Mishaal: la terra più importante del potere.

Damasco – Infopal. Khaled Mishaal, presidente dell’Ufficio politico di Hamas, ha confermato il dissenso del suo movimento nei confronti dell’ultimo discorso pronunciato da Netanyahu riguardo allo stato palestinese, alla normalizzazione dei rapporti con i sionisti e al ritorno dei profughi.

Nel suo discorso tenuto ieri a Damasco davanti a un'assemblea di diplomatici e leader politici, Mishaal ha infatti definito lo stato palestinese descritto da Netanyahu “una grande prigione”; ha quindi negato apertamente l’ebraicità dello stato sionista – di cui il primo ministro israeliano ha chiesto il riconoscimento – , in quanto annullerebbe il diritto di sei milioni di palestinesi al ritorno nella propria terra, e ha invitato il governo degli Stati Uniti a comprendere che il popolo palestinese non è disposto ad accettare altre promesse illusorie.

Il leader palestinese ha inoltre sottolineato che la questione palestinese non ruota soltanto intorno al potere o alla sicurezza, o ad elementi accessori come l’inno e la bandiera, ma ha come suoi nodi fondamentali la patria, l’identità, la libertà, Gerusalemme e il diritto al ritorno dei rifugiati: “La terra per noi è più importante del potere”, ha sintetizzato. 

Ha poi proseguito: “Gli obiettivi minimi del nostro popolo sono la creazione di uno stato palestinese con Gerusalemme come capitale, delimitato dal confine dei territori occupati il 4 giugno del 1967, e il ritorno dei profughi”. Ha quindi respinto la “patria alternativa” proposta da Israele, ribadendo che “non vi è alcun sostituto alla Palestina se non la Palestina stessa”.

Parlando della Resistenza, Mishaal ha affermato che il ricorso a essa da parte del popolo palestinese rappresenta soltanto una scelta strategica, e ha precisato che “è un diritto applicato in tutto il mondo, e nessuno può privarcene”, specificando tuttavia: che “la resistenza è un mezzo, non un fine”. 

Parole di apprezzamento sono state invece dedicate al “nuovo linguaggio” di Obama verso Hamas, considerato un primo passo verso un dialogo diretto tra il movimento e gli Usa. Secondo Mishaal, quando si tratta con Hamas e con le altre fazioni occorre sempre tener presente il rispetto della volontà del popolo e dei suoi principi fermi, senza imporre condizioni: “Tali condizioni – ha aggiunto – si è tentato d’imporle ad altri, ma non hanno funzionato né risolto il problema”. Come esempio, ha citato la stessa richiesta di riconoscere Israele, posta in precedenza ai negoziatori palestinesi, ed estesa ora al riconoscimento dell’ebraicità del suo stato.

Il leader di Hamas ha tuttavia invitato il presidente americano Obama a ritirare il generale Dayton dal suo incarico di addestratore delle forze di sicurezza dell’Anp, in armonia con lo spirito del suo discorso e della sua nuova politica.

Per quanto riguarda le parole di Netanyahu, Mishaal ha invece chiesto ai leader arabi di adottare una nuova strategia che combini la Resistenza con la politica, sottolineando la disponibilità di Hamas a partecipare alla costruzione di una simile strategia, allo scopo di combattere il razzismo del nuovo governo israeliano.

Il presidente dell’Ufficio politico di Hamas ha anche toccato l’argomento delle divisioni interne: porvi fine è una “necessità nazionale”, perché venga rafforzato il fronte interno contro l’occupazione israeliana. Hamas, secondo Mishaal, sta lavorando in modo rapido per realizzare la riconciliazione, ed apprezza tutti gli sforzi arabi e islamici fatti per portarla avanti.

Ha poi avvertito che le pratiche delle milizie di ‘Abbas in Cisgiordania minacciano i diritti dei palestinesi, poiché “hanno colpito la leadership di Hamas, del Jihad islamico e di tutte le altre fazioni, oltre che di molte altre personalità di spicco del nostro popolo, sapienti, studenti, uomini d’affari, e hanno portato anche alla morte di molti di essi, oppure al ricovero negli ospedali a causa delle terribili torture”.

 

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