Siria, i ribelli rifiutano la coalizione di opposizione sostenuta dall’Occidente

RT. Scissione in Siria: i ribelli appoggiati dall’Occidente rifiutano la coalizione di opposizione sostenuta dall’Occidente.
I principali gruppi di ribelli siriani, compresi i membri dell’Esercito Siriano Libero appoggiato dall’Occidente, hanno rifiutato l’autorità della coalizione nazionale siriana basata in Turchia, un organismo che l’Occidente e alcuni Paesi arabi speravano avrebbe costituito un governo in esilio.

Questo mese la coalizione ha eletto Ahmad Tumeh, autodefinitosi “islamista moderato”, come primo ministro del suo governo, ma tredici dei principali gruppi di ribelli che combattono in Siria hanno dichiarato che né Tumeh né la coalizione li rappresenta.
La maggior parte dei ribelli che condannano la coalizione nazionale siriana sono islamisti radicali, come la nota organizzazione terroristica Fronte Al-Nusra. Tra di loro anche la 19esima divisione, un’aggiunta significativa ma relativamente nuova al dominante ESL, riporta AFP.
“Queste forze fanno appello a tutte le forze militari e civili affinché si uniscano per formare un’organizzazione di chiara matrice islamica basata sulla shari’a [legge islamica], che rappresenterebbe l’unica fonte della legge”, hanno affermato i firmatari.

La dichiarazione è stata pubblicata su diverse pagine di social media legate ai ribelli. È stata inoltre letta da un anziano in un video.
In precedenza, gli islamisti radicali e i combattenti più moderati si erano uniti in diverse occasioni per effettuare operazioni congiunte contro le forze del presidente siriano Bashar Assad.
Alcuni gruppi dell’Esl ricevono supporto “non letale” da Stati Uniti e altri Paesi occidentali. Washington afferma di essere in grado fornire armi, impegnandosi a controllare coloro che le ricevono, affinché le stesse non finiscano nelle mani degli islamisti radicali.
Nella giornata di martedì, un alto funzionario del Dipartimento di stato statunitense ha dichiarato che i ribelli radicali e moderati in Siria stanno ingaggiando una ferocissima lotta interna, in particolare nel territorio sotto il controllo dell’opposizione lungo i confini nord ed est della Siria. Il crescente conflitto tra i più abili islamisti e i moderati appoggiati dagli Stati Uniti ha compromesso la loro capacità di combattere contro l’esercito siriano.
“Quella tra i membri dell’Esercito siriano libero di Salim Idris e lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante è la battaglia più dura che abbiamo mai visto”, ha affermato il funzionario, che ha parlato con i giornalisti dopo l’incontro del segretario di stato statunitense John Kerry con Ahmad Jarba, presidente della Coalizione nazionale siriana. “È un duro lavoro”.

“Dico addirittura che gli estremisti stanno facendo il lavoro del governo al momento, punto che è stato sottolineato dall’opposizione durante l’incontro con il segretario”, ha affermato il funzionario a patto di restare anonimo.
Un recente studio della consulenza per la difesa IHS Jane’s afferma che più della metà dei ribelli siriani combattenti sono jihadisti, molti dei quali stranieri. Da diversi mesi a questa parte si sta riducendo l’influenza dell’opposizione armata moderata, in quanto essa non è riuscita a creare strutture di comando efficienti e ha perso terreno a favore delle forze radicali. Gli islamisti si fanno forti di un’esperienza di combattimento attivista accumulata su campi di battaglia fuori dal territorio siriano e sono considerati un’autorità morale più elevata.
L’accusa è arrivata pochi giorni dopo l’annuncio della Coalizione nazionale siriana dell’eventualità di partecipare alla conferenza di pace Ginevra 2, un evento internazionale che potrebbe diventare una soluzione politica pacifica al conflitto siriano. Prima di questa dichiarazione, tutti i gruppi di opposizione siriano avevano rifiutato di intavolare discussioni con il governo di Assad, una posizione che aveva portato gli organizzatori della conferenza a rimandarla numerose volte.
Sia i sostenitori occidentali dei ribelli siriani sia Paesi come Russia, Cina e Iran, che appoggiano il governo siriano, vedono la conferenza come l’evoluzione preferibile di questo conflitto armato che dura da due anni e mezzo e ha già causato oltre 100 000 vittime secondo la stima delle Nazioni Unite.

Traduzione di Laura Delia