Un boicottaggio sbagliato, parola di Parlato.

Ha ragione, Parlato, c’è boicottaggio e boicottaggio, e c’è sinistra e sinistra. La sua non si sa bene quale sia…

Potremmo aggiungere: c’è violenza e violenza, ci sono oppressori e oppressori. E oppressi e oppressi. Per Parlato, evidentemente, Israele è un oppressore autorizzato e quella israeliana una violenza d.o.c.

C’è limite al peggio?

C’è limite al dilagare sinistro della "sinistra per Israele"?

Perché il boicottaggio contro lo Stato razzista del Sudafrica andava bene, quello contro Israele, Stato altrettanto razzista e basato sull’Apartheid, no?

Perché continuare volutamente a confondere ebraismo con sionismo e con la creazione di Israele? E’ una manipolazione, è scorretto e allontana qualsiasi giusta soluzione alla Questione Palestinese. E certamente non aiuta neanche gli ebrei, confusi con le feroci scelte politiche e militari di uno degli Stati più spietati del mondo.

da www.ilmanifesto.it del 24 gennaio

Un boicottaggio sbagliato
Valentino Parlato

La Fiera internazionale del libro di Torino avrà il suo svolgimento dall’8 al 12 maggio, ma già sta scatenando discussioni e polemiche, che hanno investito anche il nostro, tenace e tollerante, collettivo. La fiera si apre nel 60° anniversario della fondazione dello stato di Israele e quindi, inevitabilmente, si riapre la questione palestinese. Dopo la seconda guerra mondiale e il massacro degli ebrei, riconoscere agli ebrei il diritto ad avere un territorio e uno stato era obbligatorio. Anche Stalin fu a favore della costruzione dello stato di Israele, contraria – e non è affatto secondario – fu l’Inghilterra la quale – è una mia memoria personale – per sostenere che il mondo arabo non avrebbe accettato uno stato ebraico favorì grandi manifestazioni di opposizione, e a Tripoli (dove allora abitavo) un sanguinoso pogrom antiebraico nella complice indifferenza delle autorità militari britanniche.
La polemica che si è aperta oggi, è sul boicottaggio di questa Fiera del Libro, che dà a Israele un posto d’onore con il rischio di una legittimazione letteraria della sua politica. Dico subito che non ho nessuna posizione di principio contro il boicottaggio, contro i bianchi razzisti sudafricani era più che giusto. C’è boicottaggio e boicottaggio e, quindi, sono del tutto contrario al boicottaggio di questa fiera del libro (il libro va sempre rispettato) e contro lo stato di Israele. Gli israeliani – che sono sempre ebrei – per quanti torti abbiano nei confronti del popolo palestinese non sono in alcun modo paragonabili ai razzisti sudafricani e poi – un poi che non possiamo dimenticare e sul quale noi europei e quelli di noi che si dichiarano cristiani e cattolici – c’è la storica persecuzione del popolo ebraico, ci sono i ghetti e i campi di sterminio. E qui mi torna buono ricordare quel che mi disse in un’intervista al manifesto il Rabbino capo di Roma. Nel ghetto di Varsavia l’ultimo canto che gli ebrei intonarono fu l’Internazionale. Poi furono massacrati dai tedeschi.

Quindi profittiamo di questa Fiera internazionale del libro di Torino per discutere, per criticare la politica dello stato di Israele, per difendere i diritti dei palestinesi, che in questi territori sembrano diventati i nuovi ebrei. Discutiamo, scontriamoci, ma mandiamo al diavolo il boicottaggio. Non solo perché gli israeliani sono ebrei e non afrikaner, ma anche perché il boicottaggio è muto. È un no senza argomenti. A Torino ci saranno scrittori ebrei di grande levatura e con loro dobbiamo discutere, ragionare, polemizzare, difendere i diritti del popolo palestinese. Mi rendo conto delle paure ancestrali della gente di Israele. Mi rendo conto della loro paura – me lo disse un bravo ambasciatore di Israele a Roma – di essere i nuovi crociati. Credo di capire, ma Israele deve essere più ebrea con i palestinesi. Li deve sentire parenti stretti. Ma proprio per tutto questo il boicottaggio serve solo a fare il danno dei palestinesi e degli israeliani.

valentino parlato

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