Storie da Piombo Fuso: la famiglia an-Nadeem

Storie da Piombo Fuso: la famiglia an-Nadeem

Pchr. “Nasser aiutava i bambini nei compiti di scuola, soprattutto in inglese e in matematica. Ora è compito mio. Nulla mi può ripagare per la perdita di mio marito. Era sempre molto tenero, calmo e comprensivo”.

Il 15 gennaio 2009, poco dopo le 7:00, l’esercito israeliano sparò una granata e altre munizioni in direzione di Nasser an-Nadeem e i suoi due figli, Bashar, 17 anni, e Firas di15, mentre fuggivano da  casa nel quartiere di Tal al-Hawa’, a Gaza City. I due ragazzi se la cavarono con ferite lievi, il padre invece rimase gravemente ferito, fino a quando, dopo 9 mesi di cure intensive in Egitto e  Gaza, morì. Aveva 44 anni. Sua moglie, Majda an-Nadeem, 45 anni, è ora l’unico genitore, Mohanned, 19 anni, Bashar, 17, Firas, 15, e delle sue due figlie, Dima, di 14 anni, e Tala di 9.

“Ciò che mi fa andare avanti sono i miei ragazzi, solo loro. Sono originaria di Damasco, ho conosciuto il padre dei miei figli lì, dove si trovava durante gli studi. Nel 1990 ci siamo sposati e io sono venuta a vivere a Gaza con lui. Penso sempre di ritornare a vivere a Damasco con i miei figli, ma so che per loro è meglio stare qui a Gaza. Questa è la loro casa, faccio ciò che posso per proteggerli”, dice Majda sorridendo ai suoi ragazzi.

Tutte le responsabilità della famiglia poggiano ora sulle sue spalle, sia quelle finanziarie sia di assistenza. “Nasser era solito aiutare i bambini nei compiti di scuola, soprattutto in inglese e in matematica. Ora è compito mio. Nulla mi può ripagare per la perdita di mio marito. Era sempre molto tenero, calmo e comprensivo”.

Majda racconta quanto sia necessario lottare anche solo per rispondere ai bisogni più necessari, da quando Nasser è morto. “Mio marito aveva una società di ingegneria insieme a un altro socio, stavamo bene. Ora tutto è cambiato, penso sempre al sostentamento dei miei figli, a come procurare il cibo, a come pagare la scuola, l’elettricità, l’acqua e tutto il resto. Sono sotto pressione costante, e ciò influisce su di me dal punto di vista psicologico. Abbiamo ricevuto alcune somme dal sindacato degli ingegneri palestinesi e da alcune organizzazioni di beneficenza, ma ciò non basta e non durerà per sempre. Anche la mia famiglia dalla Siria cerca di aiutarci economicamente: ci ha inviato del denaro per le riparazioni della casa dopo la guerra. Il bagno, la cucina e le fognature sono state distrutte, e dappertutto c’erano macchie di fumo. Negli ultimi tre anni la nostra situazione economica è peggiorata. Alcuni giorni fa ci hanno tagliato l’elettricità poiché non riusciamo a pagare le bollette”.

I bambini hanno difficoltà a comprendere la situazione economica. Racconta Majda: “L’anno scorso i medici hanno impiantato del platino nel ginocchio di Firas. Ora deve aspettare finché sarà adulto, quando i medici verificheranno come procedere, ma hanno anche detto che non ritornerà come prima”. Racconta Firas: “Ero solito fare karate con Bashar, ora non ci riesco più. Non riesco nemmeno a correre. Ora gioco a ping pong”.

Bashar aveva ferite da schegge nella gamba sinistra, nel braccio destro e nella schiena. La sua gamba è deforme e a volte ha dei dolori procurati da infezioni e problemi muscolari. “Bashar è un ragazzo molto sportivo. Faceva karate, ma ha dovuto cambiare per le ferite; ora fa ginnastica. Nonostante le ferite, egli continua a praticare sport”, dice sua madre.

A causa delle ferite riportate, Bashar e Firas non poterono rientrare a scuola fino al semestre successivo. Majda chiamò il ministero dell’Istruzione dicendo che ai ragazzi sarebbero servite delle lezioni a domicilio. “Vennero degli insegnanti a casa nostra, a dare lezioni di matematica, arabo e inglese, e i ragazzi riuscirono a completare con successo l’anno scolastico”.

Nonostante la loro visione ottimistica e coraggiosa della vita, Majda e i suoi figli portano con sé le cicatrici psicologiche dell’offensiva. “La guerra ha cambiato i miei ragazzi. E’ stata un’esperienza molto difficile, anche per noi adulti”, dice. “Quando sentiamo delle esplosioni proviamo paura e ci ricordiamo la guerra e gli attacchi. Se ho paura io, come si sentiranno i miei figli? L’anno successivo alla morte di Nasser, Firas si svegliava di notte urlando ‘voglio mio padre’ . Ora è più grande e ha capito che suo padre non tornerà più. Anche le prestazioni scolastiche di Bashar e Firas ne hanno risentito. Ora sta andando meglio, ma nulla è come prima della guerra. Firas ha anche smesso di farsi curare”.

“Abbiamo bisogno di supporto psicologico”, dice Majda. “Ma le persone che lavorano in questo campo ci fanno visita solo per i propri interessi, per fare foto e girare video, unicamente per i benefici delle loro organizzazioni”. Bashar aggiunge: “Una volta, una psicologa venne a parlare con me, ma io con lei non potevo starci. Era lei ad aver bisogno di aiuto. Le riferii questa mia impressione e lei se ne andò”. Racconta ancora Majda: “L’unica organizzazione che io rispetto davvero è ‘Medici Senza Frontiere’. Il giorno dopo il rientro a casa dei bambini, il suo personale venne a trovarci e continuò a farci visita per un anno, fino a quando le ferite guarirono completamente”.

Quando parla della sua visione del futuro, Majda dice di non sapere chiaramente cosa aspettarsi: “Non ho un’immagine chiara di come sarà. Ciò di cui sono certa è che non sarò in grado di garantire un bel futuro ai miei figli. Cerco di insegnare loro che l’istruzione è molto importante per il loro futuro, e di convincerli a impegnarsi a scuola”.

Majda è dubbiosa sulle possibilità che l’attacco alla sua famiglia potrà mai ottenere giustizia in un tribunale israeliano. “Hanno colpito mio marito e i miei figli, dei civili. Non sono certa che si potranno mai ottenere dei risultati in un tribunale. Se si otterrà qualcosa sarà un risarcimento finanziario, non riporteranno mio marito in vita”.

Il 23 giugno 2009, per conto della famiglia an-Nadeem, il Pchr presentò una denuncia penale alle autorità israeliane. Ad oggi non è giunta nessuna risposta.

Traduzione per InfoPal a cura di Stefano Di Felice

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