L'infanzia palestinese sotto l'occupazione israeliana

Da Qudspress.
Walid Awath

Ramallah. I minori palestinesi subiscono in modo continuativo i tipi più diversi di punizioni e di violenza fisica da parte dell’esercito occupante israeliano: vengono arrestati all’improvviso da soldati armati che irrompono dentro le loro case, vengono inseguiti come una prede innocenti.

I militari non esitano a punire i bambini palestinesi. Ci sono racconti e storie di centinaia di essi, sulle loro spaventose sofferenze subite dietro le sbarre dei carceri israeliani. Uno di questi è Kassam Abu Baker, a cui hanno amputato un intero dito.

Kassam è stato arrestato il 2 marzo, nel villaggio di Yabed, nel nord del West Bank, da parte delle forze occupanti durante l’inseguimento di un gruppo di ragazzini  che tiravano pietre.

La famiglia Abu Baker ha confermato che un ispettore del carcere ha amputato il dito del loro figlio durante l’interrogatorio nella caserma di Salem, nei pressi di Jenin. Il padre ha raccontato che l’esercito ha aspettato quattro giorni prima di comunicargli l’arresto del ragazzo e l’interrogatorio nelle due caserme di Salem e Ohfar, e nel carcere di Affuleh. L’uomo ha aggiunto che un militare ha chiuso appositamente una porta contro la mano di suo figlio, e il dito si è spezzato.

Il ragazzino ha poi raccontato che quando hanno cominciato a interrogarlo, in un’apposita camera, uno dei militari ha cominciato a urlargli contro e all’improvviso gli ha preso la mano, l’ha messa tra la porta e il muro e gli ha amputato il dito.

Forse questa non è la storia peggiore, se pensiamo a quella di un altro padre della Striscia di Gaza che ha dovuto raccogliere i pezzi del corpo di due figli dai rami degli alberi.

Si racconta che il pomeriggio di lunedì 6 marzo, il padre di due bambini, Nidal, 14 anni, e Alam Su’od, 12, che stavano a 200 metri da casa, era seduto con suo amico a parlare. A un certo punto, ha provato una strana sensazione, come una fitta di dolore proprio un attimo prima di udire una grande esplosione che colpiva la zona della valle di Gaza, a nord est del campo Breage. Il cuore ha cominciato a battere dalla paura, perché l’esplosione arrivava dal posto dove si trovavano i suoi figli. Con l’amico corre verso quella direzione, e giungendovi, vede la gente del quartiere che raccoglie i pezzi dei corpi di due bambini morti a seguito della bomba sganciata dall’esercito israeliano occupante. Partecipa alla raccapricciante raccolta anche lui, finché scopre che si tratta dei resti dei suoi figli. Vede la testa di suo figlio Alam, staccata dal corpo. Si sente male e sviene.

Questo povero padre, sconvolto dal dolore ha raccontato: "Ho visto la testa del mio figlio Alam, spezzata e i mozziconi del suo corpo sparsi sugli alberi della valle, le sue viscere e quelle di suo fratello, disperse tra l’erba. Mi sono sentito collassare, sono svenuto. Ora, mi sveglio trovandomi a casa a implorare la compassione per loro. Sono andato all’ospedale di Deir al-Balah per vedere i miei  bambini e dare loro l’ultimo addio".

I due fratelli, Nidal e Alam, sono nati in una modesta casa nel campo Breage, nella zona centrale della Striscia di Gaza, da una famiglia palestinese disagiata immigrata dal villaggio di Bir As-Salah nel 1948. Nidal e Alam erano parte di una famiglia di otto persone.

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