Raed Salah: Israele si sta preparando a completare la pulizia etnica dei palestinesi

In un’intervista esclusiva rilasciata al Middle East Monitor, il capo del Movimento Islamico in Israele, Shaykh Raed Salah, ha avvertito che “Gli israeliani stanno gettando le basi in modo tale che l’atmosfera sia “giusta” per il completamento della pulizia etnica dei palestinesi, iniziata nel 1948 e non ancora terminata.”

Salah, ritenuto dai palestinesi il custode della moschea di Al-Aqsa, ha dichiarato: “Gerusalemme soffre per l’occupazione israeliana e per il programma di giudaizzazione a cui Israele la sottopone. I luoghi sacri islamici e cristiani sono soggetti ad attacchi continui, incluse le moschee, le chiese e i cimiteri”.

Salah ha affermato: “Sono convinto che le rivoluzioni arabe ridefiniranno la questione palestinese, anche se alcune parti hanno tentato di distorcere questa definizione, sostenendo che la questione della Palestina appartiene solamente ai palestinesi. Le rivoluzioni hanno confermato, che la causa palestinese è una causa di tutto il mondo arabo e islamico e di chiunque sostenga la libertà e l’umanitarismo.”

Intervista

MEMO: Può descrivere la situazione attuale a Gerusalemme? Che cosa sta succedendo ai palestinesi che vivono lì, e cosa ci dice della moschea di Al-Aqsa e di altri santuari islamici?

Sh. Raed Salah: Gerusalemme soffre per l’occupazione israeliana e per il programma di giudaizzazione a cui Israele la sottopone. I luoghi sacri islamici e cristiani, incluse le moschee, le chiese e i cimiteri sono soggetti ad attacchi continui.

In particolare, la moschea di Al-Aqsa è soggetta agli eccessi dell’occupazione, come anche a scavi e alla demolizione degli edifici circostanti. Esiste la possibilità che le autorità dell’occupazione israeliana riescano a realizzare i loro pazzi sogni, esplicitamente annunciati; semplicemente, vogliono distruggere la moschea di Al-Aqsa ed erigere un tempio al suo posto.

I cittadini palestinesi di Gerusalemme affrontano grandi sofferenze a causa dell’occupazione israeliana. Sono soggetti a restrizioni sui modi in cui potersi guadagnare da vivere, gli è impedito di costruire sulle proprie terre e stanno vedendo la Municipalità di Gerusalemme, controllata dagli israeliani, confiscare terre palestinesi in circostanze inaccettabili. Vivono inoltre sotto la minaccia di confisca della carta d'identità e dell’espulsione dalla loro città natale. Questo, in realtà, è accaduto di recente a uno dei membri eletti del Consiglio legislativo, Mohammed Abu Tair, in modo da minacciare ogni altro membro del Consiglio eletto per rappresentare il popolo di Gerusalemme, nonché l’ex ministro Khaled Abu Arafa.

Gli abitanti di Gerusalemme hanno la sensazione che tutte le loro istituzioni siano a rischio, comprese quelle sanitarie, educative, le istituzioni letterarie e i gruppi sociali, nonostante paghino le tasse imposte dal Comune. Queste cosiddette tasse altro non sono che un mezzo per confiscare terre e case ai cittadini, con il pretesto di evasione fiscale. 

MEMO: Quali sono le condizioni di vita dei palestinesi nei territori palestinesi occupati da Israele nel 1948? Può descrivere le sfide socio-economiche, legali e politiche che affrontano sotto la legislazione israeliana e le restrizioni imposte loro?

RS: Personalmente, sono convinto che la realtà dei territori del 1948 possa essere riassunta in tre schemi, implementati dall’establishment israeliano contro la comunità palestinese delle terre del 1948.

1. Gli sforzi dell’establishment israeliano di separare i cittadini palestinesi dalle loro relazioni con palestinesi, arabi e islamici. 

2. I tentativi dell’establishment israeliano di smantellare la società palestinese, in modo tale che diventi un insieme di individui e nulla di più.

3. Gli israeliani stanno gettando le basi in modo tale che l’atmosfera sia “giusta” per il completamento della pulizia etnica dei palestinesi, iniziata nel 1948 e non ancora terminata. In primo luogo, vengono espulsi gli individui, seguiti dai gruppi; dopo di che, la situazione può diventare molto più seria.

Tutto ciò che l'establishment israeliano sta mettendo in pratica contro la società palestinese, dalla legale discriminazione e persecuzione religiosa alla quotidiana confisca ed erosione dei diritti, fa parte dei tre schemi di cui sopra.

Voglio ricordare, che l'establishment israeliano considera legali tutte le proprie politiche e pratiche di copertura. Quindi, tutte le azioni compiute da Israele sembrano essere legale, come la confisca di terre di proprietà palestinese e la demolizione di case palestinesi. L'establishment israeliano ha ratificato una serie di leggi per oscurare molti aspetti di questa ingiustizia, che hanno permesso la distruzione di molte case e interi villaggi nel deserto del Negev.

Un ultimo esempio è rappresentato dalla legge che permette alle autorità di revocare la cittadinanza. A dispetto di tutte le norme internazionali, gli israeliani hanno approvato una legge, che permette loro di revocare la cittadinanza ai palestinesi e di cacciarli dalle loro case; e tutto ciò è “legale” in Israele.

MEMO: Quali sono i suoi pensieri riguardo alle negoziazioni? I negoziatori israeliani e l'Autorità palestinese stanno discutendo la possibilità di effettuare uno “scambio di popolazione” insieme allo “scambio di terre”, al fine di stabilire uno stato palestinese. Quali sono le sue opinioni e cosa ne pensa la gente?

RS: Posso confermare, che tutti i movimenti politici nei Territori palestinesi, incluse le masse, rifiutano di accettare tali scambi. Li vedono come li vedo io: un modo per effettuare l'espulsione dei palestinesi dalla loro terra, sulla falsariga di quanto accaduto nella Nakba del 1948. 

MEMO: E’ in contatto con un qualsiasi membro del team di negoziazione dell'OLP? Quale può essere, secondo lei, una giusta soluzione di questo conflitto?

RS: Il mio rapporto è come quello tra l'Alto Comitato di Monitoraggio, l'Autorità palestinese e la società palestinese in generale, con tutte le sue istituzioni e le sue fazioni.

Per quanto riguarda la seconda parte della sua domanda, penso che essa stessa sia iniqua nei confronti del popolo palestinese. Ci hanno sempre chiesto quale fosse la nostra opinione su quale possa essere la soluzione ma, allo stesso tempo, l'occupazione israeliana continua con la giudaicizzazione di Gerusalemme e della Cisgiordania. In altre parole, questa domanda ci viene posta, mentre la realtà della situazione rende senza senso ogni risposta. Quindi, io dico che quando ci sarà una possibilità reale per la creazione di uno stato palestinese, potrò dare una risposta a questa domanda. 

MEMO: Il Movimento islamico nella Palestina del 1948 è da anni composto da due fazioni, con lei a capo del movimento del nord. I due movimenti si sono recentemente uniti in Israele. Perché ora? Che cosa ha causato la loro unione? E che sorta di impatto crede che ciò avrà sui palestinesi di Israele?

RS: Il Movimento islamico si è diviso nel 1996 e ha visto l’emergere di due scuole di pensiero. Oggi, però, entrambi i gruppi si stanno muovendo verso l'unità di azione islamica e l'unità del Movimento islamico. I palestinesi all'interno di Israele hanno accolto tale mossa con gioia, poiché credono che essa conferisca potere anche a loro stessi, non solo al Movimento Islamico.

Il Movimento islamico nei territori palestinesi del 1948 è stato fondato negli anni Settanta ed è passato attraverso tre fasi:

1. La fase di istituzione, che si è conclusa nel 1978, con una campagna di arresti dei membri del movimento da parte delle autorità israeliane.

2. Dopo gli arresti, nel mezzo degli anni Ottanta, sono state fondate istituzioni locali e la struttura organizzativa includeva tutti i membri del movimento. Questa fase si è conclusa con la partenza di alcuni membri, che hanno deciso di partecipare alle elezioni per il parlamento israeliano ed entrare a far  parte del processo politico israeliano.

3. La terza fase ha visto l'aumento della portata del lavoro islamico basato sull’educazione. Il movimento ha sviluppato progetti educativi e di avvocatura, conformi alla nostra comprensione della nostra religione.

Durante questo periodo, il movimento ha aumentato la propria lotta popolare e approfondito la propria partecipazione alle attività interne palestinesi, annunciando una serie di progetti che riguardano la vita della gente comune. Di conseguenza, il movimento ha iniziato a creare una rete di organizzazioni e di enti erogatori di servizi per aiutare i musulmani e i non musulmani di Israele: i comitati Zakat, per esempio, le commissioni di riforma e altre istituzioni sociali, come l’Istituzione Sanad per la Maternità e l’Infanzia, e molte altre.

Dagli anni Novanta, il movimento islamico si è concentrato sulla questione di Gerusalemme e della moschea di al-Aqsa. Ci siamo resi conto della grandezza del complotto contro Gerusalemme, contro il suo popolo e contro al-Aqsa e il movimento islamico si è assunto la responsabilità di stabilire la Fondazione Aqsa, che è diventata molto popolare, agendo come un occhio, che guarda con attenzione ciò che l'establishment israeliano commette contro i nostri luoghi sacri e contro la moschea di al-Aqsa e denuncia gli orrendi crimini dell’occupazione israeliana.

MEMO: Le rivolte arabe hanno ottenuto l'attenzione della comunità internazionale e dei media internazionali nel corso degli ultimi mesi, dato che hanno rovesciato dittatori e regimi. Qual è la sua prima valutazione riguardo alle rivoluzioni in Nord Africa e nel Medio Oriente? In particolare, come pensa che il cambio di regime egiziano influenzerà la Palestina?

RS: Sono convinto che le rivoluzioni arabe ridefiniranno la questione palestinese, anche se alcune parti hanno tentato di distorcere questa definizione, sostenendo che la questione della Palestina appartenga solamente ai palestinesi. Le rivoluzioni hanno confermato, che la causa palestinese è una causa di tutto il mondo arabo e islamico e di chiunque sostenga la libertà e l’umanitarismo.

Ciò significa che le autorità di occupazione israeliane sono a conoscenza del fatto che non stanno combattendo solo il popolo palestinese, ma anche l'intero mondo arabo, islamico e umanitario, fintanto che continueranno a negare il diritto dei palestinesi di istituire uno stato palestinese con Gerusalemme come sua capitale.

MEMO: La campagna internazionale Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) ha cominciato a causare increspature, forse anche onde, nella comunità internazionale, sostenuta da celebrità, parlamentari e attivisti. Quale è il suo punto di vista riguardo al movimento BDS e agli attivisti internazionali che vengono in Palestina per aiutare a porre fine all'occupazione?

RS: Oggi, il popolo palestinese sa, che l'Onu ha riconosciuto lo Stato di Israele in modo condizionale, e ciò vale a dire, che ai profughi palestinesi è permesso il ritorno nelle alla loro terre. Tuttavia, è chiaro che l'establishment israeliano rifiuta il diritto al ritorno e ciò significa, che Israele non soddisfa le condizioni per il suo riconoscimento da parte dell'ONU.

Così, il pubblico in Palestina dice francamente, che Israele si è reso un’entità invalida, in tutti i sensi della parola. I palestinesi si chiedono, perché Israele si senta in grado di esigere che si riconosca la sua esistenza e al tempo stesso si rifiuti di riconoscere la Palestina. Perché il riconoscimento è così unilaterale?

Quindi, è naturale per i palestinesi sostenere la campagna BDS, come è ovvio che l'entità israeliana sia una realtà falsa, che non deve essere riconosciuta dagli altri.

MEMO: Che cosa significa per lei partecipare alla Freedom Flotilla?

RS: Per me, partecipare alla Freedom Flotilla significa entrare a far parte di un popolo globale, in cui gli sforzi di persone di tutto il mondo, di tutti i continenti e le religioni si incontrano per annunciare, che è tempo di porre fine all'assedio di Gaza, che è tempo per Gaza di vivere nella libertà e nell’indipendenza e di godere della piena sovranità sul proprio mare, sulla propria terra e sul proprio cielo, come primo passo verso la creazione di uno stato palestinese, con Gerusalemme come capitale.

Allo stesso tempo, la partecipazione alla Freedom Flotilla rappresenta per noi, palestinesi dei territori occupati nel 1948, conosciuti con il nome di Israele, un ritorno alle radici che alcuni hanno cercato di recidere. Stiamo rinnovando le vie di comunicazione tra noi e le nostre relazioni palestinesi, arabe, islamiche e umanitarie.

(In home: Shaykh Raed Salah, Istanbul. Foto InfoPal)

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