“L’innocenza dei Musulmani, le politiche imperiali e lo scontro di civiltà”

Di Mahdi Darius Nazemroaya.

La tempistica dell’uscita su youtube del trailer de L’Innocenza dei Musulmani, un film di piccola produzione che insulta il profeta Muhammad, non è solo una coincidenza.

La data dell’11 settembre è stata scelta appositamente per l’associazione simbolica con i musulmani che viene fatta in maniera sbagliata e assurda da coloro che percepiscono gli attacchi come un crimine collettivo di tutti i praticanti islamici. Lo scopo di questo film offensivo è di incoraggiare l’odio e la divisione incrementando il divario tra i cosiddetti mondi occidentale e musulmano.

L’uscita del film oltre ad aspirare alla divisione del mondo è anche legata alla propaganda anti-Iran e al conflitto interno alla politica estera statunitense. Israele ha un ruolo fondamentale nella divisione interna tra le élite statunitensi e l’antagonismo contro Teheran. L’analisi del ruolo israeliano non dovrebbe essere svolta solo su una base nazionale che vede Israele e USA separatamente, ma anche dal punto di vista internazionale dove riconoscere l’esistenza di alleanze createsi tra gruppi diversi di élite nazionali che vanno oltre i confini dei singoli stati.

Un discorso coloniale: la Guerra del cosiddetto «Uomo civilizzato» contro i «Selvaggi»Non è certo per caso che una massiccia campagna pubblicitaria islamofoba, legata ai sostenitori dell’occupazione del suolo palestinese e della guerra USA-Israele contro l’Iran, sia stata intrapresa e intensificata in concomitanza con l’uscita del video su youtube. Si tratta di un costante assedio dell’immagine dei musulmani. In breve queste campagne mirano a rimodellare il Medio Oriente.

Negli USA è possibile leggere quanto segue su avvisi presenti sugli autobus, nelle metropolitane e su cartelloni per strada: «IN UNA GUERRA TRA L’UOMO CIVILIZZATO E IL SELVAGGIO SOSTENETE L’UOMO CIVILIZZATO. SOSTENETE ISRAELE. SCONFIGGETE LA JIHAD». Lo slogan riprende un discorso dell’epoca coloniale sull’«uomo civilizzato» che addomestica il «selvaggio» nativo in luoghi selvatici sperduti in Africa e in Polinesia. Propone delle giustificazioni coloniali appartenenti ad un’epoca passata per disumanizzare gruppi specifici al fine di legittimare l’oppressione, l’emarginazione e l’omicidio da parte di potenze coloniali dell’Europa Occidentale. In questo caso i musulmani sono «i selvaggi» mentre l’«uomo civilizzato» è Israele. Il significato del messaggio «sconfiggete la Jihad» è «sconfiggete i musulmani» e «tutti gli arabi che si oppongono a Israele, e  anche l’Iran».

Gli slogan anti-musulmani negli USA sono pagati da quella che Pamela Geller ha chiamato American Freedom Defense Initiative (AFDI) «a favore di Israele». L’AFDI sostiene che i messaggi non sono islamofobi, ma che si tratta piuttosto di «Islamorealismo». La Geller è conosciuta per aver affermato che l’Islam ha ispirato Adolph Hitler e il nazismo in Germania e anche per la sua campagna contro la costruzione di una moschea a New York dove sorgeva il World Trade Center.

Ma i messaggi dell’AFDI non sono solo intolleranti e ottusi, dipingono in modo errato l’antagonismo tra Israele e il mondo arabo e gli iraniani come fosse una questione o una lotta religiosa tra Israele e i musulmani. Non ha nemmeno senso che solo arabi e iraniani vengano dipinti in termini religioni e gli israeliani no. Anche se la religione ha sicuramente un ruolo rilevante nelle tensioni, l’antagonismo tra Israele e il resto del Medio Oriente ha radici nazionali e non religiose. Per via della sua occupazione e delle sue guerre, Israele è ugualmente in disaccordo con cristiani, musulmani, drusi, agnostici, palestinesi, libanesi, siriani e atei. Le tensioni con l’Iran si basano sul sostegno iraniano ai gruppi che contrastano l’occupazione israeliana e sul programma di energia nucleare iraniano. Quindi si tratta di tensioni di tipo non religioso. I discorsi sul «sostegno a Israele contro la Jihad» in realtà mascherano una propaganda che vuole sostenere «Israele contro gli arabi e gli iraniani». Cosa che alla fine significa sostenere la guerra e lo «scontro di civiltà».

Le tensioni scatenate dalle proteste musulmane erano già presenti da prima a causa delle politiche statunitensi in Medio Oriente che hanno fornito sostegno e armi alle dittature e aiuti costanti alle guerre di Israele. Oltre al tempismo sospetto riguardo alle proteste iniziali ci sono anche le organizzazioni coinvolte, la rapidità della diffusione del video su youtube e la mobilitazione istantanea delle proteste. Le rappresentazioni dispregiative del profeta Muhammad non sono certo eventi rari o novità. Addirittura cose ben peggiori su Muhammad sono passate inosservate. Questo non è un fenomeno causato da internet e dai social medias. Le proteste musulmane per la maggior parte sono state scatenate inizialmente dagli affiliati stessi della famiglia Al-Saud a Washington. La Casa di Saud finanzia e sostiene i cosiddetti gruppi salafiti in Egitto, Libia e Siria; molte delle azioni di questi gruppi, tra cui le manifestazioni che organizzano, sono legate nei loro rispettivi paesi a Riyadh in un modo o nell’altro.

Netanyahu e le Acque della Fontana dell’Odio. Il discorso del primo ministro Benjamin Netanyahu alle Nazioni Unite, nel 2012, è perfettamente in linea con questi eventi. Durante il suo discorso, Netanyahu aveva descritto le proteste in Medio Oriente come parte della battaglia tra «modernità» e «medievalismo» e si era riferito direttamente all’assalto alla missione diplomatica USA a Bengasi per sostenere quest’argomentazione. In realtà il vero medievalismo sta proprio negli appelli vagamente velati al conflitto che Netanyahu ha promosso nel suo discorso. Le sue richieste rappresentano una regressione agli scontri e alle crociate medievali in Europa, sulla spinta dell’identità e della fede, che hanno portato alla persecuzione di visioni cristiane non convenzionali, alla repressione delle comunità ebraiche europee e all’avvio delle crociate contro i cristiani orientali e i musulmani.

Il leader israeliano, nel suo discorso alle Nazioni Unite, ha chiesto poi un confronto con il nemico numero uno, l’Iran, parlandone in termini apocalittici. In modo molto deciso ha paragonato l’Iran a un’«Al-Qaeda con armi nucleari». Durante il discorso Netanyahu ha messo in guardia in merito all’avvicinamento dell’Iran al punto in cui Teheran sarà in grado di assemblare una bomba nucleare attraverso il programma civile di arricchimento nucleare. Tuttavia il leader israeliano ha omesso di specificare che non sono stati registrati ammanchi di uranio arricchito in Iran, tutto l’uranio arricchito del paese è registrato presso l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) e se viene usato è per spedirlo in Russia.

Il discorso del primo ministro Netanyahu, le campagne anti-musulmani e il video su youtube che hanno scatenato proteste musulmane in tutto il mondo provengono dalla stessa fonte, che brama uno «scontro di civiltà». Nello stesso momento il Congresso USA, con il sostegno dell’American Israel Public Affairs Committee (AIPAC) ha anche portato avanti una legislazione che spinge gli USA ancor più vicino allo scontro con l’Iran e i suoi alleati. Inoltre il governo federale canadese a Ottawa ha fatto chiudere l’Ambasciata iraniana in Canada in previsione di quello che alcuni ritengono un imminente scontro con il paese. La rottura dei rapporti diplomatici fra Canada e Iran è valsa al primo ministro canadese, Steven Harper, il premio di “Uomo di Stato” dell’anno da parte della Appeal of Conscience Foundation del Rabbino Arthur Schneier, fervo sostenitore degli interessi israeliani.

Gli attacchi alla missione diplomatica USA a Bengasi sono stati strumentalizzati per dipingere i musulmani come «selvaggi» da tutti coloro che promuovono lo «scontro di civiltà». Il governo USA e i suoi servizi di intelligence ammettono di aver saputo che il consolato a Bengasi e l’ambasciatore Christopher Stevens si trovavano in pericolo, ma non hanno fatto nulla per aumentare i livelli di sicurezza. Gli Stati Uniti hanno utilizzato l’attacco e le proteste contro il video su youtube come scusa per dispiegare unità militari in Libia e nello Yemen. Le voci secondo cui l’ambasciatore Stevens è stato torturato per le strade di Bengasi da militanti musulmani sono destinate a fomentare le tensioni. I gruppi dietro queste voci sostengono il militarismo statunitense, in particolare contro i cosiddetti «selvaggi» musulmani e si basano sulle immagini dell’ambasciatore Stevens che veniva trascinato fuori dal consolato USA in fiamme.

Realisti contro Neocon: Una politica estera USA conflittuale? Tutti questi elementi messi insieme incoraggiano una battaglia dietro le quinte tra i membri dell’establishment USA sulla direzione della politica estera del paese. L’establishment politico israeliano rientra in questa battaglia interna degli USA. Le tensioni tra Obama e Netanyahu sono indice delle politiche imperiali di un sistema-impero statunitense. Nonostante le province di un impero abbiano politiche separate al di fuori di quelle della capitale imperiale, mantengono comunque un ruolo chiave nel formare le politiche della capitale attraverso le proprie azioni, interferenze, sostegno e pressioni. Ecco perché Netanyahu si è intromesso nelle elezioni presidenziali USA come alleato del candidato marionetta neocon Mitt Romney.

Le recenti notizie riferiscono che sono aumentate le tensioni tra Netanyahu e l’amministrazione Obama a seguito dell’attacco sull’Iran. Queste tensioni sono sintomo di un conflitto nella politica estera a Washington DC. Dall’altro lato gli oppositori politici di Netanyahu in Israele, come Shaul Mofaz e il partito Kadima, si sono schierati con Obama contro Netanyahu e i suoi alleati neocon. Durante gli ultimi mesi una buona parte dell’establishment politico e militare israeliano, a partire dal presidente Shimon Peres fino ad arrivare alle forze di intelligence e militari, hanno lanciato avvertimenti contro la guerra che Netanyahu ed Ehud Barack sono in procinto di scatenare contro l’Iran. Appare quindi chiaro che il problema non riguarda Israele contro gli USA, ma un gruppo di leader israeliani e statunitensi alleati contro un altro gruppo di leader alleati tra due paesi. Tutto questo in un sistema di politiche imperiali dove Israele, forse la provincia principale dell’impero USA, ha un ruolo chiave.

Ad alimentare questo conflitto nella politica estera negli Stati Uniti è una serie di fallimenti e frustrazioni. Gli USA e i suoi alleati non sono riusciti a cacciare il governo in Siria. Washington non è riuscita a intimidire Mosca, Pechino, Teheran e i loro alleati.

L’establishment USA soffre di un conflitto interno su come gestire gli iraniani. Cosa fondamentale per gli USA per poter continuare a penetrare in Eurasia e in ultima analisi circondare i cinesi. Alcuni vedono il risultato dell’antagonismo tra Teheran e Washington come un gioco a somma zero, in cui gli Stati Uniti hanno quasi finito il tempo. Se Washington non troverà a breve un modo per gestire l’Iran non potrà certo farlo in futuro, quando gli USA si indeboliranno.

Gli Stati Uniti sono una superpotenza in declino, più debole ogni giorno che passa. Anche se l’America è sempre più militarizzata, tra qualche anno la sua forza militare non sarà in grado di sfidare insieme Cina e Russia. E russi e cinesi alla fine arriveranno al livello militare USA spendendo molto meno. I vassalli americani cominceranno pian piano a voltare loro le spalle non appena capiranno che l’impero USA è giunto alla sua fine. Il sole sta veramente tramontando sui giorni da superpotenza mondiale per l’America.

Questo ha portato al conflitto tra neocon e realisti sulla gestione dell’Iran e del cosiddetto Mondo Musulmano. I neocon e i loro alleati Likud sono per lo scontro come mezzo per raggiungere gli obiettivi della loro politica estera imperiale. Sebbene anche Obama e i realisti avallino l’uso della guerra per raggiungere lo stesso scopo e abbiano gli stessi obiettivi dei neocon, il loro metodo è diverso. I realisti preferiscono usare la guerra con moderazione e vogliono costringere l’Iran, mentre i neocon vogliono lo scontro. Detto in parole povere, Obama e i realisti vogliono forzare e manipolare i musulmani, come il realista Brzezinski aveva fatto in Afghanistan contro i sovietici e Obama ha fatto in Libia contro Gheddafi. Mitt Romney, Netanyahu e i neocon vogliono uno «scontro di civiltà». I costi di uno scontro, tuttavia, sono molto più elevati e pericolosi e i realisti di Washington ne sono consapevoli. Per questo preferiscono forzare l’Iran a sottomettersi invece di promuovere uno scontro diretto.

Sfruttare l’Animosità. Neanche la politica resta slegata dalle proteste musulmane. Anche se inizialmente piccoli gruppi avevano cominciato le proteste originali contro L’Innocenza dei Musulmani, queste proteste si sono ingrossate e hanno coinvolto sempre più la popolazione. I movimenti di Hezbollah e Amal hanno guidato le proteste in Libano. I Fratelli Musulmani hanno fatto lo stesso in Egitto. In Iraq e in Turchia il film è stato condannato e in Russia è stato censurato. In Pakistan intanto sono stati presi di mira tutti i simboli degli USA.

Il governo iraniano sta facendo svariate dichiarazioni contro il film e sta sfruttando l’avvenimento per guadagnare punti in politica contro gli Stati Uniti. Teheran sta approfittando del risentimento e della rabbia contro il film per creare un contrappeso all’animosità che gli USA e i suoi alleati hanno incoraggiato contro gli Sciiti e i Sunniti con lo scopo di destabilizzare l’Iran e i suoi alleati in Iraq, Siria e Libano.

L’Iran sta prendendo le misure per creare un’«Unità Musulmana» contro un nemico comune a spese di Washington. Parte della strategia difensiva degli iraniani è aumentare la taglia sulla vita di Salmon Rushdie, autore di un libro che ha diffamato il profeta Muhammad, in modo da aggravare le tensioni tra musulmani e Stati Uniti.  Le proteste musulmane vengono strumentalizzate per influenzare le politiche presidenziali americane. I repubblicani e i neocon stanno cercando di sfruttare le proteste per giustificare il militarismo e l’animosità contro il mondo musulmano e per allontanare l’amministrazione Obama. Dicono che Obama sia troppo tenero e conciliante con i nemici degli americani. Questi conflitti probabilmente si stanno manifestando anche nell’intelligence e nel sistema militare degli USA.   Sostanzialmente queste azioni provocheranno ulteriori divari nel mondo. Per quanto concerne i musulmani, sulla base degli scritti della sua esistenza il profeta Muhammad direbbe a coloro che si definiscono suoi seguaci di ignorare e perdonare chi si trova dietro a questo stupido film. Secondo i racconti della sua vita, Muhammad ha visto e perdonato cose ben peggiori di questa. Inoltre potrebbero essere messe in dubbio le priorità di molti musulmani dal momento che stanno protestando contro un film stupido che Muhammad direbbe loro di ignorare, ma non protestano contro l’occupazione o l’uccisione di civili innocenti da parte dei droni USA nello Yemen, in Afghanistan, Somalia o Pakistan. Le rimostranze hanno anche regalato al film, senza volerlo, pubblicità e attenzione senza prezzo.

La Russia conosce questo gioco, soprattutto nell’ambito della sua esperienza nel Caucaso, ed è molto prudente. La Federazione Russa può perdere molto in uno «scontro di civiltà», che creerebbe tensioni religione ed etniche in Russia e nell’area post sovietica. La «preghiera punk» di protesta di Nadezhda Tolokonnikova, Maria Aloykhina e Yekaterina Samutsevich nella Cattedrale di Cristo il Salvatore deve essere tenuta in considerazione perché rappresenta un attacco ai valori tradizionali della Russia, presi di mira in uno «scontro di civlità». Sono già stati fatti tentativi per creare tensioni tra i musulmani russi e i funzionari del paese hanno preso le misure necessarie per evitare di essere trascinati nella spirale del film proibendone la proiezione in Russia.

Davanti al declino USA la domanda importante da porsi è se gli Stati Uniti usciranno di scena in silenzio o con violenza e con una guerra relativa a uno «scontro di civiltà». Se le élite statunitensi scelgono la seconda, il declino degli Stati Uniti sarà simile a una nave che affonda nell’oceano trascinando con sé tutto ciò che ha vicino… Avrà effetti devastanti anche sugli alleati americani, sui rivali e sugli avversari. Per questo è essenziale per chi negli USA lavora per costruire la pace far sì che gli aspetti militari della politica estera statunitense vengano neutralizzati. In egual misura tutti coloro che si impegnano per la pace in tutto il mondo devono abbattere i miti che sostengono un paradigma del mondo fondato sullo «scontro di civiltà».

Mahdi Darius Nazemroaya Strategic Culture Foundation, 2 ottobre 2012.


Mahdi Darius Nazemroaya, autore pluripremiato e analista geopolitico, ha scritto “The Globalization of NATO” (edito da Clarity Press) e sta preparando il prossimo libro “The War on Libya and the Re-Colonization of Africa”. Ha inoltre contribuito a svariati altri testi, da critiche culturali a relazioni internazionali. Sociologo e professore di Ricerca presso il Centro di Ricerca sulla Globalizzazione (CRG) e collabora con la Strategic Culture Foundation (SCF) a Mosca, membro del Comitato Scientifico di Geopolitica, Italia. Si è anche occupato di questioni relative al Medio Oriente e alle relazioni internazionali per diversi canali televisivi tra cui Al Jazeera, teleSUR e Russia Today. I suoi scritti sono stati tradotti in più di venti lingue. Nel 2011 ha ricevuto il Primo Premio Nazionale del Mexican Press Club per la sua opera nel giornalismo investigativo internazionale.

Traduzione per InfoPal a cura di Viola Migliori