L’occupazione israeliana approva la costruzione di un insediamento al posto di un villaggio palestinese

Qudsn.psIl sito Internet del giornale israeliano “Haaretz” riporta che, oggi, 10 novembre, in una seduta speciale tenutasi a Sidi Bou Keir, nel Negev, il governo israeliano ha stabilito la demolizione, nel Wadi al-Hairan, di un villaggio arabo, e la costruzione, al suo posto, di un insediamento ebraico.

Ha riferito che il governo Netanyahu ha approvato, quest’oggi, la costruzione di due nuovi insediamenti, Kasif e Hairan. Quest’ultimo verrà costruito nelle terre del villaggio di “Umm al-Hairan”, nonostante l’esposto presentato dai suoi abitanti alla Corte Superiore di Giustizia, ed il mancato pronunciamento, fino adesso, della stessa.
Il sito Internet aggiunge che le famiglie del villaggio, le quali hanno già ricevuto l’avviso di abbandonare le case e di andar via, hanno manifestato davanti la sede della seduta del governo, protestando contro una decisione definita “razzista ed ingiusta”.
Soffermandosi sulla decisione di costruire l’insediamento di Hairan a fianco di tre nuovi insediamenti nel Negev, Haaretz afferma che questa fu in origine presa nel 2002, e che il “Consiglio della pianificazione e costruzione territoriale” aveva approvato, alla fine del 2009, i piani per la creazione di un “complesso familiare abitativo” nel nord del Negev.
Tale complesso comprenderà un nucleo di coloni religiosi, accanto al alcune famiglie laiche.
Il villaggio di Umm-al-Hairan era stato costruito nel 1956, su ordine del governatore militare, dopo che gli appartenenti alla tribù Abu al-Qiyaan furono cacciati via e deportati, dal loro luogo d’origine, in una discarica vicina al kibbutz di Shoval. Nonostante la deportazione, il governo israeliano non ha mai riconosciuto il villaggio, i cui abitanti sono circa 500, vietandogli l’accesso ai servizi più elementari come l’elettricità, l’acqua, e la sanità.
Ma è con la presidenza Netanyahu che fu proposto dal governo israeliano un nuovo piano di espulsione. Questo infatti stabilì la deportazione di 40 mila palestinesi del Negev dalle proprie terre, la cui superficie ammontava a circa un milione di dunum, e la loro confisca, in quanto appartenenti allo stato, in cambio di una ricompensa per gli abitanti di appena 200.000 dunum.
Il piano inoltre stabilì che gli abitanti venissero raggruppati, piuttosto che nei villaggi, in complessi residenziali che il governo tuttora non riconosce, e ai quali nega la fornitura dei servizi più elementari.

Traduzione di Salvatore Michele Di Carlo