Mentre le speranze dei palestinesi vengono disattese Hizb al-Tahrir si fa avanti.

THE DAILY STAR

Mentre le speranze dei palestinesi vengono disattese Hizb al-Tahrir si fa avanti

Commento di Omran Risheq
lunedì, 21 luglio 2008 
 

Il fallimento del movimento nazionale palestinese, la cui credibilità presso l’opinione pubblica risulta fortemente compromessa, rafforza le posizioni dei movimenti religiosi, i quali, crescendo, colmano un vuoto sempre più palese. Ma i movimenti che crescono non sono né quelli di Hamas né dei jihadisti, i quali hanno conquistato la propria legittimità più o meno nella maniera conosciuta da altri movimenti palestinesi: partecipando nella lotta di liberazione con il loro sostegno all’aspirazione di veder fondato uno Stato nazionale indipendente. Oggi, invece, si presentano nuovi partiti e gruppi islamici che confutano il progetto nazionale e che osteggiano le libertà democratiche e sociali.

Tra queste formazioni, Hizb al-Tahrir al-Islami (il Partito di Liberazione Islamica), quella maggioramente influente, vanta forse la piattaforma politica più intelligibile. Fondato a Gerusalemme nel 1953 dal giudice islamico, Taqiyeddine an-Nabhani, questo partito sposò la causa della rinascita del califfato, parola d’ordine permanente, e meta prioritaria tra gli impegni politici a religiosi. Si ritiene che il califfato rappresenti una panacea per i mali politici, economici, sociali di fronte che affliggono i musulmani nel mondo. Per questo partito, il califfato non sarà il frutto di una rivoluzione popolare; sarà instaurato invece da un colpo di Stato militare all’interno di un paese musulmano. Il Califfo dovrebbe procedere poi alla conquista del mondo, liberando anche la Palestina dagli ebrei. È bene ricordare che questa teoria ricalca in larga misura la visione marxista-leninista della rivoluzione portata avanti da un’avanguardia che adotta idee di questo genere quali mezzo utile alla conquista del potere.

Come per altri movimenti salafiti, Hizb al-Tahrir vede nel ritorno ai principi fondamentali ed al rivolgersi agli «avi giusti» un mezzo adatto a superare le amarezze del presente e a costruire un futuro prospero. Varie componenti della Fratellanza Musulmana hanno in qualche modo assorbito certe idee moderne, come quelle della democrazia e dei diritti umani: idee con cui si dovevano confrontare i Fratelli che avevano preso la via dell’impegno attivo all’interno della società civile, delle organizzazioni professionali, delle università, della vita politica, con la partecipazione ad elezioni e nei lavori parlamentari. Hizb al-Tahrir invece ripudia tali concetti, definendoli una palese apostasia e frutto di un complotto teso al consolidamento del controllo occidentale esercitato sui musulmani.

Fino a tempi recenti, Hizb al-Tahrir non era riuscito a guadagnare la fiducia dei palestinesi; è stato un partito della retorica, le cui attività si sono limitate alla predica ed alla rivendicazione della causa di un risorto califfato; le altre fazioni, invece, hanno cercato di porre termine all’occupazione. Ma ora, di fronte ad un movimento nazionale palestinese privo di ogni carta negoziale, la cui resistenza si trova effettivamente in un vicolo cieco, impossibilitato a rivendicare conquiste sul campo, e, inoltre, a cospetto di un nuovo equilibrio di potere che favorisce Israele, gli attivisti di Hizb al-Tahrir hanno gioco facile a dire che avevano ragione loro.

I progressi del partito registrati in questi ultimi due anni sono indicativi della sua crescente influenza. Hizb al-Tahrir ha beneficiato dall’indebolimento di Hamas, risultante dalla partecipazione nell’esercizio del potere, e nell’agosto del 2007 ha radunato circa 10.000 sostenitori in occasione della commemorazione della caduta del califfato. Il partito ha guadagnato consensi anche grazie all’erosione presso il popolo palestinese di ogni fiducia nei negoziati. Contro la conferenza di pace di Annapolis, nel novembre del 2007, Hizb al-Tahrir organizzò manifestazioni nella maggior parte delle città palestinesi, rabbiose, che sfilavano, appunto, sotto la parola d’ordine «a liberare la Palestina saranno gli eserciti marcianti e non i negoziati».

La composizione o base di Hizb al-Tahrir è diventata più eterogenea. Se tale base era limitata in passato alla tradizionale classe dei commercianti, in gran parte oriunda di Hebron (la zona più conservatrice dell’area palestinese), o a coloro che, alla ricerca di nuovi sbocchi commerciali, si erano trasferiti a Gerusalemme, ora il partito ha trovato nuove sponde all’interno di altre classi sociali. Alle manifestazioni del partito, sostenute da ricchi mecenati che organizzano i rinfreschi ed il trasporto, vediamo partecipare ora, a migliaia, gli indigenti e gli agricoltori, di frequente giovani, le cui mogli, indossanti il copricapo o il velo sul viso, raggiungono i raduni con i figli su pullman separati.

Hizb al-Tahrir non prende di mira Israele (tale disimpegno risultando meno marcato nei confronti della società locale, e soprattutto nei confronti dei gruppi più vulnerabili, come, ad esempio, le donne), e tuttavia è innegabile che la sua popolarità nasce da un rancore e da un senso di frustrazione che, un giorno o l’altro, potrebbero esplodere in maniera violenta. Come per le altre organizzazioni islamiche estremistiche, Hizb al-Tahrir si attiene con intransigenza ad alcuni punti di riferimento derivati dagli scritti di Abu al-Aala al-Mawdudi (nell’esegesi dell’islamista ergiziano, Sayyid Qutb) secondo i quali il mondo viene diviso in due campi, la «Casa dell’Islam» e la «Casa dell’Apostasia», che non conosceranno altro modo di dialogo che non sia quello della guerra.

La prima vittima di tale esplosione sarebbe, purtroppo, la causa palestinese: ecco perché Israele non si occupa e non si preoccupa delle attività di Hizb al-Tahrir. La retorica di Hizb al-Tahrir rigetta il principio di uno Stato palestinese, e dunque dovesse questo partito superare in popolarità i movimenti nazionalistici, la causa palestinese verrebbe calata nelle vesti di un conflitto religioso. La crescente popolarità del partito, inoltre, rappresenta una grave minaccia alle idee e alle strutture di stampo progressista, consolidate dai palestinesi con grandi sforzi, nonché agli sforzi di decenni  tesi all’affermazione presso la comunità internazionale della legittimità della causa palestinese.

Hizb al-Tahrir vede l’uomo che annega e pesa di salvarlo con una spiga di paglia. Le sciagure che hanno provato i palestinesi richiedono invece dagli stessi palestinesi una nuova serietà, prima che, insieme all’occupazione, i palestinesi, privi di speranze, sradichino con le proprie mani ciò che resta del sogno di indipendenza, di giustizia, di democrazia.

Omran Risheq è scrittore e commentatore palestinese. Questo commento è stato tradotto dall’arabo da Paul Wulfsberg, viene riproposto con il consenso del Arab Reform Bulletin, Vol. 6, issue 6 (July 2008) www.CarnegieEndowment.org/ArabReform (c) 2008, Carnegie Endowment for International Peace.

 

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