Una nuova vita, vittima dell’oppressione, si è spenta a Beit Rima

408515CDi Meriem Benmohdhi. Israele colpisce ancora: si spegne la vita di un altro giovane palestinese.  Una nuova vita vittima dell’oppressione si è spenta a Beit Rima, vicino a Ramallah.

Sabato notte è toccato ad Ahmad Remawi spegnersi; è stato colpito al cuore in pieno, proprio come si colpisce un animale durante una battuta di caccia.

Ciò che Ahmad voleva, insieme agli altri ragazzi di Bait Rima e Nabi Saleh, era solo passare una notte tranquilla, senza dover subire le angherie dell’IDF e doversi vedere i propri cari, innocenti,  arrestati sotto gli occhi senza poter fare niente.

Quella di Ahmad non è mai stata una vita normale, e sin dalla sua infanzia, ha perso il padre che era stato arrestato dall’intelligence israeliana. Per questo il piccolo ha sempre dovuto arrangiarsi e lavorare per poter aiutare se stesso e la sua famiglia. Lo ricordano tutti come un ragazzo che non ha mai potuto dedicarsi a nessun hobby in particolare, né giocare a calcio, né guardare la TV, in quanto passava il giorno a lavorare e dormire. Sognava di mettere da parte i soldi e diventare felice, ma ancora una volta l’occupazione israeliana ha distrutto i sogni di un giovane di soli 19 anni.

Come quasi ogni notte, l’IDF è entrato sparando all’interno dei villaggi di Nabi Saleh e Beit Reima, e tra la preoccupazione e l’ansia del non sapere chi sarebbe stato arrestato o ucciso dai soldati israeliani, i ragazzi di entrambi i villaggi sono usciti e hanno provato ad intimorire i soldati con il lancio di qualche pietra, ma questi hanno risposto sparando con le loro armi di ultima generazione. Nel buio della notte di Beit Rima hanno colpito il cuore del giovane Ahmad, che voleva solo che per una notte potesse regnare la pace, e si potesse dormire senza essere accompagnati dal suono dei proiettili israeliani.

Gli unici ad indignarsi sono sempre i cari delle vittime, che vorrebbero però passare il loro messaggio a tutto il mondo, e dimostrare quanto sia difficile per una madre, una moglie o un padre, vivere nella Palestina occupata, senza che un proprio familiare venga ucciso ingiustamente.

Intanto oggi i due piccoli villaggi si svegliano tra il dolore del funerale e la grinta dei canti in protesta per la morte di un ragazzo buono, che aveva ancora la vita davanti, ma che sicuramente non avrà giustizia, finché non ci mobiliteremo, come succede per tutte le altre vittime palestinesi.