Rassegna stampa ‘cultura e attualità’.

Rassegna stampa “cultura e attualità”.

A cura di Chiara Purgato.

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Inizia la “Gaza Cup”: Italia-Palestina oggi

C’é aria di mobilitazione nella tifoseria di Gaza nelle ore che precedono l’avvio della ‘Gaza World Cup’ che si aprirà in un noto stadio della Striscia con un confronto fra la Palestina e l’Italia. La ‘Gaza World Cup’ è stata concepita come una iniziativa volta ad offrire due settimane di calcio internazionale per il milione e mezzo di palestinesi che, per la complessa situazione politica della Striscia, non potranno recarsi a giugno in Sudafrica per assistere ai campionati mondiali.

Gli organizzatori hanno dunque raccolto l’adesione di 200 giocatori di calcio palestinesi e di altrettanti stranieri residenti nella Striscia, per lo più dilettanti.

Sono state così composte 16 squadre nazionali che si contenderanno il trofeo, che sarà assegnato il 15 maggio nello stadio al-Yarmuk (Gaza) davanti a decine di migliaia di spettatori. La manifestazione è stata organizzata dalla Federazione calcistica palestinese con la Undp, una agenzia delle Nazioni Unite. Fonti locali aggiungono che l’esecutivo di Hamas non è dirattemente coinvolto anche se il suo leader Ismail Haniyeh è stato in passato un apprezzato giocatore di calcio.

 

 

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Israele non si spaventi dell'arabo senza kefiah

 

 

Più di Mahmud Ahmadinejiad e delle sue ambizioni da dottor Stanamore. Più dei missili di Hezbollah e del massimalismo suicida di Hamas. Più di Arafat, delle sue fanfaronate e delle sanguinose operazioni suicide dei suoi uomini. Più di questo e di qualsiasi altra “minaccia esistenziale” presente e passata per lo stato ebraico, c'è una cosa di cui Israele ha davvero terrore: il palestinese moderato.
Ne sono così preoccupati gli israeliani da non avere mai ammesso pubblicamente né a loro stessi la possibilità che possa esistere questa categoria politica e umana. Giovedì scorso Emanuele Ottolenghi ha dedicato una riflessione all'ipotesi di una proclamazione unilaterale dello stato palestinese: ne ha sottolineato le minacce, le implicazioni sulla sicurezza d'Israele e ne ha previsto la sua dura risposta oltre a un'inevitabile guerra civile fra i palestinesi. Tutte ipotesi con una loro dignità. Ma non ha dedicato una sola riga per valutarne le eventuali opportunità. Possibile che l'esistenza di una Palestina moderata, dentro confini legittimi, sostenuta dalla comunità internazionale non possa offrire nulla di utile al processo di pace e al futuro dello stesso Israele?
Tuttavia né Ottolenghi né Moisés Naìm, che ha avviato questo dibattito sul Sole del 28 aprile analizzando i pro e i contro di un evento inopinato ma atteso da oltre 60 anni, si devono preoccupare. I palestinesi non hanno alcuna intenzione di proclamare unilateralmente uno stato, di stupire amici né nemici. Salam Fayyad, il primo ministro moderato, lo ha detto ripetutamente anche a questo giornale. Quello che l'Autorità palestinese sta facendo in Cisgiordania è creare le istituzioni, gli strumenti di governo e soprattutto una mentalità nuova fra i palestinesi: il giorno in cui si materializzeranno le condizioni politiche, e solo quel giorno, tutto sarà pronto per funzionare. Non è né più né meno quello che fecero gli ebrei. Il 15 maggio 1948, il giorno in cui la Yishuv si trasformò in Medinat Israel, quando la comunità degli immigrati si fece stato, una banca centrale, una polizia, l'esercito, i tribunali, le scuole, il sindacato e l'associazione degli imprenditori pubblici e privati già funzionavano da anni.
La proclamazione unilaterale della Palestina che nemmeno Hamas minaccia nel suo ridotto di Gaza, potrebbe essere usata solo come gesto disperato: nella totale mancanza di alternative politiche e negoziali, nella constatazione che mentre a Ramallah si costruisce, i coloni israeliani continuano a rubare ancora più terra ai palestinesi, che un governo sempre più ultra nazionalista e religioso vanifichi ogni negoziato. Ma questo dipende da Israele, non da Fayyad.
Invece i palestinesi sono i soliti estremisti, i “terroristi” di sempre. Le loro responsabilità storiche sono evidenti, le opportunità perdute laceranti, le brutalità note. Ma è ingiusto definire «qualche appartamento» e «un caseggiato gerosolimitano» la sistematica annessione di territori, l'insieme di leggi e di regolamenti che da decenni spogliano i palestinesi dei loro beni materiali e dei loro diritti civili. Significa riconoscere che questo conflitto senza fine è una tragedia solo per Israele e non anche per i suoi avversari. Una volta di più è “miope” Fayyad, lo sono gli americani, gli europei, i russi, i cinesi, l'Onu.
Stabilito con grande generosità cosa è una «minaccia esistenziale» per il futuro dello stato ebraico, il palestinese violento e ottuso non può che essere rassicurante. Kefiah, kalashnikov e bombe a mano, come al solito. Tutti sanno in Israele come reagire al nemico conosciuto. È al nuovo palestinese che sta cercando di creare Fayyad che non c'è risposta: come fai a negare a un palestinese i suoi diritti quando inaspettatamente quel palestinese riconosce i tuoi? È evidente che Salam Fayyad potrebbe fallire. Ma aiutarlo a farcela potrebbe scoprirsi più utile che finire di costruire il muro. È ancora più evidente che il nucleare iraniano sia una indiscussa «minaccia esistenziale»: contenerla non è in contraddizione con l'ammettere il diritto storico dei palestinesi. Al contrario, la risoluzione di questo antico problema nazionale potrebbe essere un aiuto decisivo per chiudere Ahmadinejiad nel suo minaccioso ma ancora circoscrivibile delirio.

 

 

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A Modena a Maggio 10 eventi per la Pace

Dai dibattiti con il giurista Fausto Gianelli all’incontro tra Moni Ovadia e gli studenti modenesi; dalla serata di riflessione sulla realtà palestinese fino all’Amazzonia violentata dalle compagnie petrolifere, passando attraverso mostre fotografiche, documentari e gli oltre 380 chilometri in bici della “Paciclica” Modena-Perugia. 

Sono una decina gli appuntamenti, organizzati nel mese di maggio dall’assessorato alla Cooperazione internazionale e alla pace assieme al Tavolo della Pace del Comune di Modena. Dieci tappe che a partire dal sabato primo maggio condurranno, attraverso incontri, film, musica, gastronomia e sport, alla Marcia per la pace Perugia-Assisi del 16.

“Il programma – spiega l’assessore alla Cooperazione internazionale e alla pace, Fabio Poggi – coniuga il tema della pace con quello dei diritti umani, perché non esiste pace senza il rispetto delle libertà individuali ed è anche il primo banco di prova del Tavolo della pace del Comune di Modena. Il Tavolo, che si è recentemente costituito su iniziativa dell’assessorato – conclude Poggi – nasce per coordinare le associazioni modenesi impegnate sul tema della pace e del rispetto dei diritti umani; sono una ventina quelle che hanno già aderito”.

“Verso la marcia per la pace” è il titolo del programma che prende il via sabato primo maggio al parco XXII aprile con “Lavoriamo per la pace”, una giornata organizzata da Gavci in collaborazione con il comitato “Vivi il parco”. Dalle 14.30 alle 19.30 sono previsti musica e balli, giochi per bambini e iniziative di solidarietà. Durante il pomeriggio saranno letti articoli della Costituzione italiana e della Carta internazionale dei diritti dell’uomo; si svolgeranno la staffetta per la pace e una raccolta di firme per il sostegno della campagna per l’acqua pubblica.

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Venerdì 7 alle 11, nella struttura di viale Molza, Moni Ovadia incontrerà gli studenti delle classi quarta e quinta dei licei e degli istituti superiori di Modena.

Martedì 11, nella stessa sede, la serata è con “Palestina: serata di riflessione e solidarietà per conoscere con immagini parole e sapori e parole la quotidianità di un popolo dai diritti violati”. Alle 20 inaugura, alla presenza dell’autore Aldo Soligno, la mostra fotografica “Calati nel Piombo Fuso”.

Dopo l’aperitivo in stile palestinese sarà proiettato, alle 21, il video di “Le conchiglie di Berlanty”, girato nella Striscia di Gaza. Alla proiezione sarà presente anche l’autrice Anna Maria Selini. Seguiranno gli interventi di Antonella Picchio, docente di Storia del pensiero economico dell’Università di Modena e reggio Emilia, sulle “Vite occupate delle donne e degli uomini palestinesi” e di Fausto Gianelli su “Bambini in prigione: la condizione dei detenuti minorenni palestinesi nelle carceri israeliane”.

Mercoledì 12, alle 9.30 da Piazza Grande, parte la “Paciclica”, la biciclettata da Modena a Perugia organizzata da Fiab. Alla partenza saranno presenti il sindaco di Modena Giorgio Pighi, la presidente del Consiglio comunale Caterina Liotti, l’assessore Fabio Poggi.

Domenica 16 maggio l’appuntamento è a Perugia per partecipare alla Marcia per la Pace. Da Modena partiranno diversi pullman; le iscrizioni si raccolgono, entro il 13 maggio, ad Arci Modena (tel. 059 2924701, modena@arci.it).

Gli appuntamenti continuano alla Tenda con due serate a cura dell’associazione Overseas. Il 20 maggio, alle 21.30, sarà proiettato il documentario “Estraneo a casa mia, Gerusalemme”, che il regista Sahera Dirbas ha girato in occasione dei 40 anni dalla Guerra dei Sei Giorni. Il 27 maggio sarà la volta di “Mitumba, the second-hand road” in cui Raffaele Brunetti ripercorre la via del commercio degli abiti usati seguendo il viaggio di una maglietta dal nord al sud del mondo.

 

 

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I° Maggio. Pensierino del giorno…

Oggi I° Maggio… Non muoiono i bambini di fame ogni 3 minuti al mondo, non esplodono bombe intelligenti, la palestina e' uno stato, il nucleare non esiste, il golfo del messico splende in tutta la sua bellezza e la terra non trema. Bandiere al vento, tutti in piazza S. Giovanni, e' il I° Maggio, festa dei lavoratori.

Vi invidio… Voi che il I° Maggio riuscite ad organizzarvi per il concerto a roma, seppellire per un giorno – a suon di musica originata da menti e suonata da mani borghesi-milionarie , false , condite di un’ipocrisia spudorata – i problemi sociali, economici, le catastrofi naturali, il mondo e i suoi padroni con le loro guerre che sponsorizzano e permettono la nostra liberta' limitata. 

Perche' non si tratta piu' di appropriarsi di un giorno per festeggiare i lavoratori (che peraltro si stanno estinguendo), si tratta di anestetizzare la mente, oggi con questa scusa, domani con un’altra. 

Il mondo sta per esplodere e noi si festeggia, santi, madonne e vari. 

Solo il fatto che ad organizzare sia la triplice alleanza, colpevole in primis delle sconfitte della classe operaia, insieme ad uno stato borghese e capitalista che ormai e parte integrante della crisi economica mondiale. Sarebbe motivo, questo, per marciare in lotta contro, tutt’al piu' cantando “o bella ciao”, invece di rincorrere chiunque possa darvi un po' di anestetico, siano attori, cantanti, leaders politici, chiunque. 

Ebbene vi invidio, perche' odio l'anestetico, soprattutto chi cerca di propinarmelo. Fingo per non offendere, per rispetto, con tutte le persone a cui voglio bene, amici, parenti, ma non condivido. Non m'importa passare per un individuo strano o asociale , cio' che m'importa e' sapere, conoscere, guardare in faccia la vita e con essa la natura, il mondo, la gente, i confini tra l'essere o il non essere, perche' questo e' cio' che voglio, essere. 

L'intelligenza dell'individuo si e' riusciti a manovrarla attraverso l'appiattimento dei sentimenti, generando egoismo e con esso l'illusione dell'opulenza generalizzata, salvo poi rendersi conto che era una pura illusione gratuita dove tutti hanno cercato di allungare le mani. Ora la storia fara' il suo corso, ed io voglio esserne parte attiva. 

Oggi I° Maggio… Non muoiono i bambini di fame ogni 3 minuti al mondo, non esplodono bombe intelligenti, la palestina e' uno stato, il nucleare non esiste, il golfo del messico splende in tutta la sua bellezza e la terra non trema. Bandiere al vento, tutti in piazza S. Giovanni, e' il il I° Maggioo, festa dei lavoratori. 

 

 

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L'Egitto complice di Hamas nel blocco di Gaza

RAMALLAH, 30 aprile 2010 (IPS) – Un convoglio carico di aiuti umanitari, accompagnato da centinaia di giornalisti, attivisti per i diritti umani e parlamentari europei, sfiderà il blocco navale imposto da Israele nella Striscia di Gaza a fine maggio. 

Il movimento per la liberazione di Gaza “Freedom Flotilla” vedrà arrivare tre navi da carico e cinque imbarcazioni passeggeri con circa 600 persone a bordo, decise a consegnare centinaia di tonnellate di aiuti umanitari a un milione e mezzo di civili sotto assedio a Gaza. 

L'iniziativa si propone di anche di attirare l’attenzione internazionale sul blocco invalicabile imposto da Israele su Gaza che penalizza l’intera costa.

Comunque, sebbene le critiche cadranno unicamente su Israele, l’assedio non avrebbe avuto seguito senza il sostegno delle autorità internazionali, regionali e persino un qualche supporto da parte palestinese.

L’intesa con l’Egitto, paese musulmano e arabo, e la tacita approvazione da parte di altri governi della regione sono un forte stimolo all’esplosione del sentimento di rabbia collettiva fra gli arabi. 

“Senza il sostegno coordinato di attori regionali e internazionali, l’assedio di Gaza sarebbe già fallito”, ha detto all’IPS il viceministro degli Esteri di Hamas Ahmed Yousef. 

Oltre un milione di abitanti vive oggi in uno stato di povertà estrema, disoccupazione, malnutrizione e miseria, in una delle aree più densamente popolate al mondo. 

La Striscia di Gaza, lunga 45 km ed estesa dai 5 ai 12, è stata descritta come la più grande prigione a cielo aperto del mondo. 

Durante I’attacco militare di Israele sul territorio, l“Operazione Piombo Fuso”, avvenuto tra dicembre 2008 e gennaio 2009, i civili non sapevano dove dirigersi nè dove nascondersi, in questa striscia di terra chiusa ermeticamente, quando l’aviazione israeliana eseguiva improvvisi e indiscriminati raid aerei sulle abitazioni.

Pur essendosi ritirato da Gaza nel 2005, Israele continua a controllare i confini dello spazio aereo, le coste, l’anagrafe, le tasse, le grandi zone cuscinetto lungo il confine, e gran parte delle importazioni ed esportazioni di rifornimenti di energia elettrica e acqua. 

Le autorità egiziane controllano l'ingresso alla città di Rafah, a sud della Striscia e al confine con l’Egitto. Si tratta prevalentemente di un punto di transito di civili, anche se occasionalmente è stato consentito anche il passaggio di merci. 

Ma tutti gli altri punti di attraversamento della striscia sono controllati dagli israeliani. Questi passaggi sono progettati proprio per permettere il passaggio di merci e di prodotti a Gaza. 

Nel 2005 è stato firmato un accordo tra Israele, Egitto e l’Autorità Palestinese (AP). 

L'accordo ha definito il controllo del confine di Rafah da parte di funzionari palestinesi, osservatori dell’Unione europea e agenti di sicurezza – tutti dotati da Israele di apparecchiature di sorveglianza e macchine fotografiche. 

Nel gennaio 2006, quando Hamas ha vinto le elezioni libere e democratiche, Israele ha iniziato a rafforzare il suo controllo sulla costa di Gaza. 

A seguito del colpo di stato militare avvenuto nel giugno 2007 da Hamas, Israele ha imposto un blocco totale con la collaborazione delle autorità egiziane. 

Anche se Hamas ora ha il controllo di Gaza, gli abitanti non possono lasciare i territori, a meno che non venga concesso loro dalle autorità egiziane, che a loro volta consultano l’Autorità Palestinese e gli israeliani, su chi può o non può andarsene. 

L'Egitto ha acconsentito all'ingresso di quantità limitate di aiuti umanitari ma ha impedito l’accesso a Gaza a convogli di grandi dimensioni, nonché agli attivisti che accompagnano i convogli stessi.

Sempre il governo egiziano sta distruggendo molti dei tunnel segreti che collegano Gaza con il Sinai e attraverso cui passano in contrabbando armi e beni di prima necessità. 

Gli egiziani di recente hanno avviato la costruzione di una parete d’acciaio sotterranea a prova di bomba, lunga 14 km e fornita della più avanzata tecnologia di sorveglianza americana per prevenire la costruzione di tunnel destinati allo scambio di merci. 

Samir Awad, della Birzeit University vicino a Ramallah, afferma che gli egiziani, in quanto destinatari di ingentissimi aiuti statunitensi, ricevono enormi pressioni dagli Stati Uniti per collaborare con il blocco. 

“Se l’Egitto non si adegua alle richieste provenienti da Washington per quanto riguarda la politica estera nella regione, potrebbe anche perdere gli aiuti americani”, dice Awad. “Ma le autorità egiziane hanno anche interesse a mantenere la regione politicamente stabile fino a quando il figlio del Presidente egiziano Hosni Mubarak prenderà il suo posto. 

“Credono di fare pressione su Hamas perché sottoscriva un accordo per la riconciliazione con l’Autorità Palestinese, fondamentale per stabilizzare l'area”, ha detto Awad all'IPS. 

Gli egiziani temono che il successo di un regime islamico come quello di Hamas proprio vicino al confine favorisca il sostegno alla fazione egiziana dei Fratelli Musulmani, un gruppo d’opposizione che rappresenta una grave minaccia politica per il regime del presidente Mubarak. 

La popolarità presso la popolazione non è mai stata un problema per i regimi dittatoriali del Medio Oriente, dove democrazia e diritti umani non sono la priorità. E Mubarak ha perso consensi già molto tempo fa. 

Al contrario, l’Egitto ha continuato a contare sugli aiuti economici e militari dell'Occidente, in particolare degli USA, e sul sostegno politico dell’elite locale che trae beneficio dal reciproco clientelismo. 

Attraverso il controllo dei media nazionali, le autorità egiziane sono riuscite, in buona misura, a convincere l’opinione pubblica che la colpa dell'assedio di Gaza sia esclusivamente di Hamas e di Israele. 

Il Professor Moshe Ma’oz della Hebrew University di Gerusalemme ritiene che lo strapotere americano sia un problema relativo. 

“Gli egiziani hanno un loro programma e ciò che stanno facendo è conciliare i loro interessi con quelli degli israeliani:” spiega Ma’Oz all'IPS. 

Yousef ritiene che l’AP sia complice della situazione: “La AP potrebbe dichiarare pubblicamente che è contro la sofferenza collettiva dei civili che si trovano sotto assedio a Gaza, ma in realtà vuole trarre vantaggio politico dalla situazione, perché spera che il nostro ruolo risulti compromesso e ciò andrebbe a loro favore”, ha detto all'IPS. 

I critici potrebbero sostenere inoltre che Hamas abbia delle responsabilità dal momento che non è abbastanza flessibile nel raggiungere un accordo con la AP, oltre a non essere disposta a negoziare con Israele. 

“In ogni caso, non vi sarà alcun progresso sulla revoca dell'assedio a Gaza fino a quando le due fazioni palestinesi non si accorderanno per agire insieme e superare le differenze. Questo è il primo passo fondamentale” ha dichiarato Ma’oz.

 

 

 

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