Palestinese assaltato dal datore di lavoro israeliano

Imemc. Un palestinese che lavorava in Israele è stato assaltato sul luogo di lavoro durante una disputa a proposito dello “schermo rotto di un cellulare”, come ha raccontato suo padre, facendo appello affinché Israele sia ritenuto responsabile per il maltrattamento dei lavoratori palestinesi.

Il 22enne Ahmad Nihad Abdullah, di Jenin, stava lavorando in un negozio di riparazione cellulari a Umm al-Fahm quando ha presumibilmente rotto lo schermo di un telefono durante il processo di riparazione.

Il padre di Ahmad ha raccontato a Ma’an News che il proprietario del negozio lo ha tenuto rinchiuso per ore, assaltandolo “follemente”. Dopo aver colpito ripetutamente suo figlio alla testa, ha minacciato di sparargli.

Ahmad è riuscito a chiamare suo padre, supplicandolo di aiutarlo e dicendo: “Mi uccideranno”.

Il padre ha contattato l’ufficio di collegamento militare palestinese, che a sua volta ha contattato la controparte israeliana ed è riuscito a localizzare e liberare suo figlio, che è tornato a Jenin con gravi contusioni al corpo e alla testa.

Ha aggiunto che suo figlio ha tutti i documenti necessari per lavorare legalmente in Israele e ha fatto appello alle organizzazioni per i diritti umani affinché espongano i maltrattamenti degli impiegati palestinesi in Israele.

Umm al-Fahm si trova nel distretto israeliano di Haifa, circa 20 chilometri a nordovest della città della Cisgiordania occupata di Jenin. La città è abitata da quasi 50mila palestinesi, la maggior parte dei quali sono trattati come cittadini di seconda classe di Israele e affrontano una frequente discriminazione.

Secondo l’Associazione israeliana per i Diritti Civili in Israele, l’atteggiamento israeliano di ostilità e diffidenza verso i cittadini palestinesi di Israele è aumentato negli ultimi anni, in quanto la minoranza è vista come una minaccia demografica e affronta differenze socioeconomiche rispetto alla controparte ebraica.