Verdure palestinesi contaminate: dalla fattoria alla tavola senza regolamentazioni

MEMO. Dietro i colori brillanti delle verdure palestinesi vendute nei mercati si celano raccapriccianti segreti che, nel 2017, analisi di laboratorio riuscirono a svelare. In particolare, si tratta di due delle principali colture che arrivano sulle tavole dei palestinesi, quelle dei pomodori e dei peperoni. Quell’anno, 20 campioni di entrambe le coltivazioni furono prelevati dalle città della Cisgiordania per essere esaminate nel Laboratory Testing Centre dell’università di Birzeit. Allora, le autorità di regolamentazione promisero di riformare il settore dei pesticidi agricoli e di sviluppare una nuova formula che rendesse loro possibile svolgere dei periodici controlli sugli ortaggi.

Tre anni dopo, nulla è cambiato; né le procedure di controllo, né l’uso casuale di pesticidi. A conferma di ciò, all’inizio del 2020, l’ARIJ ha condotto una serie di test su otto campioni di pomodori e di peperoni provenienti dalle zone settentrionali, centrali e meridionali della Cisgiordania.

I risultati dei test non hanno mostrato alcun miglioramento e la situazione è addirittura peggiorata. Durante il corso di questi tre anni, le indagini hanno svelato che le verdure vendute ai consumatori palestinesi contengono alti livelli di residui di pesticidi agricoli. Questi livelli violano le indicazioni e gli standard del Codex Alimentarius, emesso dall’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (FOA) e dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), e possono essere dannosi per la salute dei consumatori.

Verdure palestinesi: lontano dalla censura.

Una mattina del dicembre 2017, un reporter dell’ARIJ partì da Ramallah verso la parte palestinese della valle del Giordano – conosciuta anche come “il cesto di verdure della Palestina”, dato che fornisce il 60% della verdura prodotta in tutto il Paese. Il clima caldo, il suolo fertile e le risorse d’acqua abbondanti, dovute alla posizione su un importante bacino d’acqua, offrono la possibilità di coltivare la terra durante tutto l’anno.

Muhammad Abu Al-Sheikh, 52 anni, agricoltore del villaggio di Bardala racconta all’ARIJ: “Ti dico la verità, non ho mai visto in tutta la mia vita nessuno del ministero dell’Agricoltura sulla mia terra, né per darmi assistenza, né per prelevare dei campioni da analizzare. Sinceramente…non li ho mai visti. So che il ministero dell’Agricoltura deve venire qui ad ispezionare le colture e monitorare l’uso di pesticidi. Se il Ministero, che è il diretto interessato, non se ne preoccupa, come posso io occuparmene? Loro dovrebbero prelevare dei campioni e controllarli. Se c’è qualcosa che non va, mi possono considerare responsabile”.

Anche Samih Khdeirat ribadisce lo stesso concetto mentre si trova nei campi in cui coltiva peperoni: “Nessuno del ministero dell’Agricoltura si è mai recato qui con lo scopo di controllare o per fornirmi assistenza. Gli agricoltori usano i pesticidi che vogliono e contano sulle conoscenze personali. Per esempio, se utilizzando un determinato pesticida non riusciamo ad eliminare una specifica malattia, ne aumentiamo la quantità utilizzata”.

Secondo gli agricoltori e i venditori ambulanti di verdure non esistono regolamentazioni.

“Nessuno controlla. Non è mai successo che il ministero dell’Agricoltura o qualsiasi altra parte abbia prelevato dei campioni per realizzare dei test”, ha rivelato un venditore all’ARIJ.

La maggior parte dei venditori che abbiamo intervistato si ritiene non responsabile della presenza di qualsiasi materiale o residuo su frutta e verdura. Sono d’accordo nel ritenere come unico responsabile il ministero dell’Agricoltura.

Uno dei venditori del mercato di Al-Fara’a, vicino alla città di Tubas, ha raccontato ad ARIJ: “È il ministero dell’Agricoltura che dovrebbe esaminare e aiutare gli agricoltori. I casi di cancro in aumento sono tutti dovuto ai pesticidi”.

“Il ministero dell’Agricoltura è il responsabile, certo. Il Ministero dovrebbe seguire e monitorare gli agricoltori, cosa piantano e cosa usano sugli ortaggi. Io sono il proprietario di un negozio, non sono lo stato o il ministero e quindi non ho il compito di monitorare la situazione”, ha detto un venditore ambulante di Hizma, nella Gerusalemme Nord.

I risultati di laboratorio dei 29 campioni di pomodori e peperoni prelevati in diverse città della Cisgiordania mostrano che il 72.4% degli ortaggi sono contaminati. Ciò significa che contengono uno o più residui di pesticidi. Il risultato ha inoltre illustrato che il 55.1% include precipitati, ovvero una quantità di pesticidi chimici superiore al limite massimo permesso a livello internazionale dall’OMS.

La percentuale di campioni in cui il residuo di pesticidi è inferiore al limite consentito non supera il 17.2%, solo 5 campioni. I campioni, invece, completamente privi di pesticidi sono solo 8.

I danni causati dagli insetticidi.

George Karzam è un ricercatore e un esperto ambientale che dirige anche l’Unità di studi presso il MA’AN Development Centre. Karzam ritiene che la percentuale dei campioni privi di residui di insetticidi sia molto bassa.

“L’aspetto più inquietante che emerge dai risultati è che ci sono residui di insetticidi ufficialmente banditi a livello internazionale o in Palestina. Per esempio, l’insetticida conosciuto dalla scienza con il nome di “Endosulfan Thionex” è stato bandito a livello globale già da parecchi anni, e i residui di questo pesticida sono stati trovati nei campioni. Inoltre, tutti i campioni contaminati contengono una miscela di composti, il che significa che ne contengono più di uno, magari due, tre o quattro con l’eccezione di un campione. Tutto ciò è estremamente pericoloso; è evidente che si miscelano i composti chimici e gli ingredienti attivi dei pesticidi per aumentarne il grado di tossicità”, ha spiegato Karzam.

Manca una strategia.

Recentemente è stata condotta una ricerca sulle metodologie utilizzate dalla Palestina per stabilire quali siano i pesticidi consentiti e quelli proibiti. È subito emerso che le procedure utilizzate mancano di rigore e di metodologia scientifica. Esistono infatti alcuni pesticidi che sono stati inizialmente proibiti, ed in seguito inseriti nelle liste ufficiali del governo dei prodotti consentiti. Un esempio è l’insetticida “MANCOZEB”. Secondo la delibera n. 14, emessa nel 2011 dal ministero dell’Agricoltura, è vietato l’utilizzo di gruppi di pesticidi con questo nome scientifico e con i principi attivi in essi contenuti.

Ma secondo Karzam il divieto dovrebbe riguardare i principi attivi e non i marchi.

Ad esempio, il MANCOZEB è stato vietato sotto vari marchi ma, dopo il 2011, nonostante il divieto ufficiale, questo gruppo di pesticidi è stato autorizzato. Appaiono, infatti, nella lista dei pesticidi per l’agricoltura il cui uso è permesso nelle aree amministrate dall’Autorità palestinese.

La stessa situazione si è verificata con il Chlorfenapyr, un insetticida noto anche con il nome commerciale di “Berat”, che è stato bandito con la stessa risoluzione di legge del 2011. L’insetticida è stato vietato sotto il nome commerciale ma l’elenco ufficiale del governo del 2016-2017 ne consente l’utilizzo.

Karzam ha spiegato all’ARIJ che “talvolta viene vietato l’utilizzo di un pesticida con un certo marchio, ma è consentito l’uso di altri pesticidi con gli stessi principi attivi. È un vero e proprio insulto all’intelligenza delle persone. Ciò che si dovrebbe fare è definire, attraverso un metodo scientifico, quali pesticidi bandire e quali consentire”. 

Scambio di accusa tra autorità.

La responsabilità di ispezionare le colture agricole nei campi e nei negozi sfugge ai controlli a causa del conflitto tra il ministero dell’Agricoltura e quello della Salute. Il ministero dell’Agricoltura ha solo 13 ispettori in Cisgiordania e il loro ruolo è limitato al monitoraggio dei negozi di pesticidi e al controllo dei processi di autorizzazione e di importazione, non coprendo quindi il monitoraggio dei prodotti agricoli una volta che lasciano le aziende.

Questo significa che la verdura e la frutta venduta ai consumatori palestinesi non è soggetta a nessun tipo di controllo. Gli ortaggi sono infatti raccolti nei campi, trasportati nei negozi e in seguito venduti ai consumatori senza alcuna regolamentazione, e questo espone le persone a malattie che si manifestano spesso nel lungo periodo.

Il portavoce e direttore del dipartimento pesticidi del ministero dell’Agricoltura, Abdel-Jawad Sultan, ha detto che il compito del ministero termina con i controlli nei campi. Sultan attribuisce la responsabilità di ispezionare e assicurarsi che i prodotti agricoli siano privi di residui di pesticidi al ministero della Salute.

“Gli ortaggi sono prodotti agricoli e la nostra responsabilità termina dopo che il raccolto lascia le aziende agricole. È qui che interviene il ministero della Salute, il quale ha il compito di ispezionare il prodotto, poiché il potere di controllare bancarelle e negozi è di sua competenza”, ha detto Abdel all’ARIJ.

Il ministero della Salute, a sua volta, affida la responsabilità di esaminare i residui di pesticidi al ministero dell’Agricoltura.

Ibrahim Attia è stato direttore della Salute ambientale fino alla sua morte, nel marzo di quest’anno. L’uomo sottolineava che la responsabilità del mSnistero della salute è limitata ai prodotti agricoli che sono passati alle fasi di lavorazione e di confezionamento. Come esempi citava il timo dopo che è stato macinato e i pomodori una volta cotti e trasformati in concentrato di pomodoro.

Mentre i ministeri della Salute e dell’Agricoltura continuano a non essere d’accordo su chi sia il responsabile, l’amministrazione generale del dipartimento per la protezione dei consumatori presso il ministero dell’Economia nazionale afferma che lo status quo non raggiunge lo stato di disciplina di mercato nella produzione agricola. Quanto detto descrive la realtà, poiché vi è una mancanza di chiarezza nella divisione dei poteri tra le due autorità.

Secondo il direttore della protezione dei consumatori, Ibrahim Al-Qadi, esiste una strategia palestinese per la sicurezza alimentare preparata dai ministeri della Salute, dell’Agricoltura e dell’Economia per controllare i prodotti animali e agricoli.

L’uomo ha aggiunto che la responsabilità del ministero dell’Agricoltura si estende dall’azienda agricola al mercato, dall’agricoltore al consumatore. Secondo il direttore del dipartimento per la tutela dei consumatori, Ibrahim Al-Qadi, quello che manca è un accordo tra i ministeri.

Il dottor Aqil Abu-Qare ‘, un ricercatore nel campo dei pesticidi, è rimasto inorridito dagli inquinanti chimici trovati nei pomodori e nei peperoni esaminati, soprattutto perché alcuni contengono pesticidi vietati in Palestina. Ma ciò che lo preoccupa di più, è la presenza di più di un pesticida in ogni campione, che porta ad un aumento della tossicità.

“Ci sono danni a breve termine prodotti dalla tossicità dei pesticidi che compaiono con sintomi come la nausea. Se però la concentrazione è alta, possono portare anche alla paralisi o alla morte”.

“Le conseguenze dell’esposizione del corpo umano a piccole quantità di sostante tossiche compaiono nel lungo periodo e comportano gravi rischi”, e aggiunge, “Il più significativo di questi è il cancro, che è la seconda causa di morte in Palestina”.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità mette in allerta anche su un’altra tematica: “I pesticidi sono tra le principali cause di morte per auto-avvelenamento, soprattutto nei paesi a basso e medio reddito”.

“Poiché i pesticidi sono tossici per la natura e si diffondono lentamente nell’ambiente, la loro produzione, distribuzione e utilizzo richiedono una regolamentazione e un controllo rigorosi. Inoltre, è necessario il monitoraggio regolare dei residui di pesticidi negli alimenti e nell’ambiente”.

“L’utilizzo di grandi quantità di pesticidi può causare l’avvelenamento ed effetti collaterali a lungo termine sulla salute, inclusi tumori e danni all’apparato riproduttore”.

L’uso di pesticidi in Palestina non influenza negativamente solo i consumatori, ma anche gli agricoltori e i proprietari di bancarelle del mercato che mettono a rischio la propria salute poiché continuamente esposti a queste sostanze chimiche dannose e potenzialmente mortali.

La continua confusione a livello ministeriale non lascia ben sperare in un possibile cambiamento della situazione corrente.

Traduzione per InfoPal di Sara Origgio