'Un riesame del Muro dell'Apartheid. Uno sguardo sul progetto coloniale israeliano'

Comunicato Stampa del Centro Palestinese per il Ritorno (Pcr).

“Un riesame del Muro dell'Apartheid a distanza di sei anni. Uno sguardo sul progetto coloniale israeliano”.

In occasione del sesto anniversario della sentenza emessa dalla Corte penale internazionale (Icj) riguardo alla liceità del Muro in Palestina, il 'Centro per il Ritorno palestinese' (Prc) delinea un tracciato di quanto è accaduto proprio a partire da quella data. In seguito ad una sentenza come quella del 2004, ci si sarebbe aspettati una giusta punizione per lo stato di Israele invece, a sei anni di distanza, continua la disfatta morale e politica del suo progetto coloniale e di apartheid.

Il rapporto di Prc, “Un riesame del Muro di Apartheid a distanza di sei anni. Uno sguardo sul progetto coloniale”, fornisce informazioni ed analisi utili sul parere della Corte penale internazionale e sulle attuali aspirazioni coloniali di Israele, a partire dalla minaccia di espulsione che incombe sui quattro deputati palestinesi di al-Quds (Gerusalemme).

Sommario. A luglio si celebra l'anniversario del parere consultivo dell'Icj sul Muro. Si trattò una della più importanti vittorie per i palestinesi e per tutti coloro che lottano al loro fianco per la giustizia, i diritti umani e per il rispetto della legislazione internazionale.

A sei anni da quella decisione, questa vittoria morale e politica pare non avere avuto alcun impatto sul campo. Israele non ha fatto nulla per allentare la propria politica coloniale, al contrario ha intensificato l'adozione di metodi volti ad espellere i palestinesi dalla loro terra.

Quattro deputati palestinesi, tutti nati a Gerusalemme est, stanno subendo la minaccia dell'espulsione e in queste settimane si sono rifugiati presso la sede della Croce Rossa Internazionale (Icrc).

Intanto, le reazioni a tale minaccia dei governi occidentali restano deboli. Il Muro e il costante rischio di espulsione – motivati da pretesti legali – sono elementi propri di un regime coloniale e di apartheid.

Si tratta di un'ideologia illegale e razzista nell'essenza che mira alla pulizia etnica della popolazione indigena per contenere un fattore – percepito come un problema – quale il dato demografico e, allo stesso modo, mira a preservare un'identità – di per sé contraddittoria – come quella ebraica e di 'stato democratico'.

I dettagli. Contrariamente al passato, il sistema internazionale attuale si trova in una posizione unica e privilegiata per discutere i problemi politici attraverso l'utilizzo di un quadro normativo ben chiaro.

Nel luglio 2004, emersero chiaramente le modalità di funzionamento del quadro internazionale quando l'Icj, principale organo giudiziario Onu, ricevette l'incarico dall'Assemblea Generale di indagare e rilasciare un parere consultivo sulle “Conseguenze legali derivanti dalla costruzione del muro nei Territori Palestinesi Occupati” (Opt).

Tra le sue conclusioni, si poteva leggere: – Costruzione e funzione del muro violano la legge internazionale umanitaria; – Il Muro è uno dei tentativi di Israele di modificare lo status legale degli Opt, inclusa Gerusalemme est; – La costruzione del Muro è una forma di punizione collettiva; – Il Muro è da considerarsi una reazione sproporzionata a qualunque minaccia Israele sostenga di dover affrontare; – Il Muro viola il diritto del popolo palestinese all'autodeterminazione.

1. Si trattava di una vittoria morale e legale senza precedenti per la causa palestinese. Ma ancora, a distanza di sei anni, anziché aver assistito ad una punizione per Israele, questo continua ad agire in qualità di stato paria, al di sopra della legge internazionale ed è ancora più aggressivo contro i palestinesi.

Il progetto coloniale di Israele anzi si consolida. Se vi fossero dubbi circa la natura coloniale e di stato di apartheid di Israele, il muro e le politiche dello stato ebraico verso i palestinesi sarebbero inverosimili.

Proprio a partire dal parere dell'Icj, le politiche israeliane ricordano – sempre più – quelle del Sudafrica dell'apartheid a conferma di una supremazia ideologica priva di morale e legalità.

Di frequente – forse troppo – si fanno affermazioni politiche sensazionalistiche su colonialismo ed apartheid che risultano essere prive di basi storiche e sostanziali. Questo non vale però per il caso israeliano. Nel gennaio 2007, John Dugard, Relatore speciale Onu per i Diritti Umani negli Opt, affermava che l'occupazione militare israeliana contiene elementi di colonialismo e di apartheid.

Nel suo rapporto, indirizzato al Consiglio per i Diritti Umani, incoraggiava l'avvio di indagini e il rilascio di un parere sulle conseguenze legali della condotta israeliana. Secondo Dugard, questo avrebbe 'perfezionato' il parere dell'Icj sul Muro.

Colonialismo ed apartheid costituiscono entrambi gravi violazioni dei diritti umani. Entrambi sono stati condannati dalla comunità internazionale e, con il grado di reato di pulizia etnica, genocidio e tortura, entrambi rientrano tra le norme perentorie come possono essere quelle norme per le quali non è permessa una deroga.

Al fine di indagare su queste accuse, un gruppo di ricercatori internazionali è stato formato dal Consiglio di Ricerca di Scienze Umane del Sudafrica – organo di ricerca incaricato dal parlamento sudafricano nel 1968. Le conclusioni del gruppo di ricerca non fanno altro che confermare le affermazioni di Dugard quando si sostiene che: – Il processo di annessione che Israele sta conducendo a Gerusalemme est è un atto radicato nella volontà coloniale; – Altresì l'acquisizione di terra in Cisgiordania dimostra la volontà coloniale di Israele; – Attraverso la suddivisione e il restringimento delle aree palestinesi in bantustan, Israele viola il principio d&#
039;integrità territoriale degli Opt in contraddizione alla Dichiarazione sul Colonialismo; – Israele ha introdotto un sistema di apartheid.

2. Simili precisazioni da parte della comunità internazionale sono venute meno di fronte all'intransigenza israeliana che non le conferisce alcun'autorità e importanza. In effetti, si assiste a nuove aggressioni e ad una lenta – ma 'efficace' – implementazione degli obiettivi sionisti sulle terre palestinesi – prima fra tutti quello di ripulire la Palestina della sua popolazione indigena.

Oltre agli episodi che sono all'ordine del giorno e aldilà di catastrofi come l'assedio e la guerra (entrambi decretati contro Gaza), si può tracciare un unico filo conduttore delle politiche israeliane. Si tratta di un principio semplice, silenzioso ma che è stato fondamentale per l'intero corso dell'esistenza dello stato ebraico come per il suo mantenimento.

Sin dall'inizio, Israele è sempre stato coerente nell'avanzamento della pulizia etnica e, a quell'obiettivo, oggi resta fedele. Nella storia, solo raramente Israele si è fatto sfuggire occasioni utili per realizzare il suo obiettivo con il trasferimento della popolazione ed ha sempre perseguito lo stesso principio attraverso numerose guerre, conferendo al processo di colonialismo diverse forme: dai complessi edilizi (colonie) alla combinazione tra occupazione, apartheid e colonizzazione.

L'intera struttura legale di Israele negli Opt ha il ruolo e svolge il compito di contribuire all'esecuzione di quel principio fondamentale. Sin dal 1967, per controllare la popolazione palestinese 'occupata', Israele ha emesso oltre 1.200 ordini militari, alterando la situazione legale ed amministrativa negli Opt, in violazione alla legge umanitaria internazionale. Per mettere al sicuro le sue aspirazioni e per garantire il mantenimento dei privilegi a beneficio esclusivo della comunità ebraica, ha messo in gioco leggi quali: la Legge del Ritorno (1950), la Legge sulle Proprietà degli Assenti (1950), la Legge sulle Proprietà dello Stato (1951), La legge sulla Cittadinanza (1952), la Legge sullo Status (1952), La Legge sull'Amministrazione fondiaria israeliana (1960), la Legge su Edilizia (1965) e, nel 2002 ha emesso una 'legge temporanea' per la proibizione del matrimoni tra palestinesi con cittadinanza israeliana e palestinesi degli Opt.

Questo trend ha avuto dei seguiti quando, nell'aprile 2010, furono resi pubblici due nuovi ordini militari. Si tratta dell'Ordine per la prevenzione di infiltrazioni (Emendamento n°2) e l'Ordine sulle disposizioni di sicurezza (Emendamento n°112).

L'episodio del mese scorso – giugno 2010 – che vede quattro deputati palestinesi di Gerusalemme est a rischio di espulsione, è una delle più palesi manifestazioni proprio dei recenti ordini militari. Per i 270.000 palestinesi, residenti di Gerusalemme est, si tratta di un rischio che non ha precedenti storici.

Israele occupò Gerusalemme est nel 1967 e quell'atto non ha mai goduto di un avallo internazionale. Richard Falk, altro relatore speciale Onu sui Diritti Umani per gli Opt, menziona proprio il caso dei quattro deputati palestinesi e lo pone nell'ambito degli sforzi generali di Israele per ripulire Gerusalemme est dei suoi cittadini palestinesi – rimarcando l'illegalità della decisione dalla prospettiva della legislazione internazionale.

Già quando Israele annesse Gerusalemme est, nel 1967, il governo israeliano non aveva alcuna intensione di concedere la cittadinanza agli abitanti della città proprio per scongiurare il rischio di un aumento della percentuale di 'elettori' arabi all'interno di Israele. Quei palestinesi così, furono lasciati in quella situazione e per essi, non si valutò il riconoscimento di uno status alternativo. In mancanza quindi di un'opzione, da allora, gli abitanti palestinesi divennero 'residenti permanenti' similmente allo status previsto in Israele per gli stranieri che soggiornino a lungo nel paese. Il ministero degli Interni ha il diritto di revocare simile status e di deportare la gente nel proprio paese di origine. La stessa definizione di 'residente permanente' non dovrebbe essere applicata agli abitanti di Gerusalemme est. Essi e i loro antenati nacquero nella città, non hanno un'altra cittadinanza e nessuna residenza alternativa. Privandoli del loro status, se ne fa dei 'senza tetto politici' senza protezione alcuna. Quest'espulsione forzata, insieme alla revoca dei loro diritti di residenza, non colpisce solo personalità pubbliche – come parlamentari – ma riguarda molti gerosolimitani.

Stando così le cose, nessuno può dirsi al sicuro dalla minaccia di espulsione. Nel 2008, Israele ha eseguito l'espulsione nei confronti di 466 palestinesi, revocando loro i documenti di residenza e, come conseguenza degli ordini militari dell'aprile 2010, è prevista un'escalation. Gli atti in corso fanno parte di uno sfrenato processo fondato su un sentimento di straordinarietà e alla base di un chiaro desiderio di disporre di una proprietà assoluta, e di un intoccabile e irreversibile controllo sulle vite dei palestinesi.

Conclusioni. L'annessione israeliana di Gerusalemme est e il contesto legale creato negli Opt, è chiaramente parte integrante della volontà coloniale israeliana. Israele non ha alcuna sovranità e legittimità su questi territori per potervi applicare politiche simili. Sullo stato di Israele ricade l'assoluta responsabilità per porre rimedio all'illegale situazione creata. Ha il dovere di bloccare le sue attività – sempre illegali – e di smantellare le sue istituzioni coloniali e di apartheid.

I palestinesi continuano ad assistere al fallimento del sistema formale internazionale che non riesce a far emergere alcun'ammissione di responsabilità israeliana. L'oltraggio internazionale contro l'assedio di Gaza e l'assalto alla Freedom Flotilla rendono invece necessaria un'azione de facto. L'appello per una giustizia in Palestina è giunto al livello del Sudafrica dell'apartheid e le istituzioni globali hanno il dovere di rispondervi in modo appropriato oppure scegliere di mettere a rischio la propria attendibilità. Il caso dei quattro deputati palestinesi di Gerusalemme est è solo un piccolo episodio del complesso meccanismo israeliano diretto a perseguire i propri obiettivi coloniali e a risolvere il problema demografico.

Tra gli obiettivi costanti, vi è proprio il mutamento d
i fatti e situazioni sul campo, al fine di pregiudicare qualunque negoziato futuro. La 'democrazia' israeliana si sposta sempre più verso destra. La Knesset (parlamento israeliano) mostra la propria tendenza all'estremismo e, fatti come quello ai danni della parlamentare palestinese Haneen Zoebi, lo confermano.

Raccomandazioni. Se gli stati falliscono nell'adempiere alle proprie responsabilità, allora, possono considerarsi sullo stesso livello di Israele perché, come lo stato ebraico, agiscono illegalmente. Se uno stato aiuta o assiste inerme al furto di questi territori, permettendo una lenta a graduale pulizia etnica, allora si tratta di pura complicità nel mantenimento del sistema coloniale e di apartheid. Stati, agenzie governative e non, hanno il dovere di impedirlo e di anteporre tutte quelle norme internazionali obbligatorie.

Gli stati non devono riconoscere l'illegale situazione in Palestina ma hanno il dovere di lanciare una forte condanna al processo di annessione di Israele sui Territori Palestinesi Occupati e su Gerusalemme est poiché non è altro che un tentativo criminale di espellere i palestinesi dalla loro terra. I singoli stati e i rispettivi parlamenti nel mondo devono respingere le decisioni israeliane, devono impedire che lo stato ebraico espella i quattro deputati palestinesi da Gerusalemme est. Si ricorda che tutti sono nati nella città e attualmente sono rifugiati presso l'Icrc e chiedono di essere tutelati dalla comunità internazionale. Questa politica deve essere interpretata per quello che è nella realtà: una fase – in progressione – per la rimozione dei palestinesi dalla propria patria attraverso presunzioni legali. Qualora Israele riuscisse ad espellere i quattro deputati palestinesi dalla loro città – Gerusalemme est – allora, risulterà tanto più agevole farlo contro cittadini ordinari.

La comunità internazionale deve agire prima che Israele segua – con maggiore vigore – il corso del suo oltraggioso progetto coloniale e di apartheid.

1. “Conseguenze della costruzione del Muro nei Territori Palestinesi Occupati', Corte penale internazionale (Icj).

(Pag. 175 del testo in lingua inglese).

2. Consiglio di Ricerca di Scienze Umane, Occupazione, Colonialismo, Apartheid? Riesame delle pratiche israeliane negli Opt alla luce della legislazione internazionale. Cape Town, maggio 2009.

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