Tribunale condanna un minore palestinese all’ergastolo, e a una sanzione di 500.000 dollari per l’uccisione di un Israeliano

402152CHebron-Ma’an. Mercoledì 3 novembre, un tribunale israeliano ha condannato il 16enne palestinese Murad Badr Ideis all’ergastolo e a una sanzione di quasi 500.000 dollari per accoltellamento compiuto nel mese di gennaio.

Ideis, residente a Beit Amra, nel distretto di Hebron, è stato condannato al carcere a vita e a una sanzione di 1,75 milioni di shekel (458.875 dollari), in quanto giudicato colpevole dell’accoltellamento che il 17 gennaio uccise Dafna Meir , una 38enne israeliana che vive nella colonia illegale di Otniel.

Ideis, che al momento dell’arresto, due giorni dopo l’attacco, aveva 15 anni, è stato condannato per omicidio e possesso di coltello, ha affermato Khalid al-Aaraj, avvocato del Comitato palestinese per gli Affari dei Prigionieri.

Al-Aaraj ha detto di aver presentato ricorso alla Corte chiedendo di tenere in considerazione l’età di Ideis e di non giudicarlo come un adulto, ma il ricorso è stato respinto.

Il responsabile del Comitato per gli Affari dei Prigionieri di Hebron, Ibrahim Najajra, ha detto che la sentenza è ingiusta e che  la condanna, così come la sanzione ingente, fa parte della politica israeliana di vendetta contro il popolo palestinese.

Le forze israeliane hanno demolito la casa della famiglia di Ideis a Beit Amra nel mese di giugno.

Il gruppo israeliano per i diritti B’Tselem ha condannato la pratica delle demolizioni punitive delle case come “vendetta sanzionata dalla Corte” contro i membri della famiglia che non hanno commesso reati, ed equivale a una punizione collettiva e illegale secondo il diritto internazionale.

Dall’inizio dell’ondata di agitazioni in tutti i Territori Palestinesi Occupati e in Israele nel mese di ottobre 2015, 34 Israeliani sono stati uccisi dai Palestinesi, 16 di loro sono morti durante gli attacchi al coltello.

Nello stesso periodo, 237 Palestinesi sono stati uccisi dagli Israeliani, la stragrande maggioranza di loro dalle forze israeliane.

Nel corso dei disordini, i gruppi per i diritti hanno più volte denunciato quella che hanno definito la politica dello “sparare per uccidere” delle forze israeliane contro i Palestinesi che non costituivano una minaccia al momento della loro morte o che avrebbe potuto essere contenuti in modo non letale.

Traduzione di Edy Meroli