Rapporto 2009 del Centro palestinese per i diritti umani
di Stephen Lendman
27 giugno 2010
Ogni anno, il Centro palestinese per i diritti umani (Pchr) pubblica il suo rapporto
sulla Palestina occupata. La rassegna di quest'anno, che ripercorre i principali
avvenimenti del 2009, include i primi giorni della guerra israeliana a Gaza, ovvero
l'operazione Piombo fuso, “il caso più grave di violazione dei diritti umani e della
legge umanitaria internazionale nei Territori occupati palestinesi nel 2009”, il più
sanguinoso dalla Nakba del 1948, che rubò una nazione al suo popolo.
Oggi, 1,5 milioni di persone lottano a Gaza per ricostruire le proprie vite,
“nonostante sopportino perdite continue, dei propri cari o delle proprie case”, in
seguito a una guerra subita sotto l'assedio – una punizione collettiva che infrange
la legge internazionale e i diritti umani fondamentali, incluso il libero movimento
di beni e persone, i diritti dei rifugiati, il diritto ad avere un'assistenza
sanitaria e un'istruzione adeguate e a ricostruire le case e gli altri edifici
distrutti dall'offensiva militare.
L'espansione coloniale israeliana, il Muro di annessione e le strategie di
controllo esasperano le condizioni di vita in Cisgiordania, “trasformando le
comunità palestinesi in Bantustan [isolati]”. Oltre a questo, proseguono gli sforzi
per annettere illegalmente Gerusalemme est espropriando i suoi abitanti, allo scopo
di ebraicizzare l'intera città: una pratica inaudita nell'era contemporanea,
specialmente da parte di uno stato che si dice civile, mentre in realtà è barbaro e
brutale, e le credenziali democratiche e il vittimismo di cui fa sfoggio sono
un'ulteriore prova del fatto che ci si trova di fronte a un criminale colto in
flagrante.
Il Pchr mette in evidenza le orribili violazioni dei diritti umani e la
degenerazione che si è verificata durante l'anno, e in particolare:
uccisioni premeditate
politiche di punizione collettiva, che si esprimono nelle severe limitazioni del
diritto alla libertà di movimento
la detenzione e la tortura di cittadini palestinesi (politica ufficiale d'Israele)
continue attività d'insediamento e attacchi da parte dei coloni israeliani
ininterrotta costruzione del Muro di annessione all'interno del territorio della
Cisgiordania”, con la sottrazione del 12% delle terre ai palestinesi.
Ciononostante, la comunità internazionale non fa scattare i suoi meccanismi legali e
non impone ai colpevoli di rispondere delle loro azioni. In questo senso è anch'essa
complice, e colpevole di restare inattiva e in silenzio.
Cosa ancora più grave, l'Occidente e gli stati arabi collusi con Israele partecipano
all'isolamento di Gaza, boicottando finanziariamente e criminalizzando ingiustamente
il suo governo legittimo e democraticamente eletto, e sostengono invece il regime
instaurato dal colpo di stato di Mahmud Abbas, il cui movimento, Fatah, fu sconfitto
sonoramente alle elezioni del gennaio 2006.
Vittime innocenti vengono punite mentre soffrono da 43 anni l'occupazione militare:
un tradimento internazionale senza precedenti.
Crimini delle forze d'occupazione
Se ne verificano numerosi ogni giorno, come emerge dagli aggiornamenti settimanali
del Pchr, ad esempio quello del 17-23 giugno:
manifestanti pacifici attaccati a Gaza e in Cisgiordania, con il ferimento di tre
civili (tra cui un minorenne) nel villaggio di Bil'in, a ovest di Ramallah;
decine di manifestanti asfissiati dal gas lacrimogeno;
tre giornalisti aggrediti a Beit Jala;
dieci civili sotto arresto, tra cui tre attivisti umanitari, un giornalista e cinque
medici volontari;
quattro lavoratori di Gaza, tra cui due minorenni, feriti da colpi di arma da fuoco
nei loro campi;
43 civili – tra cui cinque minorenni – arrestati in sedici incursioni in
Cisgiordania e tre a Gaza;
ininterrotto assedio su Gaza;
Cisgiordania e Gerusalemme est ancora blindate da un apparato di controllo di circa
630 checkpoint e 60-80 posti di blocco “mobili”, anche dentro e fuori da
Gerusalemme;
ininterrotta pulizia etnica, con annessi furti di terre e demolizioni di case per il
bene dell'espansione coloniale e di altri progetti per soli ebrei.
Una volta completato (sono ormai a metà dei lavori), il Muro di separazione si
estenderà per 724 km, circondando la Cisgiordania e isolando ulteriormente la
popolazione.
I civili che vi si oppongono con dimostrazioni non-violente sono
sistematicamente attaccati con gas lacrimogeno e proiettili, feriti e arrestati.
Oltre a questo, due terzi delle strade principali sono chiusi o controllati dalle
forze di sicurezza. Un terzo della Cisgiordania – ivi compresa Gerusalemme est – è
inaccessibile a chiunque non possegga un permesso (difficilissimo da ottenere), che
viene rilasciato dopo mesi e dev'essere rinnovato – tutte misure volte a rendere la
vita nella Palestina occupata opprimente, punitiva e impossibile. Tra queste, vanno
citate anche le perquisizioni improvvise per le strade e nelle case private, alcune
seguite da arresti e detenzioni.
Numero di morti e feriti nel 2009
43 anni di occupazione hanno avuto un costo senza precedenti. Nel solo 2009, questo
è stato:
1.092 morti, di cui 831 civili e 261 combattenti;
le vittime civili comprendono 305 minori e 101 donne, presi di mira al pari degli
uomini adulti, così come non vengono fatte differenze tra civili e militanti della
resistenza;
1.066 sono le persone uccise a Gaza, il 97% del totale;
in totale, la guerra ha falciato le vite di 1.419 palestinesi e comportato il
ferimento di altri 5.200; in molti hanno sofferto di mutilazioni, danni al cervello
o altre perdite gravi;
dal settembre 2000 (inizio della seconda Intifada) fino al dicembre 2009 incluso,
6.250 palestinesi sono stati uccisi, tra cui 4.955 civili, e decine di migliaia sono
stati i feriti;
dopo il cessate-il-fuoco del 18 gennaio, le forze di difesa israeliane hanno ucciso
47 palestinesi, tra cui 26 civili, sette dei quali minori; dodici civili sono stati
freddati dai cecchini israeliani nelle zone cuscinetto di Gaza; altri cinque sono
morti nei tunnel, sotto le bombe;
in Cisgiordania, le forze israeliane hanno ucciso diciotto palestinesi, tra cui
quindici civili (sei minorenni); i coloni israeliani ne hanno uccisi altri tre, due
al di sotto dei 18 anni;
nessuna delle vittime civili citate rappresentava alcuna minaccia, men che meno i
partecipanti alle manifestazioni contro il Muro di separazione, la confisca di terre
e le demolizioni delle case; ciononostante, le forze israeliane hanno ucciso civili
a sangue freddo, sostenendo come al solito di averlo fatto per legittima difesa.
Le indagini del Pchr hanno confermato che Israele “ha fatto uso di forza eccessiva e
sproporzionata contro i civili palestinesi, ai quali è riconosciuta la protezione
della legge internazionale” - che Israele non riconosce, al pari dei principi di
distinzione e di proporzionalità della punizione.
I civili palestinesi non ponevano minacce, eppure sono stati uccisi dai
bombardamenti delle loro case, o di altri edifici, delle fabbriche o dei veicoli.
Alcuni sono stati giustiziati senza processi, altri quando le loro comunità sono
state invase – in tutti i casi, si tratta di crimini di guerra, e contro l'umanità.
Per tutto il 2009, Israele ha rinforzato la chiusura della Cisgiordania e
imprigionato Gaza con il suo assedio, negandole quantità sufficienti di cibo,
medicine, carburante, elettricità e altri beni comuni essenziali – esasperando una
crisi umanitaria in fase di peggioramento, soffocando un milione e mezzo di persone
e paralizzando l'economia.
“I membri della comunità internazionale, specialmente le Alte parti contraenti
[della quarta Convenzione di Ginevra] hanno vergognosamente fallito
nell'intraprendere le azioni necessarie per garantire” che questo abbia fine e che
Israele sia ritenuta responsabile. Al contrario, esse sono complici dei suoi crimini
peggiori, e condividono la sua colpa, soprattutto gli Stati Uniti, il suo contabile
/partner commerciale.
Le forze israeliane impediscono inoltre ai civili di ricevere cure mediche o altri
servizi di emergenza, di studiare o semplicemente di trasferirisi in Israele o in
altri paesi. I palestinesi sono tenuti prigionieri nelle proprie terre nel proprio
paese da un occupante ostile, che si trova lì illegalmente.
Nel 2009 la crisi umanitaria è peggiorata, per i seguenti fattori:
un tasso di disoccupazione del 40%, che a Gaza raggiunge il 55%; nella città
assediata, in particolare, l'80% (1,2 milioni) degli abitanti è al di sotto della
soglia di povertà;
a partire dal settembre 2000, le entrate sono calate costantemente, diminuendo del
45% alla fine del 2009;
la produzione nazionale è scesa nettamente in tutti i settori, soprattutto a Gaza.
Altri problemi
Nel dicembre 2009 almeno 9.381 palestinesi si trovavano in carcere, tra cui 310
minori e 34 donne, la maggior parte in territorio israeliano – una chiara violazione
dell'articolo 76 della quarta Convenzione, che recita:
“Le persone protette imputate saranno detenute nel paese occupato e, se sono
condannate, dovranno scontarvi la loro pena.”
Allo stesso modo si deve concedere loro cibo, igiene, assistenza medica ed altre
condizioni essenziali. Oltre a questo, i minorenni devono ricevere trattamenti
speciali, e le donne vanno confinate in aree separate sotto la supervisione di altre
donne. Israele, invece, piazza degli uomini a guardia delle celle femminili, e
tratta i bambini come gli adulti, oltre a infrangere altre norme internazionali
sulla custodia dei detenuti.
Gli abusi israeliani includono anche gli assalti regolari, le incursioni e gli
arresti che seguono alle perquisizioni delle abitazioni, in particolare nei villaggi
della Cisgiordania e nei campi profughi, oltre agli arresti che avvengono ai
checkpoint, ai posti di blocco e durante le manifestazioni.
Durante il 2009, le forze di sicurezza hanno arrestato circa 5.000 palestinesi, di
cui 1.000 a Gaza, la maggior parte civili (uomini, donne e bambini), e includendo
anche rappresentanti eletti dal popolo, imprigionati perché appartengono ai partiti
sbagliati e perché vogliono una Palestina libera.
Alla fine dell'anno passato, 26 membri del Consiglio legislativo palestinese (Clp)
erano ancora chiusi in carcere, la maggior parte appartenenti al blocco Cambiamento
e riforma, affiliato a Hamas. Tra di loro vi era in precedenza il presidente del Clp
Aziz ad-Dwayk, ora rilasciato. In cella vengono gettati anche gli attivisti civili,
colpevoli di difendere i diritti umani, trattati aspramente al pari di altri, e
molti di loro torturati al pari di altri. Alcuni vengono tenuti in isolamento per
lunghi periodi.
Le testimonianze confermano le terribili storie dalle prigioni, tra cui le torture
fisiche e psicologiche, le esposizioni a condizioni di calore o di freddo estremi,
le privazioni di cibo e sonno, i pestaggi, le pressioni fatte per collaborare in
cambio del rilascio (in alcuni casi, sotto minaccia di nuocere ai familiari) e le
confessioni forzate in ebraico – non in arabo – per crimini che non sono stati
commessi.
Durante l'operazione Piombo fuso, Israele “ha distrutto spesso e volentieri le
proprietà dei civili palestinesi, tra cui le case, le terre agricole e le strutture
sanitarie, scolastiche, religiose ed economiche”. Di conseguenza, circa 450.000
palestinesi hanno sgombrato le loro case per trasferirsi in luoghi più sicuri,
“inducendo molti a ricordare le scene di migrazioni di massa forzate” del 1948.
Il bollettino della guerra è devastante sotto ogni standard:
2.116 case sono andate completamente distrutte, per un totale di 2.881 unità
residenziali, che ospitavano 3.253 famiglie e 18.750 individui;
altre 3.277 case (4.925 unità residenziali, con 5.483 famiglie e 32.703 individui)
sono state rese inabitabili dalla gravità dei danni subiti;
altre 16.000 sono state parzialmente danneggiate;
in totale, 51.453 civili hanno perso le loro case in seguito ai bombardamenti;
in Cisgiordania, Israele ha demolito 134 case, comprese 83 a Gerusalemme est; altri
23 civili palestinesi sono stati costretti a distruggere le proprie abitazioni e
pagare il costo delle demolizioni.
Oggi, sotto il governo estremista di Netanyahu, la situazione è peggiore che mai.
Oltre alla repressione quotidiana, le costruzioni proseguono: il comune di
Gerusalemme e i ministeri israeliani hanno lanciato progetti per 3.400 nuove unità
residenziali su terra palestinese occupata, ordinando l'abbattimento delle case e la
confisca di migliaia di donum di terre.
In complicità con le forze di sicurezza israeliane, i giudici legittimano le
politiche di occupazione: ne offre un esempio l'Alta corte israeliana, che rigetta
le petizioni palestinesi contro l'espropriazione delle loro terre per la costruzione
delle colonie e del Muro di separazione. Raramente la corte delibera che
quest'ultimo dev'essere deviato. Ad ogni modo, è difficile che la sentenza venga
eseguita.
Le costruzioni abusive israeliane hanno rappresentato nuovi ostacoli, negando agli
agricoltori l'accesso alle loro terre al di là del Muro, a meno di non possedere gli
appositi permessi. Per averli, occorre però essere proprietari registrati, cosa
quasi impossibile a causa di complicazioni burocratiche (le proprietà erano state
registrate sotto il nome di persone ora decedute, i registri non sono stati
aggiornati e alcuni eredi non vivono in Cisgiordania).
Altre avversità affrontate dai palestinesi:
nuove restrizioni ai movimenti per tutti i palestinesi che vivono vicino al
tracciato del Muro;
minor accesso alle cure mediche, all'istruzione e ai propri familiari, più
limitazione degli orari nei quali si possono attraversare i cancelli del Muro, “che
funziona sotto un rigido sistema di sicurezza”, chiudendo spesso senza motivo
apparente, e difficile da oltrepassare persino quando è aperto.
Non-ebrei perseguitati
Per i palestinesi, il sistema legale d'Israele è un incubo, e la possibilità che le
indagini siano imparziali inesistente. Ciò di cui hanno bisogno è che gli autori dei
crimini siano puniti, che le vittime siano risarcite e che la giustizia non guardi
le diverse etnie o religioni.
Sotto l'occupazione militare, e nei confronti degli arabi israeliani, il sistema è
invece fondamentalmente difettoso e ingiusto, e funziona sotto leggi che
garantiscono la giustizia ai soli ebrei. Di conseguenza, il Pchr e altre
organizzazioni umanitarie sono favorevoli ai rimedi della giurisdizione universale,
un principio legale che dà alle corti di altri paesi la facoltà d'imputare,
perseguire e condannare persone colpevoli di crimini internazionali, dovunque siano
stati commessi.
Ciononostante, intentare cause alle autorità israeliane è scoraggiante, e nessuna è
mai stata vinta, dal momento che la politica e le alleanze tra nazioni prendono il
posto della legge – a spese dei diritti delle vittime.
La Commissione investigativa dell'Onu ha condotto indagini estese sulla guerra di
Gaza e sugli attacchi in Cisgiordania e a Gerusalemme est, confermando le enormi
infrazioni della legge internazionale – crimini di guerra e contro l'umanità.
Ma anche in questo caso, “sforzi insistenti sono stati fatti per minare” i rapporti
del Consiglio dell'Onu per i Diritti umani, dell'Assemblea generale e del Consiglio
di sicurezza: ancora una volta, diritti negati ai palestinesi.
Ne è risultata, il 16 ottobre 2009 – sotto l'incalzare della leadership palestinese
– la Risoluzione del Consiglio per i Diritti umani (alla sua XII Sessione speciale),
che condannava in particolare Israele per la continua annessione di terreni a
Gerusalemme est, e sottoscriveva le conclusioni e le raccomandazioni della
Commissione – un primo passo verso la giustizia, finora mai ottenuta.
Gli abusi d'Israele proseguono. Un sottomesso Mahmud Abbas emana decreti
presidenziali senza presentarli al Clp o coinvolgere il legittimo governo di Hamas.
Pur essendo stato rilasciato nel giugno 2009, al presidente del Clp Aziz ad-Dwayk
viene persino impedito (da un decreto presidenziale) di entrare nel suo ufficio di
Ramallah, atto illegittimo da parte di un presidente-dittatore.
Le divisioni tra Gaza e Cisgiordania sono insostenibili e risultano dall'ostilità
d'Israele nei confronti di Hamas, che viene chiamata illegittimamente
“organizzazione terroristica”. Abbas rimane lo strumento servile dello stato
israeliano, obbedisce agli ordini e viene ricompensato con visite alla Casa Bianca e
foto ricordo: in cambio, tradisce il suo popolo, rimanendo tra l'altro al suo posto
di presidente senza convocare gli elettori alle urne, anche se il suo mandato è
scaduto da tempo.
La vita in Palestina occupata rimane grigia, oppressa dalla brutalità israeliana,
che da 62 anni crea enormi difficoltà a milioni di palestinesi: di questi 62, 43
hanno inoltre visto Israele occupare i Territori in maniera illegittima,
ingiustificabile e inconcepibile per uno stato “civilizzato”, e governato in realtà
da hooligan, criminali di guerra, sostenitori della forza bruta sul diritto. Una
situazione che gli attivisti non possono più sopportare, e che nessuna persona di
coscienza dovrebbe ammettere.
Stephen Lendman vive a Chicago e può essere contattato all'indirizzo
http://www.progressiveradionetwork.com/the-progressive-news-hour/.