L’ONU finalmente libera dal ricatto diplomatico degli USA?

MEMO. Di Daud Abdullah. Non è la prima volta che il mondo libero si schiera in difesa della verità e della giustizia in Palestina. Il voto dell’Assemblea Generale contro la decisione di Trump riguardo Gerusalemme è stata una vittoria dello stato di diritto sulla legge della giungla. Questa decisione lascia ora gli Stati Uniti e Israele isolati, disonorati e umiliati.

La minaccia perpetrata da Washington di tagliare gli aiuti a quei paesi che avessero votato il non riconoscimento di Gerusalemme come capitale dello stato d’Israele è stato un insulto alle Nazioni Unite e un feroce attacco ai diritti di sovranità degli stati membri. Gli israeliani, alla loro consueta maniera delirante, ritenevano che la minaccia degli USA fosse sufficiente per costringere i paesi a uniformarsi alla decisione americana. In realtà hanno sbagliato i loro calcoli, in quanto tutti i popoli si sono dimostrati stanchi della loro arroganza e della loro mancanza di etica.

Così com’è, la minaccia di Trump è coerente con una politica americana di lunga data, che mira al ricatto e alle intimidazioni esercitate all’interno delle Nazioni Unite, al fine di promuovere le pretese illegali di Israele. Non è stato molto diverso dalle minacce perpetrate contro i paesi più poveri per approvare la controversa Risoluzione 181 dell’ONU nel 1947.

Allora, al momento del voto, la Risoluzione ottenne a stento i due terzi della maggioranza che serviva per poter essere approvata. 33 paesi votarono a favore, 13 furono i contrari e 10 gli astenuti. Haiti, Liberia e Filippine votarono inizialmente contro questo piano di partizione, ma furono presto costretti a rivedere le loro posizioni dopo l’intervento “delle più alte cariche di Washington”, incluso il presidente Harry Truman. Essi furono dunque minacciati di veder ritirati gli aiuti finanziari che venivano stanziati dagli USA. James Forrestal, l’allora Segretario alla Difesa, ha ammesso che “i metodi che furono utilizzati per portare coercizione contro le altre nazioni durante l’Assemblea Generale furono qualcosa di molto simile a uno scandalo”.

L’ONU, dopo aver consentito agli USA di mantenere un comportamento oltremodo scandaloso per facilitare le rivendicazioni di un popolo, ha arrecato un danno enorme alla sua credibilità. Ha infatti violato uno dei principi fondamentali stabiliti dalla Carta delle Nazioni Unite, ovvero “il rispetto del principio di uguaglianza dei diritti e di autodeterminazione dei popoli” (articolo 1).

Oltre a Forrestal, c’erano altri funzionari statunitensi pronti a riconoscere il torto fatto al popolo palestinese. Il comandante E.H. Hutchison, che ha presieduto la Commissione per l’Armistizio tra Giordania e Israele dopo la guerra arabo-israeliana del 1948, ha ricordato che “ogni passo verso la creazione di uno stato sionista fu una sfida alla giustizia”.

Mentre esistono dunque parallelismi tra ciò che accadde durante l’Assemblea del 1947 e in quella del 2017, ci sono tuttavia notevoli differenze. Entrambi i presidenti, Trump e Truman, hanno cercato di sfruttare la loro posizione. Tuttavia, ciò di cui l’attuale presidente non si rende conto è che il mondo libero è oggi molto lontano dai tempi del ricatto diplomatico. So bene che, mentre i due terzi degli stati furono costretti a votare la Risoluzione del 1947, 70 anni dopo i due terzi hanno esercitato il loro libero arbitrio e votato per la pace e lo stato di diritto.

Quali strascichi lascerà questa schiacciante sconfitta a Israele e al suo primo ministro Benyamin Netanyahu? Sicuramente, Israele si troverà ad essere molto più isolato tra la comunità delle nazioni. Molti paesi, anziché spostare le rispettive ambasciate a Gerusalemme, prenderanno ora in considerazione l’idea di interrompere o limitare i contatti diplomatici con lo stato sionista.  Il Congresso Nazionale Africano (ANC), primo partito sudafricano, si è posto in primo piano verso l’adozione di una Risoluzione per il declassamento dell’ambasciata sudafricana in Israele in un ufficio di collegamento.

Per quanto riguarda Netanyahu, questa sconfitta quasi certamente comporterà un incremento delle richieste di dimissioni. Politicamente parlando, il premier è stato fortemente danneggiato e a questo punto soltanto un delirante potrebbe pensare di essere associato a lui.

Anziché denigrare le Nazioni Unite definendole “la casa delle bugie”, il primo ministro israeliano e i suoi compagni di viaggio dovrebbero essere eternamente grati all’Organismo per aver votato la partizione della Palestina. Sfortunatamente, la parola gratitudine non appartiene al loro vocabolario.

Negli anni passati, Israele è stato aiutato e supportato ciecamente dal sostegno americano e indifferenza da parte delle potenze occidentali. Se non altro, Se non altro, il voto di ieri alle Nazioni Unite su Gerusalemme deve segnare l’inizio della fine di quel lungo capitolo di sotterfugi.

I disastri politici possono a volte essere trasformati in opportunità. Questo scandaloso tentativo da parte dell’amministrazione Trump di calpestare le Nazioni Unite, in spregio delle norme e degli standard internazionali, deve essere colto come un’opportunità per riesaminare l’appartenenza di Israele nell’ONU. Dopo tutto, è stato ammesso nell’Organismo mondiale a condizione che rispetti i termini della divisione e permetta ai rifugiati palestinesi di tornare (Risoluzione 273). Israele non solo ha rifiutato di onorare i termini della sua adesione, ma ha sistematicamente minato la Carta delle Nazioni Unite e screditato il mondo. Sicuramente, l’ONU sarebbe un’organizzazione migliore senza Stati membri come Israele.

Il ripensamento dovrebbe riguardare anche i leader arabi che sono stati indotti a credere che Donald Trump possa realizzare le loro grandi ambizioni.

Traduzione di Lorenzo D’Orazio