STRISCIA DI GAZA, MINISTRO ELKURD: L’EUROPA CI AIUTI AD APRIRE I VALICHI.

Gaza, sabato 31 gennaio

Angela Lano

Ventitré giorni di terrorismo israeliano contro la Striscia di Gaza non hanno provocato solo morte e macerie, ma anche tanti e diversi problemi sociali.
Ne abbiamo parlato oggi pomeriggio con il ministro degli Affari sociali del governo Hamas, dott. Ahmed Elkurd.

Ministro, ci spieghi qual è il bilancio attuale della guerra israeliana contro la Striscia.

Innanzitutto, è necessario premettere che i confini della Striscia sono molto ridotti – è lunga solo 50 km. – ma vi abitano 1,5 milioni di persone, di cui un milione sono rifugiati provenienti dai Territori palestinesi del ‘48. Io stesso provengo da un villaggio nei pressi di Ashkelon. I campi profughi sono 8.
In secondo luogo, voglio ricordare che da tre anni siamo sotto embargo e assedio. Ciò ha provocato una grave crisi umanitaria che è precipitata con i 23 giorni di bombardamenti israeliani.
Gaza è chiusa. Questo perché nel gennaio del 2006, elezioni libere e democratiche, chieste dall’Occidente intero e monitorate da osservatori internazionali, hanno assegnato la vittoria a Hamas. Ecco che il mondo ci ha puniti soffocandoci con un feroce embargo.
Come se non bastassero tre anni di assedio israelo-internazionale, si è  scatenata la guerra che ha portato una devastazione molto grande: 1350 morti, 5500 feriti, 5000 famiglie senza casa, 20 mila appartamenti distrutti. La centrale elettrica funziona solo poche ore al giorno. Il bilancio economico è di 3 miliardi di dollari di danni.

La Striscia di Gaza vive grazie agli aiuti umanitari, ma con i valichi chiusi, come fate?

Da quando siamo sotto embargo, siamo costretti a sopravvivere con gli aiuti umanitari. Tuttavia, essi possono passare solo attraverso i valichi israeliani, e quando sono chiusi per noi è una catastrofe.
Hanno posto 1,5 milioni di persone sotto assedio per costringerle a odiare Hamas, ma hanno fallito.
Per la ricostruzione delle infrastrutture e delle abitazioni avremmo bisogno di attrezzature, di cemento, di materiali per l’edilizia, pezzi di ricambio, ma non lasciano passare nulla. Gli israeliani non fanno entrare benzina, gasolio, gas. E’ difficile lavorare, in questo modo. La tregua siglata a giugno dell’anno scorso avrebbe dovuto servire per aprire i valichi e togliere l’embargo, ma non è stato così. Ora ci vengono proposti altri sei mesi di cessate il fuoco ma alle stesse condizioni di prima: mantenimento dell’assedio totale. E’ inaccettabile. Ricordo che durante quello scaduto a dicembre, 300 malati sono morti per mancanza di cure mediche adeguate.

Finita la tregua, è esplosa la guerra…

E noi non avevamo che modesti mezzi per difenderci da un esercito super-tecnologizzato. Mentre avanzavano via terra, distruggevano tutto ciò che incontravano. Hanno devastato tutto. Non c’era scampo neanche nelle strutture dell’Onu, bombardate come tutte le altre.
Durante le settimane di guerra, sono stati compiuti veri e propri eccidi, come quello della famiglia As-Samouni, rinchiusa in un palazzo che è stato bombardato subito dopo con gli F16.
In altri casi, hanno sparato a un’intera famiglia lasciando vivo un bimbo solo…

Come possono darvi una mano i cittadini del mondo?

La cosa principale è che l’assedio venga sollevato. Il nostro governo è disponibile a siglare una tregua, ma vogliamo che loro aprano i valichi, così che possano arrivare gli aiuti umanitari e le attrezzature indispensabili per la ricostruzione. Ci sono tante persone che dormono nelle tende, 10 mila famiglie che necessitano di sostegno immediato – casa, vestiti, cibo.
Per ognuna di loro ci sarebbe bisogno di 10 mila dollari. Grazie al supporto di associazioni benefiche arabe e islamiche internazionali, tra cui anche quelle italiane e turche, garantiamo 5 mila dollari a nucleo familiare. Ai 5500 feriti abbiamo offerto 1000 dollari per le cure mediche…, ma ci sarebbe bisogno di molto di più.

Dall’Europa cosa vi aspettate?

Chiedo invece: cosa abbiamo fatto noi all’Europa? Perché contribuisce all’embargo israelo-americano? Perché Unione Europea e Francia mandano le loro navi per chiudere ulteriormente il mare di Gaza? Vogliono inviare un contingente che garantisca la “sicurezza”: quella di Israele, non la nostra. Inizino con il far aprire i valichi, allora.
Noi siamo disponibili ad accogliere tutti gli aiuti. Diciamo: venite pure a ricostruire la Striscia, noi vi garantiremo la sicurezza, vi faremo da tramite. Siete i benvenuti, ma dovete relazionarvi con il nostro governo, non potete ignorarci: noi siamo radicati sul territorio, conosciamo luoghi e popolazione. Come fate a lavorare senza di noi? Ogni tipo di progetto edilizio, urbanistico, agricolo o industriale deve essere organizzato con l’appoggio locale.

Durante la guerra appena terminata, la metà delle vittime erano bambini. Molti hanno assistito a scene devastanti. Che ne sarà del loro equilibrio psichico? Avete attivato dei progetti speciali
?

Le fasi che abbiamo previsto sono tre: 1- aiuto psicologico rivolto a chi è stato ferito o è stato testimone di massacri. Sostegno generale a tutti i minori, per permettere loro di scaricare la tensione nervosa, lo stress psichico. In tutte le scuole abbiamo previsto programmi di intervento psicologico.
2 – terapie di riabilitazione per chi ha subito ferite o è rimasto handicappato.
3 – sostegno economico alle famiglie con figli feriti o resi disabili.
Prima della guerra, circa 4000 famiglie ricevevano circa 100 dollari al mese per ogni bambino handicappato, oltre ad aiuti alimentari. In queste attività siamo sostenuti da associazioni umanitari internazionali, per esempio, per ciò che riguarda l’Italia, dalla Abspp onlus (Associazione benefica di solidarietà con il popolo palestinese), che sostiene orfani e finanzia l’acquisto di derrate alimentari, medicinali, attrezzature sanitarie e kit scolastici. Sappiamo che il popolo italiano sta dalla nostra parte, nonostante le scelte del suo governo vadano in un’altra direzione.

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