Nella prima metà del 2018 Israele ha imprigionato 1.000 gerosolimitani, tra cui 300 bambini

PICIl Centro per gli Studi dei Prigionieri Palestinesi ha reso noto che dall’inizio dell’anno si è verificato un aumento del numero di arresti nei confronti degli abitanti di Gerusalemme: durante i primi sei mesi dell’anno l’occupazione israeliana ha imprigionato più di 1000 persone.

Il ricercatore Riad Al-Asqar, portavoce del Centro, ha dichiarato che a causare l’incremento degli arresti è stato il tentativo dell’occupazione di placare il movimento esploso dopo il rifiuto del presidente USA di riconoscere Gerusalemme come capitale d’Israele, il 6 dicembre; inoltre, lo scorso maggio, ha deciso di trasferire l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme. Le autorità israeliane hanno imprigionato anziani ed ex prigionieri, malati, deputati, notabili, donne e bambini.

Gli arresti riguardano tutti i villaggi, i quartieri e i centri della città di Gerusalemme.
Issawiya è la prima della lista con 315 prigionieri, seguita da Shu’fat con 150, Silwan con 130, la Città Vecchia di Gerusalemme con 120 ed infine la Moschea al-Aqsa con 65. 

Arresto dei bambini. Al-Ashqar ha evidenziato che gli arresti a Gerusalemme colpiscono ogni ambito della società; è evidente che i bambini ne costituiscono la maggior parte, con 300 imprigionati. Questa cifra rappresenta circa un terzo degli arresti avvenuti a Gerusalemme dall’inizio dell’anno, tra cui oltre 22 avevano meno di 12 anni.

La detenzione non si limita ad arrestare i bambini; successivamente al loro rilascio, essi sono sottoposti agli arresti domiciliari: vengono obbligati a rimanere in casa, da cui non possono uscire nemmeno per studiare o curarsi. Nel caso in cui vengono infrante tali regole viene applicata una sanzione, il bambino sarà espulso dall’abitazione e ricollocato in un’altra dove rimarrà nuovamente soggetto agli arresti domiciliari. I bambini vengono in seguito portati dinanzi ai tribunali per esaminare se saranno condannati alla carcerazione o se verrà imposta loro soltanto una sanzione pecuniaria in cambio della loro libertà.

Quest’anno Aziz Mousa di Jabal al-Mukaber, 53 anni, è rimasto ucciso in seguito ad un violento attacco che gli ha causato un’emorragia celebrale per mano delle unità speciali nella prigione di Eshel. È stato trasferito al reparto intensivo dell’ospedale di Asaf Harofeh, dove è deceduto. Al momento, le forze dell’occupazione israeliane non hanno intenzione di restituire il corpo alla famiglia per la sua sepoltura.

Arresto delle donne. Al-Ashqar ha sottolineato come l’occupazione continui a prendere di mira le donne, in particolar modo quelle della Moschea al-Aqsa: quest’anno, molte di loro sono state arrestate.
Il numero degli arresti è arrivato a 31, minorenni comprese. Mai Bassam Asila, 14 anni, del campo di Shu’fat, è stata catturata dopo l’accusa di aver impugnato un coltello e una bombola di gas; Sarah Nazmi Shamasneh, anche lei quattordicenne, ha subito la stessa sorte insieme alla madre Rasilah Shamasneh nel quartiere Quitma, a Gerusalemme.

Tra le donne arrestate è stata ferita Khawla Subeih, 43 anni, imprigionata dopo che le avevano sparato alle gambe nel quartiere di Shu’fat. È stata rilasciata dopo numerosi giorni di carcere.

La polizia israeliana ha arrestato la moglie di Adnan Ghaith, membro del consiglio locale di Al-Tahwri, in seguito ad un’irruzione nella loro dimora, così come Farah Abd Da’na, 67 anni.

L’ex prigioniera ed attivista Wafa Abu Juma, 38 anni, è stata accusata di istigazione su Facebook ed è stata rilasciata una settimana dopo l’arresto. Ad Ibtisam Obaid, 35 anni, è stata accusata di soggiornare illegalmente a Gerusalemme, nonostante fosse sposata con un nativo palestinese e vivesse in quella città da 16 anni.

Al-Ashqar ha sostenuto che molte delle donne arrestate sono ancora in prigione, mentre altre sono state liberate soltanto in seguito ad accurate indagini. L’occupazione israeliana ha ordinato per alcune gli arresti domiciliari, per altre l’espulsione dalle loro abitazioni o il divieto di entrare nella Moschea al-Aqsa.

Traduzione per InfoPal di Lisa Astrid Velocci