Storie da Gaza: “Chi vorrebbe vivere in un posto come questo?”

clip_image003Gaza – Pchr. Da quando Israele ha inasprito il blocco della Striscia di Gaza, nel 2007, limitando rigidamente le importazioni di carburante e di materiali da costruzione, la riparazione e la manutenzione delle attrezzature dell’amministrazione dei rifiuti, necessarie a far fronte alle necessità degli abitanti di Gaza, sono diventate quasi impossibili. Le condizioni sanitarie peggiorano rapidamente, e, se non si affronta il problema a breve, presto la popolazione potrebbe subirne gravi conseguenze.

Salam Mohammed Abu Ghararah è un ex operaio edile che vive con sua moglie e i loro 7 figli nel nel villaggio beduino di Beit Lahia, nel nord della Striscia di Gaza. A un tiro di schioppo dal confine con Israele, l’area attorno al paese è cosparsa di numerose pozze di liquami di scarico.

clip_image005L’odore è forte, aggredisce i sensi, e nel calore estivo l’aria è pesante per il tanfo. Salam vive ad appena 600 metri da una di queste pozze. “Vorrei vendere la casa e andarmene. Anche mia moglie ne ha abbastanza. Prima del blocco lavoravo nell’edilizia, facevo il pendolare ogni giorno verso Israele e fisicamente ero in forma. Ora, vivendo nei pressi dei liquami, ho sviluppato difficoltà respiratorie, e non riesco a fare nulla senza perdere immediatamente il fiato. Di notte dormo a malapena, a causa della tosse continua. Non vivo più una vita normale”.

Il 7 marzo 2007 Salam e la sua famiglia hanno subito un tragico lutto. Una pozza di liquami, situata sulla sommità di una collina vicina, è esondata, travolgendo il villaggio, causando ampie distruzioni e uccidendo 5 persone. Tra queste, la figlia dodicenne di Salam, annegata nell’inondazione.

“Ero al lavoro”, racconta Salam. “Non lo sapevo, ma quel giorno mia figlia aveva deciso di non andare a scuola. Era mattino presto, molte persone stavano ancora dormendo. Appena seppi dell’accaduto corsi a casa, e venni a sapere che mia figlia era stata portata via dalla corrente ed era annegata. Un’altra mia figlia si è salvata aggrappandosi al ramo di un albero. La mia casa venne completamente distrutta, così come tutto ciò che vi si trovava dentro. Immaginate di tornare a casa e scoprire che vostra figlia è morta e che della vostra casa non rimane più niente”.

“Abbiamo educato i nostri figli a una corretta attenzione per l’igiene, li abbiamo mandati ai campi estivi di approfondimento sanitario, ma vivendo accanto ai liquami non c’è molto da fare. Nei giorni peggiori persino le persone di qui, abituate all’odore, soffrono di mal di testa. Le zanzare si raccolgono attorno agli stagni e diffondono malattie. Sto provando a vendere la mia casa, ma chi vorrebbe vivere in un posto come questo?”

Il dottor Mohammed Yaghi, in servizio presso la Società palestinese di soccorso medico, parla delle preoccupazioni che condivide con altri colleghi, relative al fatto di vivere nei pressi delle acque di scolo: “Le preoccupazioni sono molte. Vanno considerati sia gli effetti a breve che quelli a lungo termine. Intanto, l’umidità delle pozze è causa di inquinamento dell’aria. Poi, tale umidità crea un’ambiente favorevole alla proliferazione di insetti, che possono diffondere malattie tra le persone del posto. Le pozze raccolgono liquami da case, fabbriche e ospedali, che con il caldo evaporano causando malattie della pelle e asma. I bambini sono particolarmente sensibili a questi effetti”.

Il dottor Yaghi spiega che gli effetti a lungo termine sono altrettanto preoccupanti. Ci sono molti effetti collaterali, cancerogeni se l’esposizione è prolungata. Oltre ai gas velenosi e agli insetti, i liquami vengono assorbiti dal terreno, contaminando le riserve acquifere sotterranee. Essendo presenti resti fognari, l’azoto degli escrementi umani contamina le riserve idriche. Se ingerito, le conseguenze possono essere gravi, e può avere effetti anche sulle generazioni a venire in quanto le donne rischiano di partorire bambini con difetti cerebrali. Abbiamo poi osservato un aumento di casi di infertilità, sia in persone giovani che negli adulti. Le acque contaminate colpiscono uomini e donne di ogni età”.

Le attrezzature mediche nella Striscia di Gaza riescono a far fronte alle necessità a breve termine legate alla crisi dell’amministrazione dei rifiuti. Ma esse non riescono a far fronte alle radici del problema, la presenza di liquami a cielo aperto e la contaminazione dell’approvvigionamento idrico. L’acqua da tavola nella Striscia di Gaza è ulteriormente contaminata per il quotidiano riversamento di 90 mila metri cubi di liquami in mare (1).

Per affrontare la questione, l’Autorità palestinese ha istituito un nuovo comitato centrale per il trattamento delle acque di scolo, di base a Jabalia est. Un progetto di trattamento dell’acqua supportato dall’Unione Europea, che avrebbe dovuto vedere la luce nel 2008 nella zona settentrionale vicino all’area-cuscinetto, è stato continuamente rimandato per le frequenti incursioni delle forze israeliane. Nonostante un accordo tra l’Unione Europea e Israele, che s’impegnava a garantire l’accesso degli operai nell’area, agli operai l’accesso è sempre stato vietato. Il partner esecutivo, responsabile del progetto, prevede di iniziare la costruzione entro 6 mesi, ma ciò dipenderà dalle azioni nell’area delle forze israeliane.

Israele, in quanto potenza occupante della Striscia di Gaza, è obbligato dal diritto umanitario internazionale ad assicurare e a mantenere la salute e l’igiene pubblica, con la collaborazione di autorità nazionali e locali (articolo 56 della Quarta convenzione di Ginevra relativa alla protezione dei civili in tempo di guerra). Inoltre, il Comitato sui diritti economici, sociali e culturali (Cescr) ha affermato che Israele ha il dovere, in base all’articolo 12 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, di riconoscere a ognuno il diritto di poter godere dei più alti standard di salute fisica e mentale, ed è obbligato a rispettare e a proteggere tale diritto migliorando tutti gli aspetti di igiene ambientale e industriale, nonché prevenendo, trattando e controllando le malattie epidemiche, endemiche, professionali e di altro tipo.

Secondo il Cescr (Commento generale n.15, 2002) “l’igiene ambientale, in quanto uno degli aspetti del diritto alla salute […] contempla gli interventi atti a prevenire, senza discriminazioni, minacce alla salute dovute a condizioni idriche insicure o tossiche. Per ottemperare a tale requisito, Israele dovrebbe assicurare che le risorse idriche naturali siano protette da contaminazioni da sostanze nocive e da microrganismi patogeni. Similmente, Israele dovrebbe monitorare gli eco sistemi acquatici e combattere ogni possibile situazione che possa rappresentare un rischio di diffusione di malattie che mettano in pericolo l’ambiente antropico. Inoltre, Israele deve “garantire un adeguato rifornimento idrico di acqua potabile sicura e servizi sanitari di base, e prevenire e ridurre l’eventuale esposizione della popolazione a sostanze dannose come la radiazioni, le sostanze chimiche nocive o altre condizioni ambientali dannose che, direttamente o indirettamente, possano  incidere sulla salute pubblica (Commento generale del Cescr n.14, 2000).

(1) “Gaza nel 2020: un posto vivibile?” UN County Team, 2012

Traduzione per InfoPal a cura di Stefano Di Felice