Striscia di Gaza, embargo e crisi della Sanità

Gaza-PIC. Un discreto numero di specialisti palestinesi ha accusato Israele, la settimana scorsa, di essere pienamente responsabile del significativo calo dei servizi sanitari nella Striscia negli ultimi anni, accusandolo inoltre di consolidare la divisione politica palestinese.

Yasser Abu Yamea, Direttore generale del ministero della Salute di Gaza ha affermato che il blocco sulla Striscia, così come la divisione politica esistente hanno causato il ritardo di più di mille interventi chirurgici nell’ospedale di al-Shifa. Ha aggiunto che cinquecento unità di sangue sono inoltre a rischio danneggiamento.

La dichiarazione è stata espressa durante un workshop organizzato da una ONG sull’impatto sanitario dell’embargo nella Striscia.

Abu Jamea ha affermato che le scorte del ministero della Salute mancano del 30 per cento dei medicinali necessari, ma anche che Israele non è l’unico responsabile della crisi che colpisce la regione e due milioni di cittadini.

Il direttore generale del programma di salute mentale di Gaza ha chiesto di adoperarsi con ogni sforzo per interrompere l’embargo e per ottenere fonti di finanziamento per il ministero della Salute e per le altre istituzioni, sottolineando la necessità, ancora una volta, di richiamare l’attenzione della comunità internazionale sulla situazione umanitaria a Gaza.

Da parte sua, il direttore dell’OMS a Gaza, Mohammed Lafi, ha accennato alle principali ragioni del declino sanitario della regione, in gran parte dovuto a Israele e alle divisioni palestinesi.

Lafi ha sottolineato che la crisi non è recente, ma è emersa sin dall’inizio dell’assedio, dieci anni fa, rilevando che solo il 32 per cento dei medicinali richiesti è disponibile; questo in aggiunta alla scarsità di apparecchiature mediche.

Lafi ha aggiunto che il settore sanitario a Gaza non è stato testimone di un miglioramento negli anni, in quanto vi sono ancora 20 morti ogni 1000 neonati, una proporzione che è migliorata in tutte le parti del mondo, eccetto a Gaza.

Traduzione di Marta Bettenzoli