Il Tribunale israeliano accusa il fratello gemello di un Palestinese ucciso di ‘istigazione’ sui social media

391945CGerusalemme-Ma’an. Il pubblico ministero del Tribunale israeliano di Gerusalemme ha presentato giovedì 27 ottobre un elenco di accuse contro il fratello di un giovane palestinese ucciso, accusandolo di istigazione sui social media.

Il PM ha accusato Muhammad Shuyukhi, di 20 anni, di incitare al “terrorismo” sui social media in seguito all’uccisione del fratello gemello Ali da parte delle forze israeliane durante gli scontri a Silwan, nella città occupata di Gerusalemme Est, l’11 ottobre.

Le forze israeliane hanno arrestato Muhammad Shuyukhi durante una campagna di arresti nel corso della notte, due giorni dopo che  suo fratello era stato ucciso a seguito di una sparatoria nel quartiere di Sheikh Jarrah, nella Gerusalemme Est occupata, il 9 ottobre, in cui hanno trovato la morte due Israeliani.

La serie di accuse presentate giovedì sostiene che Muhammad Shuyukhi aveva pubblicato diversi post sulla sua pagina Facebook che comprendevano frasi che “incitavano al terrorismo”, mentre altri post supportavano il movimento Hamas e le Brigate dei Martiri di al-Aqsa, l’ala militare del movimento Fatah.

L’atto d’accusa contro Shuyukhi coincide con una recente repressione da parte del governo israeliano per “istigazione” sui social media.

Israele ha intensificato la sua campagna contro giornalisti palestinesi, media e semplici cittadini da quando è iniziata lo scorso ottobre un’ondata di disordini in tutta Israele e nella Cisgiordania occupata.

Mentre le autorità israeliane hanno affermato che quelli colpiti erano responsabili per istigazione contro Israele, i gruppi per i diritti sostengono che la repressione è una palese violazione della libertà di parola.

Il mese scorso, due ministri israeliani di destra hanno incontrato alti dirigenti di Facebook nel tentativo di “ridurre al minimo l’istigazione antisemita on line” – l’ultimo sforzo dello stato di Israele per far pressione sui social media per coordinare e rimuovere contenuti che si ritenga promuovano “il terrorismo”.

Israele in precedenza aveva apertamente accusato Facebook per la “proliferazione di istigazioni”: il ministro della Pubblica Sicurezza, Gilad Erdan, ha affermato che il presidente e co-fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, aveva “le mani sporche di sangue” per non aver adeguatamente cooperato con Israele per rimuovere i contenuti.

Le autorità israeliane sono state aspramente criticate per la risposta agli “attacchi terroristici”, che abitualmente comprende campagne di arresti  su larga scala, la limitazione della libertà di circolazione dei Palestinesi, la demolizioni delle case, e altre misure punitive contro i parenti di persone accusate di aver commesso attacchi contro Israele.

Le loro azioni sono state condannate dai gruppi per i diritti, che ritengono le misure “forme di punizione collettiva” e “vendetta sanzionata dalla Corte” e rappresentano una chiara violazione del diritto internazionale.

Traduzione di Edy Meroli