado di tornare in ciò che rimane delle loro case dopo l’offensiva israeliana. Le tendopoli piantate in tutta fretta non sono adatte in questo periodo dell’anno, e sono state in gran parte abbandonate dalle persone che si sono recate da membri delle loro famiglie allargate.

Altri sono stati obbligati a tornare alle loro case parzialmente distrutte, le hanno ripulite dai detriti ed alcuni volte dai segni della morte dei loro amati, ed hanno cercato di ritornare alla loro vita. Le famiglie dei Dardona sono tornate alle loro case e sono lacerati tra il non voler distruggere l’evidenza del comportamento dei soldati israeliani e le riluttanza di sopportare i ricordi constanti degli orrori che hanno avuto luogo qui. Ci sono casi simili in varie parti della Striscia di Gaza.


Nella grande area agricola di Johr-al-Dik, le forze israeliane hanno stabilito le loro basi militari in alcune case nei primi giorni dell’offensiva di terra. Si vedono le tracce lasciate nei campi dai carri armati; sono stati distrutti centinaia di ulivi e di alberi di limoni. Metà di una popolazione di 2.500 persone è fuggita.

All’alba del 4 gennaio 2009, il primo giorno dell’offensiva di terra israeliana, una bomba è caduta vicino alla casa di Saleh Abu Hajaj a Johur-ad-Dik. Attraverso intercettazioni radio  i militari israeliani hanno ordinato ai residenti locali di evacuare le loro case. Majeda Abu Hajaj, la figlia 36enne di Saleh ha legato una sciarpa bianca ad un bastone ed ha guidato un gruppo di civili fuori dalla casa dei suoi vicini.

Mentre cercavano di scappare, carri armati hanno aperto il fuoco sul gruppo e Majeda è stata uccisa da un colpo alla schiena. Poco dopo sua madre Raya, di 64 anni, è stata colpita ed uccisa a pochi metri dalla figlia. I corpi di Majeda e  di Raya sono stati recuperati solo 16 dopo, alla dichiarazione del cessate il fuoco unilaterale da parte di Israele. Questi attacchi costituiscono omicidi volontari e costituiscono gravi infrazioni alla Convenzione di Ginevra e sono crimini di guerra.

I soldati israeliani hanno trasformato la casa di Abu Hajaj in sito militare dopo gli omicidi ed hanno lasciato graffiti in tutte le stanze. Sopra il letto di Majhed ci sono le parole “La morte vi troverà subito” scarabocchiate con una penna rossa. In altre parti delle casa si trovano le parole “Ti sei mai chiesto com’è l’inferno?Beh… guardati intorno…! Ha ha ha”.

Nel distretto di Zeitoun, dove durante un attacco aereo sono stati uccisi 27 membri della famiglia  Samouni che si erano rifugiati un edificio nel quale erano stati messi dallo stesso esercito israeliano, ci sono messaggi ancora più gelanti sui muri. Nella casa di Talal Al Samouni i soldati israeliani hanno scritto le parole “Morite tutti”, “Fate la guerra e non la pace” “Gli arabi devono morire” e su una lapide hanno scolpito le parole “Arabi 1948-2009” in riferimento alle date tra la creazione dello stato di Israele e la sua ultima offensiva militare.

Sulla tromba delle scale della casa di Rashad Helmi Al Samouni, alcune porte più in là, sono state scritte con il gesso le seguenti frasi:

“Verrà il giorno in cui uccideremo tutti gli arabi”

“Ciò che è male per gli arabi è bene per me”

“Un buon arabo è un arabo nella fossa”

“Pace adesso, ma tra ebrei ed ebrei, no tra ebrei ed arabi”

La maggior parte dei graffiti sono terrificanti, ma ci sono anche espressioni più umane scritte da soldati israeliani stanchi come: “Per quanto tempo rimarremo ancora qui…?” “Fino a quando? “Vogliamo andare a casa” e “Non ho un altro paese”.

Ci sono state molte serie accuse sulla condotta dei soldati israeliani che hanno operato nella Striscia di Gaza. Il Centro Palestinese per i Diritti Umani (PCHR) sta ancora investigano su questi casi e li porterà alla luce a tempo debito. Ma qualsiasi sia il risultato di tali indagini, ciò darà poco conforto alle migliaia di civili che dovrebbero trovare un senso di sicurezza nel privato delle loro case che sono state violate in modo così brutale.

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