Morsi affronta le polemiche dopo la presa di potere

Il Cairo- Reuters-Ma’an. Il presidente egiziano Mohamed Morsi ha avviato trattative con i magistrati al fine di disinnescare il polverone di polemiche sollevatosi all’indomani della sua assunzione di poteri straordinari che ha causato il riaccendersi di proteste dal sapore molto simile a quelle che l’anno passato portarono al potere il movimento islamista.

Il ministro della giustizia si è detto fiducioso che il presidente possa trovare un accordo con le supreme autorità giudiziarie egiziane che gli hanno proposto una limitazione dei nuovi poteri da lui assunti. Il portavoce di Morsi ha dichiarato che “il presidente è convinto che gli egiziani saranno in grado di superare questa crisi”.

Ma i manifestanti, molti dei quali si sono accampati nell’ormai celebre piazza Tahrir, hanno fatto sapere di ritenere soddisfacente solo il ritiro completo del decreto. Ciò sta mettendo in luce l’enorme spaccatura separante il movimento islamista dall’opposizione, una spaccatura che sta dilaniando l’Egitto dalla caduta di Hosni Mubarak.

“Un semplice emendamento del decreto non sarebbe di alcuna utilità”, ha affermato Tarek Ahmed, 26 anni, uno dei manifestanti che ha passato la scorsa notte nell’accampamento di piazza Tahrir, “esso deve essere annullato completamente”.

Da giovedì scorso, giorno in cui Morsi ha emanato il decreto sui nuovi poteri, una persona è rimasta uccisa ed altre 370 hanno subìto ferite durante gli scontri tra polizia e manifestanti. Il presidente ha approfittato del plauso internazionale derivante dal successo della mediazione egiziana nel processo di pace israelo-palestinese per proteggersi da eventuali ripercussioni interne.

Il mercato azionario ha subìto un crollo superiore al 7%.

L’opposizione ha accusato il presidente di comportarsi in modo dittatoriale, trovando un pronto sostegno nei Paesi occidentali, preoccupati dall’emergere di nuove tensioni in un Egitto che ha sottoscritto un accordo di pace con Tel Aviv ed al contempo rappresenta uno degli Stati-cardine del risveglio islamico.

L’amministrazione Morsi ha difeso l’operato del presidente, sottolineando che tale decreto rappresenta un modo per velocizzare il processo di riforme sulla via di una piena democratizzazione del Paese africano. Le forze di sinistra, i liberali, i socialisti e altri ancora sostengono invece si tratti di un rigurgito di autoritarismo da parte di un uomo che Mubarak aveva sbattuto in prigione.

“Il presidente Morsi è convinto che il popolo egiziano supererà anche questa prova”, ha dichiarato ai giornalisti il portavoce presidenziale Yasser Ali, poco prima che iniziasse l’incontro tra Morsi e il Consiglio Supremo della magistratura egiziana.

Un compromesso?

Durante l’incontro si è alluso alla possibilità di trovare un compromesso, secondo cui il decreto di Morsi verrà reso applicabile solo alle questioni di più capitale importanza. Ciò dimostra come la magistratura non sia intenzionata ad annullare del tutto la decisione del presidente, intimando inoltre a quei giudici che avevano indetto uno sciopero in segno di protesta, di tornare immediatamente al lavoro.

Il magistrato Ahmed Mekki, commentando il verbale redatto dal Consiglio Supremo, ha dichiarato: ”Penso che il presidente ritenga la nostra una proposta accettabile”.

Il portavoce presidenziale ha affermato che due collaboratori di Morsi, una volta esplosa la polemica anti-decreto, hanno presentato le proprie dimissioni al presidente, che tuttavia non avrebbe ancora deciso se accettarle o meno.

Coloro che in queste ore stanno animando la protesta temono che la Fratellanza Musulmana voglia imporre una sorta di dominio assoluto sull’Egitto del dopo-Mubarak.

Un compromesso sottoscritto con un Consiglio Supremo per gran parte costituito da magistrati dell’era-Mubarak non potrà certo aiutare a risolvere la situazione.

Un gruppo di avvocati ed attivisti ha inoltre impugnato il decreto di Morsi alla corte amministrativa, che ha fissato la prima udienza al 4 dicembre prossimo. Ciò non rappresenta una novità: Morsi infatti ha già dovuto difendersi in numerosi processi intentati a suo carico da rappresentanti delle opposizioni.

Piazza Tahrir chiede che lo scioglimento dell’assemblea, un apparato politico dominato dagli islamisti che rende sostanzialmente immune la figura del presidente da procedimenti giudiziari. Molti liberali hanno peraltro già abbandonato tale istituzione perché non considerati al suo interno.

Solo una volta che la costituzione verrà pienamente realizzata, sarà possibile indire nuove elezioni. Fino ad allora, i poteri esecutivo e legislativo resteranno saldamente nelle mani di Morsi.

Il sito web del partito Fratellanza e Giustizia ha dichiarato che un membro della Fratellanza Musulmana è rimasto ucciso domenica in un attacco sferrato alla sede centrale del movimento nella città di Damanhour, nel delta del Nilo.

Altri uffici della Fratellanza sono stati attaccati in diverse località egiziane.

Assicurazioni

Un politico ha dichiarato che l’aumentare della tensione potrebbe portare gli oppositori a ritenere preferibile un accordo al fine di evitare la totale degenerazione della situazione. In ogni caso, quanti si oppongono al presidente hanno indetto una grande manifestazione per la giornata di martedì.

“Sono piuttosto ottimista poiché vedo che le conseguenze che stanno maturando sono serie, le più serie dalla fine della rivoluzione”, ha affermato Mona Makram Ebeid, ex membro del parlamento e figura di spicco della politica egiziana.

L’ufficio di Morsi continua a ripetere che tali misure rappresentano una soluzione temporanea, sottolineando la volontà del presidente di avviare il dialogo con le opposizioni al fine di individuare “una base di lavoro comune” su cui strutturare la costituzione.

La proposta di dialogo è però stata rifiutata dai membri del Fronte per la Salvezza Nazionale, una nuova coalizione d’opposizione che riunisce liberali, esponenti della sinistra e altri politici e partiti, rimasti divisi fino all’emanazione del decreto da parte di Morsi.

“Non c’è spazio per il dialogo con un dittatore che impone le più inaccettabili misure”, ha dichiarato sabato l’esponente di spicco dell’opposizione Mohamed El Baradei, che si ritiene assumerà la guida della nuova coalizione.

L’esercito si è mantenuto fuori dalla recente crisi, dopo aver tenuto sotto controllo il Paese durante i 16 mesi di transizione post-rivoluzionaria. Gli analisti ritengono che Morsi sia riuscito a ottenere l’obbedienza dei militari grazie al fatto di averne decapitato i vertici subito dopo la sua elezione a presidente. Tutti i supremi gradi dell’esercito devono oggi il loro status all’amministrazione islamista.

Sebbene l’esercito mantenga il proprio potere di mantenimento dell’ordine, influenzando anche l’ambito economico, rimane dunque escluso da quello politico.

L’Egitto, in un primo momento, aveva sperato di risolvere la disastrosa situazione economica sottoscrivendo un accordo con il Fondo Monetario Internazionale, che prevedeva il prestito di 4,8 miliardi di dollari. Con il crollo azionario verificatosi negli ultimi giorni, il governo si ritrova a fronteggiare di nuovo un aumento preoccupante del debito pubblico.

“Siamo tornati al punto di partenza, sia politicamente, che socialmente”, ha dichiarato Mohamed Radwan, della Security Pharos, un’azienda di intermediazione.