L’ISIS alle porte dell’Europa

Memo. Di Polychronis KapalidisÈ di qualche giorno fa la notizia di un attacco dell’ISIS ai danni di una raffineria di petrolio libica, con il possibile sequestro di nove lavoratori. Intanto, la scorsa settimana, Boko Haram ha giurato fedeltà al gruppo. L’ISIS ha tentato anche di radicarsi in Egitto, ma il solido governo è stato in grado di respingerlo e di espellere dal Paese i suoi membri, o comunque di tenerne sotto controllo l’attività. Sebbene questi eventi possano sembrare isolati e irrilevanti, diventa sempre più ovvio che i leader dell’ISIS puntino all’Africa come al loro prossimo e fertile terreno di conquista, e che questo avrà delle inevitabili ricadute sulla sicurezza dell’area del Mediterraneo e delle coste meridionali dell’Europa.

Il tentativo, strategicamente ben pianificato, di ampliare il proprio raggio d’azione verso un altro continente lascia pensare che l’ISIS costituisca un fenomeno di difficile interpretazione e del tutto inedito rispetto ai precedenti; un fattore, questo, alquanto destabilizzante per l’Europa. Diversamente da altri movimenti rivoluzionari, dai guerriglieri o dai gruppi terroristici come Al-Qaeda, l’ISIS sembra muoversi secondo una strategia geopolitica ben definita. Mettendo insieme obiettivi economici e politici, tale approccio innovativo mira innanzitutto a stabilizzare la propria posizione economica e poi a generare un sentimento di terrore negli avversari. Tra gli obiettivi principali del gruppo c’è l’accaparramento delle risorse energetiche, situate prevalentemente in Stati canaglia o Stati falliti e ben distribuite sul globo terracqueo, al fine di garantirsi entrate costanti per realizzare i propri obiettivi.

Nel 2013, l’ISIS si è concentrato sulla Siria e sull’Iraq settentrionale, con i loro ricchi giacimenti di petrolio: ha facilmente conquistato queste regioni e preso il controllo sulle città, i villaggi e i centri abitati più isolati, imponendo il proprio rigido sistema normativo. Ormai, sembra evidente che il prossimo obiettivo sia la Libia, la zona più ricca di petrolio nel Mediterraneo. Il governo libico, di recente formazione, che ha limitati mezzi militari per via delle sanzioni imposte dall’ONU, ha chiesto alle Nazioni Unite di porre fine all’embargo e di aiutare le autorità libiche, incapaci, da sole, di fermare la compravendita illegale di petrolio o il traffico di armi nel paese. Inoltre, non è casuale il fatto che l’ISIS abbia accettato l’alleanza di Boko Haram, gruppo radicato in Nigeria, dodicesimo produttore di petrolio al mondo. Ma in che misura l’Europa è investita da questi fatti?

Sembra sempre più evidente che l’ISIS possa costituire, anche prima del previsto, una minaccia per il nostro continente. Secondo un’analisi del ministero della Difesa italiano, il califfato ha già il controllo dei porti e degli asset marittimi strategici sul territorio libico, come Derna: questo getterebbe le basi per un’esplosione del fenomeno della pirateria e dei reati marittimi, generando una situazione analoga alla minaccia costituita dalla pirateria somala, alle porte dell’Europa. Proprio come i pirati del Corno d’Africa, l’ISIS potrebbe operare nel Mediterraneo. Un pericolo che sembrava finora molto lontano, adesso minaccia concretamente il Vecchio Continente. Ma gli obiettivi potrebbero essere diversi: la pirateria targata ISIS non prenderebbe di mira solo le grandi imbarcazioni mercantili, ma anche i piccoli pescherecci, gli yacht e persino le navi da crociera. Un’imbarcazione turistica con a bordo 300 occidentali che indossano la tuta arancione degli ostaggi dell’ISIS rappresenterebbe un autentico incubo per l’Europa.

Oltre alla pirateria, l’ISIS potrebbe colpire il traffico marittimo nel Mediterraneo per sferrare attacchi terroristici. Con un buon sistema di identificazione automatica, sarebbe in grado di individuare obiettivi sensibili per lanciare attacchi a sorpresa. A differenza del Corno d’Africa, in cui le rotte marittime sono a una distanza media di 200 miglia dalla costa somala, le navi che attraversano il Mediterraneo passano a circa 50 miglia dalla costa libica. E per i membri dell’ISIS, non sarebbe difficile raggiungere l’Europa. Se dovessero infiltrarsi tra i richiedenti asilo sui barconi che approdano a Lampedusa o a Creta, per le autorità italiane e greche sarebbe pressoché impossibile identificarli e arrestarli. I leader del califfato potrebbero inviare facilmente centinaia di combattenti nel vecchio continente per sferrare attacchi terroristici. Immaginiamo l’effetto dirompente che avrebbe la decapitazione di un cittadino europeo sul suolo continentale. È un pericolo reale, a soli 3.000 chilometri di distanza, alle porte dell’Europa, a 180 miglia dalle coste dell’Italia o di Creta.

L’autore è Tenente e Esperto di Sicurezza Marittima della Marina Ellenica, laureato in Relazioni Internazionali e Sicurezza Globale all’Università di Plymouth.

Traduzione di Romana Rubeo