Nel primo anniversario dell’accordo di scambio, gli ex detenuti ne auspicano un altro per liberare i loro compagni

Gaza – Quds Press. Il 18 di ottobre non è più un giorno qualunque nella storia del popolo palestinese: in quel giorno la vita di centinaia di famiglie palestinesi è cambiata. Sono le famiglie i cui figli sono stati rilasciati nell’ambito dell’accordo di scambio tra la resistenza palestinese e l’occupazione, che ha visto l’attuazione della sua prima fase proprio il 18 ottobre 2011

I detenuti liberati, che hanno trascorso la loro gioventù nelle carceri israeliane, hanno assicurato che il loro rilascio non sarebbe stato possibile se non attraverso questo accordo di scambio. Un accordo onorevole, è stato definito da analisti, in quanto più di mille prigionieri palestinesi, circa la metà con alte condanne e che ha trascorso molti anni nelle carceri israeliane, oltre ai decani dei prigionieri palestinesi, sono stati liberati in cambio del rilascio del soldato israeliano Gilad Shalit, dopo cinque anni di sequestro.

L’accordo,  soprannominato Lealtà ai Liberi, è il’ 38° accordo di scambio di prigionieri nella storia del conflitto arabo – israeliano. Il primo accordo fu concluso dall’Egitto nel febbraio 1949. Tuttavia, quello dell’anno scorso è il primo nella storia della contemporanea rivoluzione palestinese che si realizza con successo sul territorio palestinese, che va ad aggiungersi alla serie di accordi, conclusi dalle diverse fazione palestinesi, inaugurata dal Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, Fplp, nel 28 luglio 1968.

Un accordo da ripetere. Nafez Haraz, di 57 anni, di cui 25 trascorsi nelle prigioni dell’occupazione, ha considerato il suo rilascio, avvenuto nell’ambito dell’accordo di scambio, un grande evento nella sua vita, soprattutto perché realizzato dalla resistenza palestinese, dopo un sofferto quarto di secolo trascorso dietro alle sbarre.

Haraz ha dichiarato a Quds Press: “Ad un anno dalla mia liberazione non posso fare a meno di ricordare i miei fratelli (tutti i palestinesi ancora detenuti) ancora dietro alle sbarre nelle prigioni dell’occupazione. Essi subiscono ancora l’ingiustizia del carcere e dei carcerieri in circostanze molto difficili. Loro rimarranno per sempre nella mia memoria e non riuscirò a dimenticarli”.

Egli si è augurato che la resistenza palestinese possa liberarli, replicando il suo ultimo successo, attraverso la cattura di altri soldati israeliani.

Haraz ha affermato che la sua esperienza in carcere non è stata facile, sottolineando che egli “è cresciuto e maturato in prigione, mentre sua moglie e i suoi figli erano fuori in condizioni molto difficili”, aggiungendo che i suoi anni di prigionia segnano ancora la sua vita, anche dopo un anno dalla sua liberazione. 

L’ex detenuto ha dichiarato: “Ricordo sempre i fratelli e i compagni che ho lasciato in carcere, essi sono presenti, e sono parte della mia vita, non li dimenticherò affatto nonostante la vita frenetica fuori dal carcere”. 

Egli ha sottolineato che da quando è stato rilasciato, un anno fa, non ha mai smesso di seguire le notizie dei suoi ex compagni di carcere, con tutti mezzi a sua disposizione. Inoltre egli cerca sempre di partecipare al sit-in settimanale, organizzato dalle famiglie dei detenuti davanti alla sede della Croce Rossa Internazionale a Gaza, ogni lunedì, aggiungendo che ciò è il minimo che può fare per loro. 

Haraz ha lodato sua moglie, Um Ahmed, che, con molta pazienza, è riuscita a sopportare tutti questi lunghi anni, facendosi carico della famiglia. Infatti, la loro figlia che non era ancora nata quando fu arrestato, ora è sposata e ha dei figli. 

Egli ha raccontato che due mesi dopo il suo arresto, durante la prima visita concessa a sua moglie, le ha proposto di divorziare, considerando ciò un suo legittimo diritto alla luce dei lunghi anni che avrebbe trascorso in carcere. Tuttavia ella si rifiutò, affermando di volerlo aspettare anche per tutta la vita. 

Il detenuto liberato ha dichiarato: “Quando mia moglie prese quella decisione, ella si guadagnò la mia stima e quella di tutti. Di fatto lei mantenne la sua promessa, allevando i nostri figli in modo perfetto, come se il loro padre non fosse stato mai assente. 

Tre vittorie. L’ex detenuto e ricercatore palestinese, esperto delle questioni dei prigionieri, Abdul-Nasser Farawna, ha dichiarato che la data del 18 ottobre 2011 rimarrà impressa nella memoria di tutto il popolo palestinese, soprattutto nelle menti di quei prigionieri che sono stati rilasciati nell’ambito dell’accordo, così come le loro famiglie che li aspettavano”. 

Ha aggiunto: “Con il completamento di questo accordo, le fazioni della resistenza palestinese segnano un altro successo, fonte di orgoglio per tutto il popolo palestinese, esse hanno raggiunto tre grandi vittorie”. 

Farawna ha spiegato che la prima di queste vittorie è stata la capacità della resistenza a catturare Shalit, durante un’operazione di guerriglia ai confini della Striscia di Gaza. Il secondo successo fu quello di tenerlo nascosto per più di cinque anni consecutivi in una zona stretta e troppo piccola che non supera i 360 km quadrati, cioè la Striscia di Gaza, vanificando tutti gli strumenti tecnologici israeliani e le competenze dell’Intelligence ebraica.

Egli ha aggiunto che la terza vittoria fu la fermezza della resistenza: essa non si è sottomessa alle pressioni dell’occupazione, con i suoi molteplici apparati, ed è riuscita a imporre le sue condizioni nell’ambito di un accordo di scambio che le rende onore. La resistenza palestinese è riuscita a liberare coloro che, altrimenti, non sarebbero mai stati liberati.

Nuova nascita. Hilal Jaradat, prigioniero liberato e deportato dalla Cisgiordania, ha affermato di essere nato di nuovo in seguito al suo rilascio, avvenuto un anno fa nell’ambito dell’accordo di scambio. 

Jaradat, che ha trascorso nelle carceri israeliane 24 anni, ha dichiarato a Quds Press: “Il giorno della nostra liberazione è una giornata storica per il popolo palestinese e per la nazione araba e islamica, in quel giorno centinaia di prigionieri, da molti anni dietro alle sbarre, sono stati restituiti alle loro famiglie”. 

Ha aggiunto: “A un anno dalla mia liberazione e trasferimento a Gaza, tra la mia gente, mi sono sposato con una ragazza di Gaza e stiamo aspettando un bambino, ho incontrato mio padre e mia madre, a Gaza, e quest’anno andrò in pellegrinaggio alla Mecca.

Egli ha sottolineato che non si è sentito affatto spaesato a Gaza, aggiungendo che tutta la Palestina è la sua terra, non vi è alcuna differenza tra Jenin, la sua città natale, e Gaza, Nablus, Khan Yunis, Rafah o Haifa. 

Jaradat ha espresso la speranza di festeggiare il prossimo anniversario con il resto dei detenuti palestinesi, una volta liberati dalle carceri dell’occupazione, svuotate e chiuse definitivamente. 

Da parte sua, Mansour Rayan, un altro ex prigioniero e deportato dalla Cisgiordania nella Striscia di Gaza, ha dichiarato: “Con il nostro arresto, l’occupazione israeliana ha voluto uccidere lo spirito della vita in noi e spingerci verso la morte a poco a poco in ogni momento”. 

Tuttavia, aggiunge Rayan, esprimendo la gioia per la sua liberazione dopo 20 anni di carcere: “La resistenza palestinese ci è stata fedele e onesta, e Dio ci ha benedetto concedendoci la libertà, l’occasione di eseguire il pellegrinaggio alla Mecca, il matrimonio e i figli, un lavoro e una stabilità, tutto ciò dopo essere stati condannati all’ergastolo”.

Nel primo anniversario dello scambio, Rayan ha indirizzato i suoi ringraziamenti alla resistenza e al popolo di Gaza,”che hanno resistito all’assedio, alla guerra, hanno visto i loro corpi martoriati, e sono stati colpiti con il fosforo bianco, fino al compimento dell’accordo onorevole”.

Le catene si spezzeranno. Rayan ha invitato i prigionieri palestinesi in Israele ad armarsi di pazienza, e a non farsi prendere dalla disperazione, sottolineando che il giorno in cui “le catene della prigionia si spezzeranno” si avvicina. Tuttavia egli ha sottolineato la necessità che il popolo palestinese si dimostri più solidale con i detenuti, e si sforzi maggiormente per gli eroi dietro alle sbarre. 

L’ex detenuto ha invitato il popolo palestinese, con tutte e le sue fazioni nazionaliste, islamiche e di sinistra, e tutte le istituzioni della società civile e le organizzazioni per i diritti umani e dei media, audiovisivi e stampa, a sostenere la causa dei prigionieri nelle carceri israeliane. 

Egli ha affermato: “La causa dei detenuti deve occupare la cima delle priorità più sacre, l’individuo palestinese è la cosa più importante che abbiamo per liberare la Palestina, non possiamo permetterci di lasciare i prigionieri per 20 o 30 anni come facile preda del carceriere israeliano”. 

Rayan si è anche chiesto: “Come è stato possibile lasciare il detenuto liberato Na’el al-Barghouti nelle carceri israeliane per 35 anni? Quale rivoluzione nel mondo lascia i prigionieri per più di 30 anni dietro alle sbarre, senza riuscire a liberarli, laciandoli morire in quelle fosse di isolamento?”