Salone del Libro: Palestina, special guest a Torino

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La ricca produzione culturale della Palestina, dalla letteratura al teatro e al cinema, è strettamente connessa alla tragedia di un popolo cacciato dalla sua stessa terra, costretto a scegliere tra l'occupazione e l'esilio, privo di uno Stato in cui riconoscersi. Racconta gli espropri da parte dei coloni, l'esodo forzato di migliaia di famiglie, le guerre, la nascita dei fronti di liberazione armata, il fallimento degli accordi di pace, le Intifada, l'ascesa del fanatismo religioso e il proliferare dei kamikaze, la costruzione del muro.

Una letteratura che nasce come risposta a difficoltà e speranze, come monito a resistere all'occupazione, ma anche come denuncia degli aspetti più critici della società palestinese. Per Isabella Camera d'Afflitto, docente all'Orientale di Napoli, la nostra maggiore studiosa di quella cultura, si tratta non tanto di «letteratura della resistenza», quanto piuttosto di «letteratura come resistenza»: alla violenza del nemico, ad ogni tipo di dogmatismo e di distorsione ideologica.

Dunque una letteratura militante, sempre sulle barricate, fatta per essere detta e vissuta pubblicamente, in cui rientrano anche le rivendicazioni femministe di autrici che godono di ampia notorietà internazionale come Sahar Khalifa e Suad Amiry, di professione architetto (Sharon e mia suocera, Premio Viareggio 2004; Murad Murad, 2009, asciutta cronaca della vita sotto l'occupazione, Feltrinelli).

La Amiry sarà al Lingotto insieme a quattro tra i poeti più significativi: Mourid Barghouti, Samih al-Qasim autore di sei raccolte dai versi brevi e brevissimi, alla Ungaretti, Salman Natour, che ha anche esperienze di teatro, e Ali Al Kalili, recentemente insignito del più prestigioso riconoscimento culturale del suo paese. Con loro e Mohammad Ali Taha, segretario dell'Associazione scrittori.

A Torino anche storici come Ilan Pappe e sociologi come Jamil Hilal, instancabili nel loro lavoro di documentazione e denuncia. Con loro Sari Nusseibeh, discendente di una delle più colte e illustri famiglie palestinesi, figura di grande spicco culturale e politico. La sua autobiografia (C'era una volta un paese, Il Saggiatore) è la storia di un uomo che non ha mai smesso di difendere le ragioni della pace, della democrazia e della tolleranza, alla ricerca di una soluzione non violenta al conflitto.

 

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