Tribunale israeliano approva l’utilizzo dei corpi di Palestinesi come merce di scambio nelle contrattazioni

Days of Palestine. Una famiglia palestinese proveniente dalla città di al-Eizariya, nell’area di Gerusalemme, non è riuscita a seppellire il proprio figlio quattordicenne, ucciso lo scorso mese dalla polizia israeliana.

La famiglia di Nassim Abu Rumi ha interpellato l’Alta corte di Israele per la restituzione del corpo, che, secondo quanto si è saputo, verrà trasferito venerdì. Israele trasferirà anche i resti di Omar Younis che morì in un ospedale israeliano nell’aprile scorso quando le forze dell’occupazione gli spararono presso un posto di blocco della Cisgiordania.

Israele sta trattenendo i resti di oltre una decina di Palestinesi uccisi di recente durante attacchi, presunti e reali, contro le forze di occupazione e i civili.

Durante questo mese, a seguito delle richieste presentate da molte famiglie che hanno le salme dei loro familiari ancora nelle mani di Israele, la Suprema corte ha sottoscritto l’approvazione di tale politica.

La corte ha infatti stabilito che l’esercito israeliano ha “il diritto legale di trattenere i corpi dei terroristi uccisi da utilizzare come leva nelle future negoziazioni coi Palestinesi”, come riportato dal The Times of Israel.

Nel dicembre 2017 la corte aveva invece deciso che Israele non aveva nessuna autorità legale per trattenere i corpi “fino a quando non veniva dato il consenso a determinate disposizione funerarie” della famiglia di un Palestinese ucciso.

Israele “non può trattenere i corpi con lo scopo di negoziare nel momento in cui non esiste una legge specifica ed esplicita che gli consenta di farlo”, avevano deciso i giudici a suo tempo.

L’anno successivo il parlamento di Israele, Knesset, aveva approvato una legge che permetteva alla polizia di trattenere i corpi dei Palestinesi uccisi colpiti mentre stavano presumibilmente attaccando degli israeliani.

La legge autorizza i comandanti della polizia a trattenere un corpo se si stabilisce che il funerale della persona uccisa “potrebbe essere utilizzato per compiere un attacco o per tessere le lodi del terrorismo”, secondo The Times of Israel.

“Non abbiamo bisogno di loro”.

Il ministro per la Sicurezza pubblica, Gilad Erdan, che è a capo della polizia di Israele, nel momento in cui è stata approvata la legge ha dichiarato che “Il governo non intende trattenere questi corpi. Per quanto ci riguarda, i corpi di questi maledetti terroristi marciranno. Non abbiamo bisogno di loro”.

La sentenza di questo mese dell’Alta corte israeliana, tuttavia, mostra che lo stato intende utilizzare le salme come merce di scambio per garantire il rientro dei resti dei soldati israeliani ancora nelle mani dei Palestinesi.

Le associazioni per i diritti umani confutano l’affermazione dell’Alta corte secondo la quale trattenere i corpi dei Palestinesi sarebbe consentito dal diritto internazionale umanitario, che regola i conflitti armati.

Adalah, un’associazione che si batte per i diritti dei Palestinesi in Israele, ha affermato che la sentenza è stata tra le “più estreme” mai prese dalla corte, “in quanto mina i principi più elementari dell’umanità universale”.

Il gruppo che si occupa di diritti ha aggiunto che la sentenza della corte è la prima al mondo che permette alle autorità di uno stato di trattenere salme perché possano essere utilizzate come merci di scambio nei negoziati.

“La pratica di trattenere i corpi equivale ad una politica di punizione collettiva” che è proibita in base al diritto internazionale, ha dichiarato l’associazione palestinese per i diritti umani Al-Haq.

Trattenere i corpi contravviene anche “al divieto di tortura e di trattamento inumano o degradante”, ha aggiunto Al-Haq.

Le famiglie che hanno fatto richiesta alla corte hanno dichiarato che “considereranno la possibilità di appellarsi ai tribunali internazionali allo scopo di fare tutto quel che sarà possibile per recuperare i corpi dei loro cari”.

Lasciato sanguinare fino alla morte.

Questo video mostra che Nassim Abu Rumi è stato ucciso alcuni istanti dopo che, assieme ad un altro giovane palestinese, con in mano coltelli da cucina, è balzato contro degli agenti di polizia nella Città Vecchia di Gerusalemme il 15 agosto scorso.

Gli agenti hanno aperto il fuoco contro i ragazzi immediatamente, senza utilizzare mezzi meno letali per arrestarli.

L’altro giovane è rimasto gravemente ferito ed è stato accusato di tentato omicidio. Anche un Palestinese presente alla scena è stato ferito durante l’incidente, ed un agente è stato lievemente ferito dai giovani.

Alcuni video girati sul luogo al momento non mostrano alcun tentativo di fornire primo soccorso ad entrambi i ragazzi, dopo che sono stati colpiti dalla polizia. Il video mostra che soltanto un agente riceve delle cure.

Un’associazione per i diritti umani ha chiesto un’indagine da parte del ministero della Sanità di Israele anche per un altro caso relativo ad un presunto aggressore palestinese lasciato a terra sanguinante fino alla morte, e nonostante alla scena fosse presente un medico della polizia.

Yaqoub Abu al-Qiyan è stato colpito dalla polizia durante quello che loro ritenevano fosse un tentativo di attacco con l’auto, durante un raid presso Umm al-Hiran, un villaggio di beduini che si trova nella zona meridionale di Israele e che non è stato riconosciuto dallo stato.

Le analisi pubblicate dal gruppo di ricerca con sede nel Regno Unito, Forensic Architecture, evidenziano che, contrariamente alle affermazioni dei leader israeliani, comprese quelle del primo ministro Benjamin Netanyahu, Abu al-Qiyan non stava assolutamente attaccando quando la polizia ha sparato contro il suo veicolo nel gennaio del 2017.

I risultati di Forensic Architecture indicano che Abu al-Qiyan, un Palestinese cittadino di Israele, stava guidando lentamente e che il suo automezzo ha accelerato soltanto dopo che la polizia gli ha sparato contro, suggerendo quindi che aveva ormai perso il controllo della sua auto.

Una recente indagine interna di polizia ha eliminato l’ipotesi di negligenza per il medico della polizia presente alla scena.

Le associazioni per i diritti umani affermano che la mancanza di primo soccorso ad Abu al-Qiyan  da parte del medico della polizia “non è una mancanza soltanto in questo caso, ma è un problema sistematico”.

I Medici per i Diritti Umani di Israele hanno dichiarato che “le vaghe procedure per la cura delle persone colpite durante incidenti etichettati come scene di un attacco terroristico consentono situazioni in cui le parti lese sospettate come autori non ricevono alcuna assistenza”.

“I medici non possono agire come giudici e giurie”, ha aggiunto l’associazione. “I medici ed i paramedici devono comportarsi allo stesso modo con tutte le persone colpite secondo i principi del triage”.

Nella sua indagine riguardante una serie di uccisioni illegali di Palestinesi da parte delle forze israeliane, Amnesty International ha dichiarato che l’incapacità di fornire primo soccorso – “soprattutto incapacità intenzionale – viola il divieto di tortura e di altre punizioni crudeli, inumane e degradanti”.

L’associazione per i diritti umani ha aggiunto inoltre che “in quanto tale, la mancanza nel fornire soccorso medico dovrebbe essere indagata come reato”.

Mercoledì, una donna palestinese è stata uccisa dalle forze israeliane presso un check-point della Cisgiordania ed è stata lasciata sanguinare per terra fino alla morte.

I testimoni hanno dichiarato che alla donna è stato rifiutato il primo soccorso. La Mezzaluna Rossa palestinese ha riferito che le forze israeliane hanno impedito ai paramedici di soccorrerla.

Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi