“Una capitale illegittima per uno Stato senza legittimità”

MEMOIbrahim Hewitt. Non dovrebbe sorprendere che Donald Trump abbia dichiarato che gli Stati Uniti riconoscono Gerusalemme come capitale di Israele. Agli osservatori esperti dei rapporti fra USA e Israele, tale dichiarazione non fa che confermare ciò che diciamo da decenni: Washington non è un mediatore onesto nei negoziati per porre fine al conflitto Palestina-Israele. Anzi, ha fatto sì che le probabilità fossero schierate in favore di Israele e ha chiuso un occhio sul suo disprezzo per il diritto internazionale – che Trump condivide chiaramente – e sulla brutale occupazione militare che ha rubato sempre più terre palestinesi nei sette decenni trascorsi dal 1948.

Il riconoscimento da parte degli Stati Uniti della capitale auto-dichiarata di Israele non ha alcuna base giuridica. Il Piano di partizione delle Nazioni Unite per la Palestina del 1947, sul quale Israele fonda in larga misura la sua legittimità internazionale, aveva tre componenti: “Stati Arabi ed ebrei indipendenti e un regime internazionale speciale per la città di Gerusalemme”. Solo uno di questi è sorto, soprattutto perché Israele e i suoi sostenitori non hanno permesso agli altri esistere. Inoltre, anche se i confini degli “Stati arabi ed ebraici” sono stati definiti chiaramente dalle Nazioni Unite, Israele si è impadronito di più di quanto gli era stato assegnato, compresa Gerusalemme ovest. Ha preso il resto della città nel 1967 insieme agli altri Territori destinati allo “Stato arabo”, e ha poi annesso la Città Santa; questo non è mai stato riconosciuto dal resto del mondo e, legalmente, Gerusalemme rimane “territorio occupato”, così come la Cisgiordania e la Striscia di Gaza.

Pertanto, a voler essere precisi, ogni volta che discutiamo dell’occupazione israeliana, dovremmo riferirci alla Cisgiordania, alla Striscia di Gaza e ad altri territori che ora si è accettato che facciano parte di Israele che li ha occupati fin dall’armistizio del 1949. Pur rispettando, a parole, il piano di partizione delle Nazioni Unite per la propria legittimità, Israele continua a ignorare i termini della risoluzione in quasi tutti i suoi aspetti. Uno sguardo alle mappe della “Palestina Scomparsa” conferma questo fatto spiacevole sul campo.

Ignorare l’ONU è ormai prassi per Israele; il Paese infatti ha violato 28 risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU – che dovrebbero essere vincolanti per gli Stati membri- e ha ignorato almeno 40 risoluzioni non vincolanti dell’Assemblea generale. Vi è un forte motivo a favore dell’espulsione di Israele dalle Nazioni Unite, dato tale record negativo e il fatto che la sua adesione dipendeva in primo luogo dal permettere ai profughi palestinesi di tornare alle proprie case. Questo non è mai stato concesso da Israele e le Nazioni Unite non sono state in grado o non hanno voluto far rispettare la volontà della comunità internazionale.

In parte, naturalmente, ciò è dovuto alla protezione diplomatica accordata a Israele dagli Stati Uniti, che dal 1972 almeno 40 volte hanno bloccato le risoluzioni contro Israele con un veto in seno al Consiglio di sicurezza. Ciò riflette anche l’impotenza dell’Europa di fronte a qualsiasi potere abbia della coalizione filo-israeliana sui suoi politici. La colpa europea dell’Olocausto, forse? O qualcosa di più banale, come l’influenza elettorale e le donazioni? O forse una combinazione delle due cose.

In ogni caso, non possiamo incolpare soltanto Trump e degli Stati Uniti; anche la complicità europea ha svolto un ruolo importante nel permettere a Israele di agire impunemente, così come la collaborazione dell’Autorità palestinese in quella che il presidente Mahmoud Abbas ha definito la sua “sacra” cooperazione di sicurezza con lo Stato occupante. In effetti, come sta diventando chiaro, sembra che i grandi paesi arabi siano stati coinvolti nella collaborazione con Israele, sotto il radar, instaurando legami ora molto aperti con lo Stato sionista.

E’ difficile sapere in questo momento se Trump capisca davvero quale sarà l’impatto della sua mossa su Gerusalemme sulla popolazione della regione. Nessuno di noi lo sa per certo, naturalmente, ma non ci vuole un genio per capire che le prospettive di una pace giusta sono ora ancora più remote. Una sorta di pace potrebbe essere imposta con la forza bruta, senza dubbio, ma non si baserebbe mai sulla giustizia; e non durerebbe mai.

Il presidente degli Stati Uniti e i suoi sostenitori di destra si preoccupano di questo? Probabilmente no. I sionisti cristiani d’America appoggiano questa scelta, e non sono interessati alla pace; essi vedono l’instaurazione dello Stato d’Israele e l'”arrivo degli esuli” (gli ebrei) come un preludio essenziale alla seconda venuta di Gesù e “l’ascensione”; in definitiva della fine del mondo. La defunta Grace Halsell spiegò questo pensiero nel suo libro del 1999 Forcing God’s Hand. Israele sfrutta questa situazione attraverso i suoi gruppi di rappresentanza in tutto il mondo per ottenere sostegno politico, militare ed economico.

Quale effetto avrà la dichiarazione di Trump sui palestinesi per i quali Gerusalemme rappresenta la patria? Israele completerà la pulizia etnica della città costringendoli a fuggire e avvicinandosi sempre più a compiere un genocidio? Con gli Stati Uniti che gli guardano le spalle, è perfettamente fattibile che il governo di estrema destra di Benjamin Netanyahu si senta abbastanza incoraggiato a farlo.

Si potrebbe, in alternativa, pensare di offrire ai palestinesi di Gerusalemme la cittadinanza israeliana, ma questo sconvolgerebbe coloro che vedono già il 20 per cento dei cittadini israeliani non ebrei come una minaccia democratica per lo “Stato ebraico”. La probabilità, quindi, è che l’apartheid israeliano sia ancor più radicato e che i palestinesi lasciati a Gerusalemme subiscano un’ulteriore discriminazione da parte di un governo palesemente razzista.

I lobbisti pro-israeliani belano da sempre sul dal fatto che la campagna per la giustizia pro-palestinesi cerca di “delegittimare” lo Stato, ma devono ancora spiegare con credibilità la validità delle loro referenze; in verità, non ce ne sono. L’ultimo cagnolino di Israele a Washington ha ora riconosciuto una capitale illegittima per uno Stato illegittimo.

Inoltre, Israele è diventato uno Stato canaglia per antonomasia; non solo sta accrescendo la sua fama- per ora-ma è anche riuscito incredibilmente a convincere le grandi potenze del mondo di essere la vittima innocente in tutto questo. Tuttavia, non è più circondata da stati ostili; la scusa “dell’autodifesa e della sicurezza” per la sua vile occupazione e le offensive militari contro i civili palestinesi sta venendo fuori, nel momento in cui l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti si uniscono alla Giordania e all’Egitto per legare i loro cammelli e riporre fiducia in Tel Aviv.

Israele sta barrando le caselle sulla sua lista dei desideri. Sembra che la battaglia per Gerusalemme sia stata vinta. Dopo le incessanti incursioni coloniali ebraiche nel Monte del Tempio – che saranno viste in futuro come le sue prime scaramucce -la battaglia per la Moschea Al-Aqsa, cuore della presenza palestinese e musulmana in Terra Santa, Israele potrebbe anche essere in procinto di iniziare a fare sul serio. Il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele è solo l’inizio. Il prossimo obiettivo sarà quello di occupare e demolire Al-Aqsa e la Cupola della Rocca e costruire un tempio al loro posto. I progetti sono già stati preparati.

Con il personaggio cattivo raffigurato come vittima-povero piccolo Israele-e quelli che hanno il  diritto internazionale e giustizia da parte loro demonizzati come trasgressori, i giorni del False Messiah potrebbero essere alle porte. C’è qualcuno per Armageddon?

Traduzione di Ada Maria De Angelis