Il massacro di al-Ibrahimi, un ricordo doloroso che si rinnova ad ogni Ramadan

Hebron (al-Khalil)-PIC. Ogni anno, arrivati a metà del periodo del Ramadan, i Palestinesi della città di Hebron, nel sud della Cisgiordania occupata, si ricordano amaramente il massacro di al-Ibrahimi commesso ventitré anni fa dal terrorista Baruch Goldstein, colono sionista. Nel 1994, nel mese sacro del Ramadan, Goldstein uccise un gran numero di fedeli palestinesi che stavano pregando all’alba nel santuario di al-Ibrahimi.

Il massacro in dettagli.

Secondo i testimoni oculari ancora in vita, i fedeli erano prosternati in preghiera quando il terrorista Baruch Goldstein aprì il fuoco sui 500 fedeli, uccidendone 29 e ferendone altri 150. È nel momento in cui lui stava ricaricando l’arma che i fedeli poterono ucciderlo.

I soldati dell’occupazione sionista, invece di soccorrere le vittime, chiusero tutte le porte del santuario, impedendo ai soccorsi di entrare per salvare i feriti e iniziando ad aprire il fuoco sulle persone . Fu cos che il numero dei morti arrivò a 50.

Il massacro fu uno choc in tutta la Palestina. Ci furono proteste e scontri ovunque, e tra gli scontri tra Palestinesi  e forze dell’occupazione più di 60 persone rimasero uccise.

Ricordi dolorosi.

Ventitré anni dopo la ferita degli abitanti di al-Khalil non ha potuto cicatrizzarsi.

Hajja Om Nimr Mujahid non può evitare di versare lacrime, ogni anno, all’arrivo del 15° giorno di Ramadan. Quello stesso giorno del 1994, gli occupanti sionisti uccisero gli “infedeli” nel santuario di al-Ibrahimi tra cui suo figlio Nimr. Da quella data “l’occupazione ci ha imposto il dolore e la tristezza a vita”, dice.

La moschea ambita.

Da notare che le forze dioccupazione sionista chiusero la moschea di al-Ibrahimi e la Città Vecchia per più di sei mesi, con il pretesto di dover investigare. La commissione d’inchiesta israeliana Shamghar, al posto di compensare le vittime, divise la moschea e ne diede il 60% agli israeliani.

La parte data agli israeliani custodisce le tombe appartenenti ad alcuni profeti di cui Giacomo e sua moglie e il profeta Giuseppe.

A poco a poco, le autorità di occupazione sionista istallarono delle telecamere e delle entrate elettriche su tutti i lati. Ormai, i musulmani hanno solo un’entrata e molte delle strade sono chiuse, separando la città e il suo borgo dal circondario.

La suddetta commissione decise così di aprire la moschea solo dieci giorni all’anno. Dieci giorni anche per gli occupanti israeliani.

In seguito al massacro, la moschea fu divisa.  E poco a poco gli occupanti sionisti la trasformarono in una vera e proprio caserma militare. I fedeli musulmani devono superare diversi  punti di controllo prima di entrare nel luogo di preghiera. Ricordiamo che questo luogo è diventato sede di scontri e affronti permanenti a causa delle aggressioni e della provocazioni dell’occupazione sionista e dei coloni.

Traduzione di Angela Dodaro