L’intervista. Il grido della Palestina violata da Gaza a Gerusalemme e il silenzio del mondo

Latuff_ethnic-cleansing600A quasi tre mesi dalla feroce operazione militare israeliana contro la Striscia di Gaza, la situazione umanitaria nella Striscia permane drammatica: la gente è costretta a vivere nelle tende, o in ciò che resta delle abitazioni distrutte. Non entrano né aiuti umanitari né materiali per la ricostruzione. Israele e l’Egitto mantengono un assedio totale, nonostante l’accordo di tregua siglato ad agosto abbia previsto la riapertura dei passaggi con la Striscia.

InfoPal ha intervistato il presidente dell’Associazione dei Palestinesi in Italia, Mohammad Hannoun.

A cura di Angela Lano.

I. Qual è la situazione nella Striscia di Gaza?

Hannoun e ambasciatore venezuela

M.H. Israele non ha mai rispettato gli accordi con nessuna parte. Finché la controparte è debole e la comunità internazionale è a favore di Israele e lo legittima, non cambierà nulla. Inoltre, Egitto e Anp sono coinvolte direttamente nell’assedio.

El-Sisi ha dichiarato che il valico di Rafah sarà affidato solo alle milizie di Dahlan, che sono in competizione con il partito di Fatah. Allora quando sarà riaperto?

La situazione a Gaza è disastrosa. La popolazione ha di fronte due scelte: 1) piegarsi e sottomettersi alla volontà di Israele e dell’Egitto e accettare la completa chiusura dei valichi; 2) ripartire con una nuova escalation militare. Se vengono lasciate loro solo due scelte: o morire assediati o sotto i bombardamenti o ribellarsi, quale sceglieranno, secondo voi?

Nella Striscia non entra nulla: né materiali da costruzione né alimenti. Ora piove e la popolazione vive sotto l’acqua. Morire con orgoglio e lottando è meglio che morire piegati.

I. Abu Obeida, leader delle brigate al-Qassam, giovedì ha minacciato una nuova escalation militare se non verranno aperti i valichi…

M.H. Abu Obeida rispecchia le opinioni dei gazawi. Ci sono 350 mila senza-tetto costretti a vivere nelle tende, nelle scuole o da parenti o vicini… Quando parlo con i miei amici gazawi mi dicono che non hanno mai passato un periodo come questo. Un periodo orribile, di assedio totale: tutti i valichi sono chiusi; il governo egiziano ha creato una zona cuscinetto nella Rafah egiziana, lungo il confine con la Striscia di Gaza; i tunnel che in questi anni di assedio hanno garantito la sopravvivenza della popolazione gazawi, sono stati distrutti. Non entra più nulla. La Striscia è bloccata, chiusa, su tutti i lati. Mare compreso, e anche la pesca, come vediamo tutti i giorni, è molto ostacolata dalla Marina da guerra sionista che spara contro i pescherecci palestinesi, anche qui, in violazione dell’accordo di tregua di agosto.

Il blocco è anche sui convogli umanitari, che prima portavano assistenza umanitaria, solidarietà politica attraverso le visite di parlamentari internazionali, e testimonianze giornalistiche, con la presenza di reporter da tutto il mondo. Ora non è più permesso nulla.

La soluzione sarebbe che la comunità internazionale intervenisse e si impegnasse a controllare e a gestire una parte dei valichi, garantendone un’apertura e un afflusso di persone e merci. Ma sembra che non sia minimamente interessata, al di là delle parole.

Dal 2006 fino a oggi non c’è mai stata una situazione così drammatica. Neanche sotto Mubarak, che agiva contro i palestinesi, ma almeno si limitava a una moderata pressione su Gaza. Mentre el-Sisi si comporta come un nemico della popolazione palestinese: sta creando una cattiva immagine dei gazawi in Egitto, dicendo che sono i palestinesi che destabilizzano il Sinai… E’ propaganda interna.

Anche la questione dei recenti attentati a Gaza contro le sedi di Fatah: il partito di Abbas ha subito accusato Hamas, quando invece tutti sanno che si tratta delle milizie di Dahlan che cercano di destabilizzare di nuovo (come nel 2007) la Striscia di Gaza. Ma Fatah ha gettato la colpa su Hamas, pur sapendo chi sono i veri responsabili.

I. La Conferenza per la ricostruzione ha promesso miliardi per Gaza. Si sta muovendo qualcosa? Quali sono le previsioni?

M.H. Abbiamo sentito tante dichiarazioni da tutto il mondo e visto ostentare cifre enormi – 5,5 miliardi di dollari – destinate alla ricostruzione, ma se chi rappresenta la comunità internazionale non riesce a far entrare un sacco di cemento, come faranno a mandare i fondi per la ricostruzione di Gaza? Sono degli ipocriti.

Questi soldi saranno gestiti da Ramallah. Se verranno pagati gli stipendi dei gazawi saranno presi da quella cifra, che invece dovrebbe servire alla ricostruzione. Una metà sarà utilizzata dall’Anp di Ramallah. Se a Gaza verranno distribuiti dei soldi, sarà una parte minima, e cercheranno di usarla per comprare le coscienze dei gazawi contro Hamas e la sua presenza nella Striscia, quindi saranno usati a fine di corruzione e per indebolire a livello economico la presenza di Hamas sul territorio. Tutto sarà fatto con l’obiettivo di corrompere e creare guerra civile palestinese. Israele ha posto una condizione: non verranno ricostruite le case dei membri della resistenza, quindi, le case dei cittadini di Hamas e del Jihad islamico, non saranno ricostruite, mentre quelle di Fatah, sì. Questo creerà divisioni…

I. E il governo di unità che fine ha fatto?

M.H. Sono passati tre mesi dalla fine della guerra, ma i membri del governo di unità non si sono fatti vedere nella Striscia, né hanno mandato un soldo. Non so quanto reggerà ancora.

I. Che futuro vede per la Striscia di Gaza?

M.H. Sono pessimista sulle sorti di Gaza: siamo di fronte a una politica internazionale che non è interessata alla situazione palestinese: l’attenzione è concentrata solo sulle azioni dell’IS e su Siria e Iraq.

Cosa pensa dell’IS?

M.H. L’IS è una creatura di Stati Uniti, Israele e Stati del Golfo. E’ stato creato per deviare la resistenza siriana e per fomentare l’instabilità in tutta la regione vicino-mediorientale. Questi gruppi agiscono a nome dell’Islam, ma sono armati, addestrati, finanziati dagli Usa e dagli Stati arabi. Sono assassini e terroristi e i musulmani che ne fanno parte sono sottoposti a lavaggio del cervello e non sanno distinguere tra bene e male. L’Islam è lontano anni luce da loro e dalle loro azioni criminali. Fanno solo danno ai musulmani e alla causa palestinese, perché distolgono l’attenzione del mondo dai crimini israeliani. La politica dell’Is è condannata da tutti i gruppi musulmani.

I. C’è un allarmante livello di violenza a Gerusalemme e in Cisgiordania. Israele non esita a uccidere a sangue freddo chiunque sia anche solo sospettato di qualche attacco. Quali sono gli scenari del prossimo futuro?

M.H.  Per i Palestinesi, Gerusalemme rappresenta il cuore. Israele dovrebbe stare molto lontana da Gerusalemme e dai fedeli cristiani e musulmani, e non creare blocchi e muri. Negli anni passati, l’occupazione israeliana ha visto che profanare al-Aqsa scatena l’Intifada. Finché i sionisti hanno a che fare con Cisgiordania e territori del ’48, è una cosa, con Gerusalemme è un’altra.

L’ingiustizia, gli abusi sono ormai a un livello insopportabile: tutti i giorni i coloni – gruppi, rabbini, politici – si arrogano il pieno diritto di profanare la moschea di al-Aqsa, mentre noi palestinesi non possiamo neanche entrarci.

Chi lancia un sasso rischia 15 anni di prigione, mentre un colono o un poliziotto che sparano a sangue freddo vengono premiati.

Questi comportamenti israeliani hanno causato una rivolta, iniziata a Gerusalemme, che si sta diffondendo nel resto dei Territori palestinesi della Cisgiordania e del 1948. La gente è disarmata, ma a furia di esasperazioni, scoppia.

Di fronte a tutto ciò, la comunità internazionale non vede, non sente e reagisce solo quando viene investito un soldato israeliano, condannando i Palestinesi. Che giustizia è mai questa?

I. Possiamo parlare di una nuova Intifada?

M.H. Una nuova intifada avrà il vantaggio di cacciare i servi palestinesi di Israele, coloro, cioè, che aiutano nella repressione della popolazione, nella persecuzione della resistenza. Un altro punto positivo sarà quello di far svegliare i Palestinesi stregati dai soldi dell’Anp e di far capire loro che siamo sotto occupazione e non i servi di Israele. Tuttavia, sarà difficile che scoppi una terza intifada. Ci saranno continue rivolte diffuse su tutto il territorio palestinese, come sta avvenendo negli ultimi mesi, settimane.

Certamente io spero in una Intifada che rimetta in discussione gli accordi di Oslo, che hanno prodotto solo danni e l’Anp stessa, che lavora contro la causa…

I. Il governo sionista ha deciso di demolire le abitazioni degli attivisti e di inasprire la campagna di detenzioni amministrative. Cosa sta progettando il regime di Tel Aviv?

M.H. Tutti i governi israeliani hanno avuto come un unico obiettivo fare più pressione sui palestinesi, creare uno stato debole, permettere la libera circolazione degli israeliani, la costruzione di insediamenti. Dall’altra parte c’è un’Anp debolissima che non può andare all’Onu a denunciare Israele…

L’obiettivo finale è la pulizia etnica totale della Palestina storica. Israele vuole una “riserva indiana” di Palestinesi senza diritti politici e demografici, e la totale e libera circolazione dei coloni.

I. Il complesso di al-Aqsa è sotto attacco quotidiano: i soldati entrano nei luoghi sacri, violandoli. Qual è il loro obiettivo e che prospettive ci sono? 

M.H. Israele vuole dire ai palestinesi che non dimentichino, anche solo per un attimo, che Israele esiste. Queste continue incursioni in villaggi, città e luoghi sacri, sono eseguite in accordo con l’Anp: Israele chiama i soldati palestinesi e dice loro di sparire dalla circolazione e loro spariscono…

L’accanimento contro al-Aqsa rappresenta il massimo della sovranità israeliana e il massimo livello di umiliazione verso i Palestinesi. Il massimo che Israele può violare è la moschea di al-Aqsa, terzo luogo sacro dell’Islam: per questo i Palestinesi esplodono. La gente reagisce come può e con cosa può: con le auto, i coltelli, i cacciavite.

Quella contro al-Aqsa è una violenza che tocca il punto più prezioso, intimo, della nostra fede. Toccare al-Aqsa, per un miliardo e mezzo di musulmani, è una violenza fortissima, tuttavia, la comunità musulmana è lontana, stordita, non sente questa violenza… Per questo motivo constatiamo che nel mondo arabo-islamico quasi non esistono manifestazioni a sostegno di al-Aqsa. I nostri regimi arabi hanno creato uno stato di paura tale che blocca ogni reazione. Inoltre, ci sono tanti problemi interni, così, se un cittadino si sente minacciato, non reagisce per difenderne un altro.

I. E’ un quadro devastante…

latuff-palestine138M.H. Non siamo noi a decidere. Dio vede e provvede. L’oppressione non può durare a lungo. E’ una ruota che gira. Oggi domina il Male, che ha creato solo conflitti e guerre. Dobbiamo ragionare in modo intelligente e creare un’alleanza tra le persone di buona volontà, oneste, basata sul rispetto reciproco, contro il potere, assoluto, dei falsificatori di verità, e i loro mezzi hollywoodiani… Contro il potere della propaganda e della paura.

(Nella foto:  Mohammad Hannoun con l’ambasciatore del Venezuela a Roma)