Perché il lavoro minorile è comune a Gaza

E.I. Di Isra Saleh el-Namey (*). Fa freddo e c’è vento fuori, ma Anas si tiene impegnato.

Il dodicenne deve preparare le bibite per le persone sul lungomare della città di Gaza. In estate vende succhi di frutta e gelati, in inverno tè, caffè e sahlab, un pudding di latte caldo.

Anas svolge questo compito ogni pomeriggio, insieme al suo fratello maggiore. Al mattino va a scuola.

“Di solito non faccio i compiti prima di sera, ma se ho un esame il giorno seguente allora mi porto i libri al lavoro. Studio quando ho dieci minuti liberi”, dice il ragazzo.

Meglio che chiedere l’elemosina.

Nonostante sia ancora un bambino, Anas deve guadagnare soldi per la sua famiglia.

Ha cinque fratelli. Il loro padre Adham non gode di buona salute ed è disoccupato da tempo.

“Sono grato che i miei due figli possano fare qualche lavoretto in modo che possiamo sopravvivere anche in una situazione molto difficile”, dice Adham. “È difficile per loro, ma è meglio che chiedere l’elemosina”.

Il gruppo di monitoraggio delle Nazioni Unite OCHA ha affermato che il lavoro infantile “è un meccanismo comunemente usato per alleviare la povertà a Gaza.

L’OCHA ha citato alcuni dati secondo cui più di 4.800 su 370.000 bambini nella fascia d’età tra i 10 e i 17 anni lavoravano a tempo pieno a Gaza nel 2018. Altri 1.500 nella stessa fascia d’età lavoravano mentre frequentavano la scuola.

Tali dati indicano che almeno il 2% dei bambini a Gaza lavora a tempo pieno o part-time.

È molto probabile che la vera proporzione sia più alta. L’OCHA riconosce che non ci sono statistiche disponibili riguardanti i bambini sotto i 10 anni che lavorano.

I bambini che lavorano ricevono mediamente $28 dollari al mese.

L’OCHA ha scoperto che i bambini lavorano “in un’economia sempre più destabilizzata” a Gaza, che si trova sotto l’assedio di Israele da oltre 12 anni.

Il livello di disoccupazione a Gaza tra gli adulti è tra i più alti al mondo.

Le tre principali offensive da parte di Israele avvenute a partire da dicembre 2008 hanno portato alla distruzione o al danneggiamento di numerose attività locali.

E Gaza è stata colpita dai tagli agli stipendi dei dipendenti del settore pubblico imposti dall’autorità palestinese, così come dalla fine degli aiuti statunitensi ai rifugiati palestinesi.

Pagherò un prezzo alto.

Ameen ha 11 anni e ha già abbandonato la scuola.

I suoi genitori sono divorziati. Per aiutare la madre e i quattro fratelli vende dolci e merendine all’entrata delle scuole e delle cliniche nel campo profughi di Maghazi.

Deve lavorare molto soprattutto di domenica.

Dato che molte famiglie fanno la spesa settimanale di domenica, lui si offre di aiutarli al mercato locale in cambio di un piccolo pagamento. Di solito si avvicina a donne o anziani chiedendo se può portare le loro provviste.

Può guadagnare fino a $1.50 aiutando i clienti “se le persone sono generose”, dice. Di solito guadagna circa la metà di quella somma.

Ameen era infelice a scuola, eppure rimpiange di averla lasciata.

“Avevamo problemi di soldi dopo che i miei genitori hanno divorziato e ho dovuto fare qualcosa per aiutare mia madre”, dice. “Senza una buona istruzione non puoi sognare un buon futuro. So che pagherò un prezzo alto per la difficile situazione in cui ci troviamo”.

Ismail, 12 anni, lavora come assistente di un fabbricante di scarpe nel campo profughi di Nuseirat.

Passa sei ore al giorno al lavoro. Il venerdì è il suo unico giorno libero.

Ismail ha ottenuto il lavoro grazie alla raccomandazione dello zio, che è amico del fabbricante. La paga del ragazzino ammonta a circa $100 dollari al mese.

“È una piccola paga ma ci aiuta a comprare da mangiare e altre piccole necessità”, dice Ismail.

Il padre di Ismail è disoccupato. Di conseguenza la famiglia deve appoggiarsi ai piccoli guadagni di Ismail e agli aiuti delle Nazioni Unite.

La sua è una situazione comune a molte altre famiglie. Circa il 46% dei 2 milioni di abitanti di Gaza vivono sotto la soglia della povertà, il che significa che vivono con meno di $5.50 dollari al giorno.

“La situazione a Gaza impone ai bambini di pensare e agire come persone più grandi della loro età. Siamo abituati ad assumerci responsabilità. So che devo farlo così la mia famiglia può sopravvivere”, dice Ismail.

Isra Saleh el-Namey è un giornalista di Gaza.

Traduzione per InfoPal di Giulia Barbini