Striscia di Gaza: appuntamento con un altro disastro

A Gaza manca il gas per uso domestico e Israele continua a vietarlo del tutto

Gaza – Speciale InfoPal. Dopo l'ennesimo rifiuto da parte delle autorità d'occupazione israeliane di far passare verso la Striscia di Gaza assediata il gas per uso domestico, l'intero settore energetico è precipitato in una grave crisi.

Da oltre 4 anni, dall'imposizione dell'assedio israeliano, a rifornire di gas la Striscia di Gaza era una società israeliana, ma lo faceva con il contagocce e su base giornaliera.

Oggi, laboratori, aziende e ospedali sono totalmente fermi. Nelle abitazioni non si riesce a disporre del gas necessario nemmeno per soddisfare i bisogni primari.

Vani sono stati gli appelli del governo di Gaza rivolti all'Autorità generale del petrolio (Agp) dell'Autorità nazionale palestinese (Anp) e dell'Egitto.

Una crisi reale. Il vice direttore di “Agp”, Ra'ed Rajab, ha descritto la situazione al nostro corrispondente: “Solo 11 giorni fa avevamo fatto un rifornimento di petrolio nelle stazioni di Gaza, ma il gas che oggi viene a mancare totalmente è quello per uso domestico: per le cucine delle abitazioni private, ospedali e forni. Siamo quindi di fronte ad una crisi di particolare gravità perché coinvolge proprio tutti”.

La società israeliana che vende il gas nella Striscia di Gaza sostiene di aver accumulato un credito talmente insostenibile da aver deciso di fermare i rifornimenti al territorio assediato.

La questione del pagamento è però un'altra, o meglio, riguarda direttamente il governo dell'Anp. La società del petrolio di Gaza, infatti, paga con puntualità la quota che il governo di Ramallah, che fa da mediatore, dovrebbe girare alla società israeliana. Ma gli ultimi pagamenti non sono stati eseguiti da Ramallah.

“La quantità di gas era già ridotta – ha affermato Mahmoud ash-Shawa, presidente di un gruppo di compagnie di carburante -, l'ultimo rifornimento risale al 19 gennaio scorso con un serbatoio di sole 22 tonnellate”.

Tra i rifornimenti fatti di recente, ce n'è stato uno pari a 120 tonnellate, poi ridotte ulteriormente. Tuttavia, il fabbisogno della popolazione di Gaza ammonta ad almeno 300 tonnellate al giorno”.

Tra le altre cose, ash-Shawa ci ha spiegato l'inadeguatezza del valico di Kerem Abu Salem (Kerem Shalom), l'unico a restare operativo dopo la recente decisione israeliana di chiudere Karni.

“A Kerem Abu Salem c'è il traffico degli aiuti umanitari”.

La demoralizzazione dei cittadini di Gaza. Insieme ai frequenti tagli all'elettricità o ai black-out a cui è costretta, il problema della mancanza di gas è uno tra quegli che affligge maggiormente la popolazione palestinese assediata, che deve affrontare pure la mancanza di grano e materiali da costruzione.

Bombole ammassate. Da giorni, le stazioni di benzina della Striscia di Gaza sono state prese d'assalto da cittadini che hanno disposto in lunghissime file le bombole di gas per uso domestico, in attesa di poterle riportare a casa piene. Ma a Gaza il gas per uso domestico oggi manca del tutto.

In attesa di una soluzione, in molti sono ritornati a fare uso di metodi tradizionali per la cottura del cibo.

Ad esempio, in questi giorni, Shadi Abu Musamah, 46enne di Deir al-Balah (Striscia di Gaza centrale), sta usando “al-babour”, un antico fornello rudimentale che funziona con del combustibile liquido come il cherosene.

“Ma non riesce certo a scaldare come fa il gas”, ha ammesso Shadi.

La sua famiglia è composta da 12 persone e una sola bombola di gas è sufficiente per due settimane appena. Shadi ha un bambino di 8 mesi, per il quale non avere un pasto caldo o latte bollito tutti i giorni potrebbe essere fatale.

Probabilmente quando il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, aveva annunciato di volere un assoluto “disimpegno economico dalla Striscia di Gaza”, a cominciare dal divieto dei rifornimenti di carburante e diesel industriale, era davvero intenzionato a farlo, dal momento che l'unica centrale elettrica della Striscia di Gaza si è fermata di nuovo sabato 22 gennaio.

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