Muri e polizia militarizzata: così Israele sta espandendo la sua occupazione negli Stati Uniti

PalestineChronicle. L‘impatto israeliano sta diventando sempre più evidente nell’apparato di sicurezza statunitense. E si tratta di una situazione che non preannuncia nulla di buono per gli americani. Il progetto di legge s.720 , varato dal senato, rappresenta a tal proposito il campanello d’allarme. Il progetto, redatto dalla lobby americana AIPAC, American Israel Public Affairs Committee, nell’ambito del “programma di lotta per il 2017” mira a punire qualsiasi individuo o società che intenda boicottare Israele per la sua violazione dei diritti umani palestinesi. Si parla addirittura di milioni di dollari di multa e fino a 20 anni di reclusione. Sebbene il boicottaggio politico sia stato sanzionato dalla Corte Suprema, il Congresso vorrebbe fare del boicottaggio di Israele un’eccezione, anche se ciò significherebbe una sovversione della democrazia statunitense.

Criticare Israele è tuttora un tabù negli Stati Uniti, dove il Congresso è molto attento a fronteggiare pressioni e tangenti, e dove la posizione dei media sull’occupazione militare israeliana della Palestina è ancora meno critica rispetto a quella dei media israeliani.

Tuttavia, l’infiltrazione del governo degli Stati Uniti non è affatto nuova. Sta diventanto sempre più incoraggiante, a causa dell’assenza di voci critiche capaci di creare un serio dibattito sulla questione. Per molti anni i cittadini statunitensi hanno preferito tenersi a distanza dalla discussione su Israele e Palestina. Il problema appariva del tutto estraneo, soprattutto a causa della propaganda hollywoodiana, della convinzione religiosa e della mancata conoscenza della storia.

Ma negli ultimi anni, Israele sembra divenuto parte integrante della vita americana, anche se in molti non riconoscono tale influenza.

“Dopo l’11 settembre, Israele ha sfruttato la sua lunga esperienza decennale come forza occupante per bollarsi come leader mondiale contro il terrorismo” ha dichiarato Alice Spera a Intercept.

Quest’etichetta ha dunque permesso alle agenzie di sicurezza israeliane di guadagnare miliardi di dollari.Tutto ciò deriva dalla paura degli americani verso il terrorismo, mentre Israele viene presentato come un modello di successo nella lotta al terrorismo.

Negli ultimi decenni dunque, centinaia di agenti federali e ufficiali di polizia hanno svolto la loro preparazione direttamente in Israele, o in altri casi attraverso seminari e workshp organizzati sul modello israeliano.

Gruppi come l’AIPAC, L’ Anti-Defamation League (ADL) e l’Istituto Ebraico per gli Affari di Sicurezza nazionale sono i principali enti che hanno contribuito a trasformare le forze di polizia statunitensi in unità militari che ricalcano la struttura della polizia israeliana.

Come forza occupante, Israele ha reso indistinto il confine tra polizia ed esercito.In aree come Gerusalemme occupata, entrambe le forze armate si comportano similmente: entrambe sparano per uccidere al minimo cenno di provocazione o sospetto; In altri casi addirittura senza alcuna ragione.

Alex Vitale, scrittore e professore di sociologia al Brooklyn College, ha raccontato la natura dei viaggi regolari degli agenti federali e di polizia in Israele.

“Gli agenti vengono inviati in un contesto del tutto antidemocratico, il che implica l’assassinio e l’umiliazione dei palestinesi. Invece di esercitare pressioni sul governo israeliano affinchè ponga fine all’occupazione della Palestina, il governo americano intende importare queste “competenze” israeliane anche nelle proprie città”.

A dirla tutta, i poliziotti locali somigliano sempre più a membri di una forza occupante piuttosto che ad agenti con la missione di proteggere il proprio popolo.

Israele sta dunque esportando le proprie tattiche di occupazione negli Stati Uniti, mentre gli appaltatori militari israeliani aprono società sussidiarie in tutto il paese, promuovendo le proprie tecnologie di sorveglianza, muri, attrezzature per il monitoraggio delle frontiere e tattiche violente.

I cittadini americani dovrebbero essere preoccupati, ma in realtà la maggior parte di essa risulta ignara dell’esistenza di questo inquietante modello, in quanto i media raramente si occupano di far luce sulla crescente influenza militare israeliana negli Stati Uniti.

La società Elta North America (filiale dell’industria aerospaziale israeliana) è stata una delle otto società ad aver investito un’ingente somma per la costruzione di un prototipo di muro che gli Stati Uniti intendono costruire al confine con il Messico.

La costruzione del muro costituisce uno dei punti cardine della politica di Trump, più volte ribadito nel corso della sua campagna per la Casa Bianca. Israele è stato a tal proposito il primo paese a precipitarsi in appoggio alle parole divisive del presidente americano.

“Trump ha ragione. Io ho costruito un muro lungo il confine meridionale di Israele e in questo modo ho messo fine all’immigrazione clandestina. Grande successo. Grande idea”. È questo il tweet con il quale Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha apertamente appoggiato il presidente Trump.

Sebbene ciò abbia causato una reazione da parte del Messico e di molti americani, Netanyahu conosce benissimo l’importanza degli investimenti lucrativi negli anni a venire.

Infatti, la sicurezza delle frontiere americane ha rappresentato una delle maggiori fonti di guadagno per le aziende israeliane negli ultimi anni.

Uno dei contratti più generosi è stato stipulato dall’amministrazione Obama con la società Elbit Systems, che ha fornito attrezzature per la sorveglianza e costruito torri di controllo lungo il confine tra il Messico e il deserto di Sonora in Arizona.

La Magal Security System, società israeliana che ha appoggiato l’esercito a stringere d’assedio Gaza, è particolarmente attiva nella sicurezza degli Stati Uniti, ed è stata una delle prime aziende a partecipare alla costruzione del muro di confine USA-Messico.

L’illegalità israeliana è diventata dunque ora un modello per gli Stati Uniti per quanto riguarda la sorveglianza dei confini e la definizione dei suoi rapporti con gli stati contigui.

Il problema sta nel fatto che le mura israeliane non hanno fini protezionistici, ma piuttosto sono state costruite al fine di annettere i territori arabi e palestinesi, mentre nello stesso tempo alimentano le paure della popolazione contro tutte le minacce che si attestano al di fuori.

Le politiche isolazionistiche di Trump tendono dunque a costituire un terreno fertile per l’infiltrazione israeliana nel governo e nella società americana.

Le prove a sostegno di tutto questo possono essere rintracciate nelle principali città statunitensi, nelle varie frontiere e nei sistemi di sorveglianza che hanno il potenziale di monitorare ogni singolo cittadino.

Ramzy Baroud è un giornalista, scrittore e direttore del Palestine Chronicle. A breve verrà pubblicato il suo ultimo libro dal titolo “The Last Earth: A Palestinian Story” (Pluto Press, London). Baroud ha svolto un dottorato di ricerca sulla Palestina presso l’università di Exeter ed è docente presso l’Orfalea Center for Global and International Studies nell’università di Santa Barbara in California.Il suo sito web è www.ramzybaroud.net.

Traduzione di Lorenzo D’Orazio