USA, Israele e la destabilizzazione della Palestina. Un articolo del prof. Michelguglielmo Torri.

Riceviamo dalla lista "Apriti Sesamo" un articolo del prof. Michelguglielmo Torri (che comparirà sul prossimo numero del mensile svizzero "Galatea", nella rubrica di politica estera "Quadrante") e pubblichiamo qui di seguito.  
   

USA, Israele e la destabilizzazione della Palestina.

Da quando Hamas ha avuto il torto di vincere democraticamente le elezioni nei territori palestinesi occupati, Israele e gli USA si sono impegnati a ridurre alla disperazione la popolazione palestinese attraverso il blocco economico totale dei territori occupati. Il risultato è che, secondo l’ILO, il 40,7% della forza lavoro palestinese è disoccupata; inoltre, rapporti giornalistici riportano che una parte considerevole degli occupati – cioè i dipendenti pubblici – è senza stipendio da mesi; ancora, secondo un  rapporto ONU del 30 maggio, il 40% dei palestinesi guadagna meno dell’equivalente di US$ 2,10 al giorno (sic); infine, secondo la Banca Mondiale, questa percentuale è destinata a raggiungere il 67% al termine di quest’anno.

L’affermazione del giornalista americano Alexander Cockburn, secondo cui «intere comunità, private da Israele del cibo e dei medicinali, sono sull’orlo della fame» non sembra avere nulla di esagerato. Lo stesso Jerusalem Post (14 giugno) ha riportato le preoccupazioni di alcuni funzionari delle ONG attive in campo medico nei territori occupati. La politica americana volta a privare il governo palestinese di ogni aiuto economico sta comportando una serie di costrizioni per le stesse ONG, con pesanti effetti negativi sulla loro capacità operativa nei territori occupati. In ogni caso – secondo Elizabet Sime di CARE, uno dei funzionari intervistati –  anche se gli esistenti controlli venissero aboliti, le ONG non sarebbero in grado di sostituirsi al Ministero della Sanità palestinese nel fornire trattamenti medici adeguati.

Nei territori occupati non solo cure come la chemioterapia e le dialisi sono diventate impossibili, ciò che sta facendo crescere il tasso di mortalità dei pazienti, ma sono venute a mancare scorte mediche essenziali, a partire dagli anestetici. Ormai, in molti ospedali si fanno solo interventi chirurgici d’emergenza.

Naturalmente, il fine di questa «politica della crudeltà» è quello di determinare una situazione generale che renda possibile un colpo di stato contro il governo di Hamas. Per raggiungere questo obiettivo, gli USA – che, dopo tutto, negli anni della guerra fredda hanno acquisito una non piccola esperienza in questo settore – stanno anche ricorrendo a strumenti di destabilizzazione più tradizionali. Sono loro che stanno pervicacemente spingendo il presidente dell’ANP, Mahmoud Abbas, ad agire – con la forza, se necessario –  contro il legittimo governo di Hamas. Sono sempre gli americani che stanno finanziando Mohammed Dahlan, l’ex capo della sicurezza preventiva di Gaza, perché crei un nuovo gruppo politico in contrapposizione sia a Fatah, sia a Hamas. Infine, secondo fonti citate dall’egiziano «Al-Ahram», i servizi di sicurezza israeliani, operando sotto copertura nei territori palestinesi, sono attivi nel promuovere la crescita di tensione e le esplosioni di violenza intestina che, da settimane, caratterizzano la situazione sul terreno.

In una congiuntura del genere, non bisogna stupirsi che i palestinesi siano sull’orlo della guerra civile; bisogna piuttosto stupirsi che questa non sia già scoppiata. In effetti, secondo un’analisi del giornalista israeliano Danny Rubistein (Ha’aretz, 6 giugno), vi è ancora un’esigua possibilità che, nel corso delle prossime settimane, il presidente Abbas e il primo ministro Ismail Haniyeh raggiungano un qualche tipo di comune piattaforma politica.

Quest’ultimo fatto può forse offrire una spiegazione per atti di barbarie come l’attacco israeliano dell’8 giugno scorso, sul tratto nord della spiaggia di Gaza. È stato in quell’occasione che vi è stato l’assassinio di sette civili palestinesi, fra cui un bambino e un’infante, e il ferimento di altre 35 persone. Ovviamente, si può ipotizzare che l’attacco non sia che una manifestazione del livello di barbarie raggiunto da un esercito che non cessa di vantare la «purezza» delle proprie armi. Ma è anche possibile che vi sia un’altra motivazione sia del massacro, sia della ridicola e incredibile giustificazione datane dal primo ministro israeliano Olmert (secondo cui, semplicemente, le forze armate di Israele non avrebbero avuto alcun ruolo nei fatti). Questi e altri consimili attacchi ai civili palestinesi non sarebbero che una provocazione politica, finalizzata a dare spazio alle correnti palestinesi più estremiste, in modo da rendere più problematico un accordo fra Fatah e Hamas.

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Apriti_Sesamo! - fondata nell’ottobre 2002 e da allora diretta da Michelguglielmo Torri - mira a favorire un dibattito non superficiale sul Medio Oriente e sul mondo islamico. Il materiale distribuito è scelto esclusivamente per la capacità di offrire spunti e di fornire informazioni utili a tale dibattito. Pertanto esso non rispecchia necessariamente le posizioni politiche del direttore e dei gestori della lista.

 

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