Storie da Piombo Fuso: la famiglia Hamdan e i tre figli uccisi

Gaza – PCHR.  30 dicembre 2008: i martiri della famiglia Hamdan.

Quando mi sveglio al mattino la prima cosa che faccio è ricordare i miei bambini. Vado a sedermi fuori e me li immagino lì, dove erano soliti giocare. Non voglio uscire ed interagire con altre persone. Non più. Per la maggior parte del tempo resto dentro casa”. 

Talal Hamdan, 47 anni, e Iman Hamdan, 46 anni, contemplano silenziosamente la vita da quando hanno perso i loro tre bambini Haya, Lama e Ismail. Avevano rispettivamente l’età di 12, 10 e 5 anni quando la mattina del 30 dicembre 2008 un F-16 israeliano sganciò una bomba nell’area in cui stavano camminando, a Beit Hanoun, uccidendoli tutti e tre.

I bambini camminavano insieme al padre verso una vicina discarica nella quale lasciare i rifiuti, quando le forze israeliane presero di mira verso l’area.
Essi erano i figli più piccoli della coppia.

Sebbene nessuno dei primi tre anni è stato facile, per Iman il periodo più duro è stato quello immediatamente dopo l’attacco, quando si è ritrovata profondamente sotto shock. “Dopo la morte dei miei bambini non sono stata capace di piangere, non avevo neanche lo spazio adeguato per piangerli – dice Iman – tranne quando sono rimasta finalmente sola. Allora non sono stata in grado di fermare le mie lacrime”.

Iman crede che lo shock dell’incidente abbia notevolmente aumentato i suoi problemi di salute, che includono forti dolori alla schiena ed alle gambe. “La notte dormo a malapena, forse due ore durante il giorno”. Il suo dolore è composto dall’esperienza per la perdita di suo padre, un fratello e due cugini tutti morti lo stesso giorno durante la prima Intifada.

Anche la vita di Talal è completamente cambiata dalla morte dei suoi bambini. “Quando mi sveglio al mattino la prima cosa che faccio è ricordare i miei figli. Vado a sedermi fuori e me li immagino lì, dove erano soliti giocare – dice Talal-. Non voglio uscire ed interagire con altre persone. Non più. Per la maggior parte del tempo resto dentro casa”.

Talal aveva un fortissimo legame con Ismail, “Mi chiedeva di portarlo con me ovunque andassi ed io lo accontentavo. Eravamo sempre insieme”.

Parlando di quanto il ricordo dei suoi bambini sia così doloroso, fa l'esempio di quando lui era ammalato e aveva bisogno di andare in ospedale, “Questo particolare ospedale era quello in cui i bambini furono portati prima che morissero. Quando entrai, il ricordo dei miei tre bambini morti, l’uno accanto all’altro, mi ritornò in mente e inizia a piangere. I dottori inizialmente pensavano che fossi spaventato dalle iniezioni, la mia famiglia, allora, dovette spiegare loro che cosa era successo e perché io fossi così scosso. Alla fine non riuscì a stare in quell’ospedale per le cure”.

In prossimità dell’anniversario di Piombo Fuso, la coppia parla di come loro l’affrontano. “Il giorno dell’anniversario cercherò di tenermi impegnata per evitare di pensarci troppo – dice Iman – ma non vado a fare visita alle tombe. Non potrei sopportarlo”. I coniugi adesso hanno dei piccoli pronipoti che vivono con loro, uno dei quali si chiama Ismail come lo zio ucciso. “Proviamo a fare del nostro meglio per compensare la perdita di nostro figlio con nostro nipote Ismail, saliamo spesso a vederlo e passiamo del tempo con lui ogni mattina”, dice Talal.

Prima dell’attacco, Talal aveva lavorato nell’edilizia. Ha provato a riprendere l'attività, ma un danno ai nervi delle gambe e delle braccia -conseguenza del bombardamento israeliano – lo ha reso inabile al lavoro. La coppia adesso vive con il cibo distribuito dalle Nazioni Unite e dell’aiuto dei loro due figli.

Guardando al futuro, i coniugi nutrono delle speranze e delle preoccupazioni. “Siamo sempre spaventati di un nuovo attacco e di nuove morti nella nostra famiglia. Chiamo sempre le mie figlie raccomandando di avere cura di loro stesse e dei loro bambini – dice Talal –. Spero che la pace possa prevalere e che noi potremo tornare alla tranquillità. La maggior parte di noi spera che non siano uccisi altri bambini in simili incidenti. Posso capire quando gli adulti vengono uccisi durante una guerra, ma non riesco a comprendere quando ad essere uccisi sono i bambini”.

Riguardo alla denuncia della famiglia, successivamente alla morte dei figli, Talal è ottimista: “Mi aspetto di vincere. I miei bambini non erano militari e non c’erano obiettivi militari nelle vicinanze”.

PCHR presentò una denuncia penale alle autorità israeliane per conto della famiglia Hamdan il 21 luglio 2009. Ad oggi, non è stata ottenuta alcuna risposta.

Traduzione per InfoPal a cura di Romina Arena

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