Pacchi-viveri per Gerusalemme

A cura dell’Abspp.
Alzare e poi abbassare la saracinesca di un negozio: lo fanno tutti gli imprenditori del mondo, ogni mattina.
E ogni mattina, quegli stessi imprenditori non hanno alcuna certezza. Sperano solo una cosa: attirare più clienti possibili. Alzando le saracinesche del suo negozio, un imprenditore di Gerusalemme spera però qualcosa di più. Spera che in quel giorno accada un miracolo, anzi, il miracolo. Spera che tutto il sistema di discriminazione che gira attorno a lui e attorno ai suoi concittadini possa finire, che il suo commercio possa tornare florido, che l’occupazione possa non strozzarlo continuamente, perché se in generale la vita di un imprenditore è difficile, quella di un imprenditore palestinese a Gerusalemme lo è ancora di più.
A questi, l’occupazione israeliana riscuote una tassa altissima, chiamata “arona”, quasi una “punizione” per il fatto d’essere, appunto, un imprenditore palestinese a Gerusalemme. Inoltre, tutta la condizione che gira attorno a questa città, non favorisce di certo il pagamento di questa tassa. Vi sono delle limitazioni importanti.
Gli agricoltori e i commercianti palestinesi non possono far entrare nulla a Gerusalemme; ai gazawi è impedito totalmente l’accesso anche solo per pregare, ai cittadini della Cisgiordania è consentito ma solo richiedendo un “permesso” alle autorità israeliane. I tempi di ottenimento sono però molto lunghi, l’attesa può durare mesi.
Una volta che si riceve quel permesso, si aggiunge un ulteriore aspetto disincentivante: il muro che divide Gerusalemme dalla Cisgiordania, i check-point che rendono difficile, se non impossibile arrivare a al-Quds, ecco, tutto questo, diminuisce moltissimo l’affluenza dei palestinesi verso Gerusalemme. E questo, di conseguenza, riduce la clientela degli imprenditori, dei ristoratori, degli albergatori palestinesi. Il problema economico a Gerusalemme, è urgente ed estremamente importante.
Noi, come ABSPP, ci stiamo muovendo in questi giorni per dare una boccata d’aria fresca a quest’economia stantia, stanca, strozzata, senza speranza. Il progetto è semplice: tramite un pacco viveri aiutiamo sia una famiglia bisognosa e sia un imprenditore. Stiamo distribuendo 400 pacchi viveri contenenti 16 beni di prima necessità, tutto comprato dai piccoli negozi palestinesi a Gerusalemme. Pensate, 400 confezioni di zucchero, 400 confezioni di farina, ecc., un’economia che gira e che torna a respirare anche grazie a voi. Stiamo distribuendo questi pacchi a 400 famiglie del centro storico e dintorni, famiglie in difficoltà, che vivono in un contesto geografico, politico ed economico difficilissimo. Chi distribuisce quei pacchi viveri non distribuisce solo generi alimentari, distribuisce speranza, dà una motivazione in più al proprietario di un negozio per non chiudere, per non mollare, non ancora, non oggi. Dentro quel pacco viveri c’è il sorriso di un’intera famiglia e tutta la nostra voglia di dire ai gerosolimitani che noi ci siamo, che non sono soli, che a proteggere la Città Santa ci siamo anche noi. Che noi non la faremo morire piano piano. Nella culla delle tre religioni monoteiste, in quella che dovrebbe essere la capitale mondiale della pace tra i popoli, tra le religioni, oggi stanno avvenendo gravissime discriminazioni. È ora che il mondo veda e sappia. Nel nostro piccolo, questa è solo la prima di tantissime altre iniziative che faremo per Gerusalemme e per i cittadini di quella città tormentata ma splendida.