Storie da Piombo Fuso: la famiglia Abu Oda

Storie da Piombo Fuso: la famiglia Abu Oda

Gaza – Pchr. 9 gennaio 2009: la famiglia Abu Oda.

“L’esercito israeliano sostiene di essere il più morale del mondo, ma ha ucciso mia figlia, non ha rispettato il suo diritto alla vita”.

Il 9 gennaio 2009 la famiglia Abu Oda, residente nel quartiere al-Amal di Beit Hanoun, si trovò sotto il fuoco prolungato delle postazioni israeliane vicine al confine tra Gaza e Israele, lontane2 km. Nariman Abu Oda, 16 anni, fu colpita nella parte destra del corpo dal fuoco israeliano mentre andava dall’ingresso, dove la famiglia si stava nascondendo, alla cucina. I medici non riuscirono a raggiungere la famiglia e Nariman morì prima di ricevere cure mediche.

I muri di cemento pieni di fori della famiglia Abu Oda dicono molto sulla storia della morte di Nariman. Nonostante lo sforzo enorme del padre Ahmed Abdel Kareem Muhammad, 57 anni, e della madre, I’tidal Abd al Aziz, di 53, di stuccare il mosaico di buchi e intaccature sui muri, sul soffitto, sui pavimenti e sulle porte, la casa resta crivellata di fori di proiettile. Come spiega I’tidal, “è chiaro che il fuoco era del tutto indiscriminato”.

La mamma e il papà di Nariman continuano a domandarsi perché sia successo tutto questo. Per loro non è una mera domanda retorica, ma porta con sé un gran peso e una grande importanza. “Perché mia figlia? Per quali motivi? Per quali ragioni?”, chiede Ahmed. “L’esercito israeliano sostiene di essere il più morale del mondo, ma ha ucciso mia figlia, non ha rispettato il suo diritto alla vita”.

La famiglia Abu Oda si trova in uno stato di profondo cordoglio per l’assenza di Nariman, ma al contempo la sente costantemente presente. Ricordando che Nariman al mattino gli preparava sempre il caffé, Ahmed dice di chiamarla ancora distrattamente quando vuole il caffé o il tè. “La sua stanza è ancora tale e quale a come la lasciò tre anni fa, tutto è ancora al suo posto”. Nonostante ciò, la famiglia sta cercando disperatamente di traslocare: “Non vogliamo vivere nella casa in cui è morta Nariman”, afferma Ahmed. Dato il senso di presenza di Nariman nella casa, i figli di I’tidal e Ahmed, Shadi, 34 anni, Abdel Kareem, 32, e Sahar, 30, hanno chiamato le figlie avute da allora Nariman, in memoria della sorella più giovane.

I’tidal fu profondamente provata, tanto fisicamente quanto mentalmente, dalla perdita della figlia, la quale l’aiutava molto nelle faccende domestiche quotidiane. “Quando vedo le ragazzine che vanno a scuola, la immagino con loro, la vedo in ogni stanza della casa, non la dimenticherò mai. Dopo l’incidente mi hanno tenuto dieci giorni in ospedale per lo shock”, ricorda I’tidal, “da allora ho sofferto di gravi problemi fisici dovuti allo stress”. I’tidal ha complicazioni di salute legate a pressione sanguigna, cardiopatia e diabete.

La famiglia non perse solamente Nariman durante l’offensiva israeliana, ma anche le loro fonti di  sostentamento. Essa possedeva una piantagione di agrumi e un allevamento di polli che furono completamente distrutti durante l’attacco, e ha un altro allevamento che non può raggiungere perché troppo vicino alla buffer-zone, la “zona cuscinetto”, imposta da Israele. La famiglia ha nuovamente seminato negli allevamenti distrutti, ma sta ancora aspettando il raccolto. Tuttavia, la perdita di reddito dagli allevamenti viene menzionata solamente come riflessione sulla morte di Nariman: “Aver perso la terra è nulla in confronto alla perdita di nostra figlia”, sostiene Ahmed.

Per quanto riguarda il futuro, la coppia ricercherà disperatamente risposte e chiederà responsabilità: “Non mi aspetto che il caso abbia successo, cambieranno la versione dei fatti. L’unica cosa che voglio è rivolgermi al soldato che ha ucciso mia figlia”, dichiara Ahmed. “Ma spero che un giorno riusciremo a raggiungere la pace con gli Israeliani e porre fine alla guerra e alle uccisioni”.

Il PCHR (Centro Palestinese per i Diritti Umani) sottopose una denuncia penale alle autorità israeliane a favore della famiglia Abu Oda il 30 agosto 2009. Ad oggi, non ha ricevuto risposta.

Traduzione per InfoPal a cura di Barbara Tassone

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