Reali sauditi coinvolti in grossi scandali nel Regno Unito

PressTv. Negli ultimi anni, nonostante gli sforzi del regime saudita per non far trapelare nulla e i tentativi del governo britannico di minimizzare tutto per il bene dei petrodollari, sono state fatte delle rivelazioni riguardanti il coinvolgimento di membri della famiglia reale Al Saud in scandali (dall’omicidio alla corruzione) accaduti nel Regno Unito.

Nell’ottobre 2010, un tribunale britannico condannò un principe saudita al massimo della pena, il carcere a vita, per aver ucciso il proprio domestico.

Il principe Saud Abdulaziz bin Nasser, uno dei nipoti del re dell’Arabia Saudita Abdullah bin Abdulaziz, era stato imprigionato per aver ucciso Bandar Abdullah Abdulaziz (assassinato in un albergo a Marylebone, Londra, il 15 febbraio 2010) dopo averlo sottoposto a una “sadica” campagna di violenza e abuso sessuale.

Nel marzo 2013, tuttavia, il ministro della Giustizia britannico ha confermato che il principe, 36 anni, è tornato in Arabia Saudita, dopo che gli è stato concesso il trasferimento in una prigione della propria patria.

Nel giugno 2010, il ministro degli Esteri britannico William Hague rese pubblici anche dettagli di crimini di cui erano stati accusati membri del personale diplomatico, riferendo che alcuni funzionari dell’ambasciata dell’Arabia Saudita erano sospettati di traffico di esseri umani e violenze sessuali.

Per di più, nel luglio 2011, un rapporto mostrava che il numero di diplomatici stranieri e del personale delle ambasciate a Londra arrestati per dei crimini è in crescita, con l’ambasciata dell’Arabia Saudita in cima alla lista.

Secondo i dati rilasciati dalla Polizia Metropolitana, l’ambasciata dell’Arabia Saudita detiene il più alto numero di trasgressori, con quattro membri del personale diplomatico trovati alla guida in stato di ebbrezza e un altro sorpreso a rubare nei negozi.

Nel frattempo, nel luglio 2012, la principessa saudita Sara bint Talal bin Abdulaziz richiese asilo politico al Regno Unito perché temeva per la propria sicurezza in patria.

La principessa andò in Gran Bretagna nel 2007, dopo un litigio con il padre ottantenne, il principe Talal bin Abdulaziz al Saud.

La richiesta di asilo politico, inoltrata poche settimane dopo la morte dello zio e suo principale sostenitore, il principe ereditario Nayef bin Abdulaziz, rivale di suo padre, ha offerto un mezzo per osservare le tensioni all’interno della famiglia reale saudita.

Nell’agosto 2012, l’Ufficio Frodi Gravi (SFO) del Regno Unito ha aperto un’indagine in base alle accuse che una società della difesa britannica aveva depositato milioni di sterline in un conto bancario in Svizzera appartenente a uno dei membri della famiglia reale saudita.

Fu riferito che il deposito era stato fatto per assicurare che il ministro della Difesa britannico assegnasse un contratto da due milioni di sterline alla GPT, sussidiaria britannica della European Aeronautic Defence and Space (EADS).

Le accuse di corruzione erano state avanzate da Ian Foxley, ex dipendente della GPT Special Project Management, che aveva dichiarato di essere stato licenziato dopo aver raccontato all’Ufficio Frodi Gravi (SFO) che a dei funzionari sauditi erano stati donati gioielli, macchine di lusso e valigie piene di contanti.

Nel 2004, la BBC rivelò che dei fondi neri segreti erano stati usati dal principale costruttore di armi del Regno Unito, BAE Systems, per ungere gli ingranaggi del più grande accordo per lo scambio di armi nella storia britannica.

Si è scoperto che il principe Turki bin Nasser, l’intermediario saudita dell’affare Al-Yamamah, è stato il principale beneficiario di 60 milioni di sterline di fondi neri pagati attraverso la Traveller’s World, un’agenzia di viaggi del West End.

L’Ufficio Frodi Gravi (SFO) ha dato inizio a un’indagine in base alle accuse di corruzione relative alla BAE e ai reali sauditi. Ma il governo del Regno Unito ha fermato l’indagine, temendo che potesse danneggiare i redditizi contratti per lo scambio di armi con l’Arabia Saudita.

L’allora primo ministro britannico Tony Blair nel dicembre 2006 disse che l’indagine per frode veniva sospesa perché stava mettendo a rischio la cooperazione diplomatica tra Riyadh e Londra.

Nel 1985, il governo britannico e quello saudita intavolarono i negoziati su una serie di contratti senza prececenti per lo scambio di armi, noti come “Al-Yamamah”. Tuttavia, furono sollevate accuse sul fatto che la BAE Systems avesse pagato delle mazzette per un totale di 6 miliardi ai reali sauditi per assicurarsi l’accordo per lo scambio di armi.

Nei negoziati per l’accordo giocò un ruolo chiave anche il ministro della Difesa saudita, il principe Bandar figlio del principe Sultan. Secondo i rapporti, l’accordo ha portato più di 30 milioni di dollari (15 milioni di sterline) nel conto in banca di Bandar presso la Riggs Bank a Washington.

Nel marzo 2013, le carte del tribunale hanno dimostrato che il principe Mishal bin Abdulaziz Al Saud, ex ministro della Difesa, e suo figlio il principe Abdulaziz bin Mishal, erano coinvolti in un processo di una società con sede a Londra che avrebbe agevolato il riciclaggio di denaro.

Secondo le accuse contestate nelle carte del tribunale ottenute dal Guardian e dal Financial Times, un fratello e un nipote del re dell’Arabia Saudita Abdullah bin Abdulaziz sono immischiati in una controversia con un uomo d’affari giordano, Faisal Almhairat, per la compagnia di telecomunicazioni FI Call Ltd, registrata a Londra, che possedevano congiuntamente.

Traduzione a cura di Roberta Toppetta