Un colpo di palazzo saudita

Huffingtonpost.com. Di David Hearst.
 
Il precetto di re ‘Abdullah è durato 12 ore, durante le quali i Sudaris, un clan ricco e politicamente influente della Casa dei Saud, indeboliti dall’ultimo re, sono tornati alla ribalta con un colpo di stato vero e proprio, tranne per com’è stato definito.
Salman si è mosso rapidamente per disfare il lavoro del suo fratellastro. Egli ha deciso di mantenere il principe ereditario Megren, scelto per lui da re ‘Abdullah, ma potrebbe occuparsi di lui più avanti. Invece, egli ha velocemente nominato un’altra figura direttiva dal clan dei Sudari. Mohammed bin Nayef, il ministro dell’interno, sarà il suo vice principe ereditario. Non è un segreto che ‘Abdullah avrebbe voluto che suo figlio Meteb ricoprisse quella posizione, ma ora egli è fuori.
Ancora più significativo il fatto che Salman, egli stesso un Sudari, abbia cercato di garantire la seconda generazione assegnando al 35 enne suo figlio Mohammed l’importante ministero della difesa. Il secondo ruolo ottenuto da Mohammed è probabilmente anche più importante. Egli è ora segretario generale della Corte reale. Tutti questi cambiamenti sono stati annunciati ancor prima che il corpo di ‘Abdullah fosse sepolto.
La segreteria generale era la posizione occupata dal cardinale Richelieu della corte di ‘Abdullah, Khalid at-Tawaijri. E’ stato un business redditizio tramandato di padre in figlio, e iniziato da ‘Abdul ‘Aziz at-Tuwaijri. I Tuwaijri divennero i cancellieri del re, e senza il loro permesso e il loro coinvolgimento non poteva tenersi alcuna udienza reale. Tuwajiri sono stati i protagonisti principali negli intrighi esteri – nel rovesciamento della rivoluzione egiziana, nell’appoggio militare per la repressione della rivolta in Bahrein, nel finanziamento dell’Isis in Siria all’inizio della guerra civile – insieme all’allora alleato principe Bandar bin Sultan.
Il collegamento tra Tuwaijri e il neo-con della regione del Golfo, Mohammed bin Zayed, principe ereditario di Abu Dhabi, era terminato. Tuwaijri ora è fuori, e il suo lungo elenco di clienti stranieri, a iniziare dal presidente egiziano as-Sisi, può iniziare a sentire un’aria più fresca soffiare da Riyadh. Sisi non si è presentato ai funerali. E’ stato solo per una questione di maltempo?
Lo stato di salute di Salman è fonte di preoccupazioni, per questo il potere dato al figlio è più significativo di altre nomine annunciate. 79 enne, si sa che ha l’Alzheimer, ma non è noto il suo livello di demenza. Si sa che egli ha tenuto conversazioni articolate non più tardi dello scorso ottobre, ma egli può dimenticare ciò che ha detto pochi minuti prima, o i volti delle persone che ha sempre conosciuto, secondo testimoni. ciò è tipico della malattia. So che negli ultimi mesi le visite mediche sono aumentate, e che egli non fa più passeggiate come era solito prima.
Così, la sua capacità di guidare uno Stato centralizzato, privo di istituzioni, di partiti politici e di politica nazionale, è una questione aperta. Ma un’indicazione di cambio di direzione si può scorgere in due recenti tentativi di stabilire dei collegamenti con figure dell’opposizione egiziana.
Mi hanno detto che un consigliere anziano di Salman ha avvicinato un politico egiziano dell’opposizione, e che ha visto, separatamente, un avvocato. Nessuno di loro è membro della Fratellanza musulmana, ma hanno dei contatti professionali con essa. I colloqui si sono tenuti in Arabia Saudita negli scorsi due mesi, e l’argomento è stato la gestione della riconciliazione. Non si è giunti a iniziative condivise, ma i colloqui stessi sono stati un’indicazione di un approccio più pragmatico, o meno belligerante, di Salman e dei suoi consulenti. Ciò che si è capito è che questi colloqui sono stati preliminari a iniziative che Salman avrebbe annunciato una volta al potere.
La recente politica di re ‘Abdullah è stata quella di dichiarare i Fratelli musulmani organizzazione terroristica alla pari con l’Is o con al-Qa’ida.
Ancor prima che i Sudaris facessero la loro mossa si intravide una lotta di potere entro la Casa dei Saud. Giovedì sera, voci, su Twitter, sulla morte del re, hanno invaso internet – fonte prima dell’informazione politica nel regno. Quando un giornalista saudita ha twittato l’informazione su al-Watan, ci sono state smentite ufficiali.
Quando due emiri hanno twittato a loro volta la morte del re, la mano del palazzo è stata forzata. Il canale televisivo Mbc ha sospeso le trasmissioni ed ha proiettato, in segno di lutto, un’immagine del Corano, mentre la tv di Stato ha continuato con la normale programmazione. Ciò ha significato che un clan della famiglia reale avrebbe voluto diffondere velocemente la notizia, e l’altro clan temporeggiava in attesa di ulteriori negoziati.
Il bisogno di un cambiamento è tutt’altro che apparente. La sera stessa in cui il dramma reale si svolgeva, un terremoto politico ha scosso lo Yemen, il cortile dell’Arabia Saudita. Il presidente ‘Abd Rabbu Mansour Hadi, il suo primo ministro e il governo hanno rassegnato le dimissioni dopo giorni di arresti domiciliari virtuali da parte della milizia Houthi. Le dimissioni di Hadi lasciano il controllo del Paese a due forze, entrambe armate fino ai denti: una milizia appoggiata dall’Iran e addestrata da Hezbollah, e al-Qa’ida, che si atteggia a difensore dei musulmani sunniti.
E’ un disastro per l’Arabia Saudita, e per quel che resta dell’abilità del Consiglio di cooperazione del Golfo nel far reggere gli accordi. I rispettivi ministri degli esteri si erano incontrati solo il giorno prima. L’ex uomo forte dello Yemen, ‘Ali Abu Saleh, espulso dai circoli di potere tre anni fa, e, secondo intercettazioni telefoniche, istruttore degli Houthi nella presa del potere, ora chiede nuove elezioni, e già giovedì sera aleggiavano richieste di separazione del sud dal nord. In altre parole, lo Yemen è diventato ufficialmente il quarto Stato mediorientale fallimentare.
L’ascesa improvvisa degli Houthi nello Yemen non è stato un fenomeno spontaneo. E’ stata programmata e pianificata mesi fa da Saleh e dagli Emirati Arabi Uniti. Il figlio di Saleh, l’ambasciatore yemenita degli Emirati, è stato una figura chiave in questo intrigo estero, e, come già ne scrissi, egli incontrò una delegazione iraniana a Roma. Ciò non sfuggì ai servizi statunitensi, che informarono Hadi. L’anno prima, l’allora capo dell’intelligence saudita, il principe Bandar, inviò un membro della direzione della delegazione Houthi via Londra per una riunione. Incredibilmente, i sauditi stavano riprendendo i contatti con una setta zaida o sciita contro cui avevano un tempo combattuto.
Il progetto saudita-emirati consisteva di servirsi degli Houthi per impegnare e distruggere il loro vero obiettivo, l’Islah, il partito islamista e rappresentante delle tribù sunnite nello Yemen. Come da altre parti nel mondo arabo, la politica estera di ‘Abdullah dal 2011 era completamente volta a fermare le primavere arabe di Tunisia e Egitto, e a schiacciare le forze capaci di costituire un’efficace opposizione nei Paesi del Golfo. Tutto il resto, compresa l’ascesa del principale rivale regionale, l’Iran, venne messo in secondo piano rispetto alla prevenzione di un Islam politico democratico.
Il progetto yemenita saltò quando Islah si rifiutò di resistere con le armi all’avanzata houthi. Di conseguenza, gli Houthi ottennero più controllo di quanto si sarebbero aspettati, e lo Yemen si trova sull’orlo di una guerra civile. La pretesa di al-Qa’ida di essere l’unica forza combattente capace di difendere le tribù sunnite è appena stata lanciata.
E’ troppo presto per dire se re Salman è capace, o anche solo consapevole della necessità di cambio di rotta. L’unica cosa che si può dire con un po’ di certezza è che alcune delle figure-chiave che mettono in atto e gestiscono le trame estere disastrose del regno ora sono tagliate fuori. L’influenza di Meteb è limitata, mentre Tuwaijri è fuori.
Non è nell’interesse di nessuno che il caos si diffonda nel Regno. Forse è proprio una coincidenza che ‘Abdullah sia morto proprio la vigilia della rivoluzione egiziana del 25 gennaio. Ma il momento della sua morte è un simbolo. La famiglia reale dovrebbe capire che il sentimento del cambiamento nato il 25 gennaio è irrefrenabile. La miglior difesa contro la rivoluzione è l’avvio di vere, tangibili riforme nel Regno. Permesso di modernizzazione, di costruzione di una politica nazionale, di partiti politici, di vere elezioni competitive, concedere ai sauditi di condividere il potere, liberazione dei prigionieri politici.
Ci sono due teorie sul lento deragliamento in cui si trova il Medio Oriente. Una è che la dittatura, l’autocrazia e l’occupazione siano il baluardo contro il caos vorticoso della guerra civile e del trasferimento della popolazione. L’altra è che i dittatori siano la causa dell’instabilità e dell’estremismo.
‘Abdullah è stato la prova vivente della seconda teoria. Il suo regno ha lasciato l’Arabia Saudita indebolita internamente, e circondata da nemici come mai prima. Può Salman essere diverso? E’ un compito difficile, ma potrebbero esserci persone attorno a lui che notano la necessità di un cambiamento fondamentale in corso. Sarà il solo modo, per un re saudita, di avere l’appoggio del suo popolo. Nel frattempo potrebbe diventare un leader di riferimento, un monarca costituzionale, ma genererebbe stabilità nel Regno e nell’intera regione.
Traduzione di Stefano Di Felice