Vite sotto occupazione: “Non dovrebbe succedere a nessun bambino”

Gaza – Pchr. Il 7 ottobre 2012, attorno alle 17,30, le forze israeliane hanno lanciato due missili contro due uomini in motocicletta, mentre stavano passando davanti alla scuola elementare “Taha Hussain”, nel quartiere al-Brazil, a Rafah, nella Striscia di Gaza meridionale. Uno dei due uomini è morto per le ferite causate dalle schegge; all’altro, invece, secondo fonti mediche, è stata amputata una gamba. Otto passanti, civili, dei quali 4 bambini e una donna, sono rimasti feriti nell’attacco. Le forze israeliane utilizzano spesso, nella sovrappopolata Striscia di Gaza, gli attacchi aerei come forma di esecuzione extragiudiziale di persone sospettate di appartenere a gruppi armati. Israele li chiama “assassinii mirati”, ma molto spesso in tali attacchi vengono feriti o uccisi anche civili che si trovano in zona. Sabrin al-Maqousi, 23 anni, e i suoi due bambini, Bisan di un mese, e Nassim di 2 anni, hanno riportato ferite nell’attacco. Anche il cugino di Sabrin, Jehad al-Qatrous, 27 anni, è stato ferito.

Sabrin vive a Jabalia, ma si trovava a Rafah in visita alla sua famiglia, con i suoi due bambini, al momento del raid. “Mio figlio Nassim”, ricorda, “era seduto all’ingresso di casa quando i missili sono stati lanciati. Mi sono precipitata a prenderlo per portarlo dentro, ma era già stato ferito da schegge. Continuava a dire di avere del sangue addosso. Alcune persone si sono offerte di portarlo all’ospedale in macchina. Nel frattempo, cercando di calmare la piccola Bisan, mi sono accorta che la sua testa sanguinava, così entrambi i miei figli sono stati portati di corsa all’ospedale. Solo dopo la loro partenza per l’ospedale mi sono resa conto di un dolore acuto alla gamba: ero stata colpita da una scheggia anch’io, e stavo sanguinando. Pure mio cugino, che abita accanto alla casa della mia famiglia, era stato ferito, così siamo andati di corsa all’ospedale anche noi, in ambulanza”.

Dapprima i feriti sono stati portati all’ospedale Abu Yusif an-Najjar, a Rafah, che però era sovraffollato. Quindi sono stati portati all’Ospedale Europeo, dove sono stati medicati. “Ci hanno estratto le schegge, e la bimba ed io siamo state dimesse cinque ore più tardi. Nassim è stato invece ricoverato, le sue ferite erano più gravi. A mio cugino è stata estratta una scheggia da una gamba, ma il dottore ha detto che ce n’è un’altra che richiede un intervento chirurgico. Jehad ha anche perso temporaneamente l’udito, essendo stato ferito anche a un orecchio”.

Sabrin teme per la sicurezza e la salute dei suoi figli e della propria famiglia. È angosciata e preoccupata per le conseguenze di eventuali attacchi futuri: “Tornata a casa dall’ospedale ho cominciato a piangere. Mi sono svegliata spesso, quella notte, temendo che potesse succedere qualcos’altro. Ero arrabbiata e triste per quel che ci era accaduto: eravamo appena arrivati a far visita alla mia famiglia, ci stavamo divertendo insieme, e, improvvisamente, siamo stati feriti. I miei bambini non sono nemmeno grandi abbastanza per capire ciò che è loro successo. Nassim sa solo di essere stato ferito dalle Forze israeliane, nient’altro. Non può più andarsene in giro liberamente come prima, ed è spaventato. Anch’io sono spaventata per ciò che è successo, e per come tutto si è svolto così all’improvviso. E se fosse andata a finire peggio? La nostra vita avrebbe potuto cambiare”.

Dal momento dell’attacco, Sabrin dice che la sua speranza costante è sempre stata la pace, e spera di riuscire a sentirsi di nuovo al sicuro. “Quando ho visto i miei bambini venir portati via feriti, sono rimasta psicologicamente colpita. È stato quasi come se io non fossi stata lì. Ti immagini che certe cose possano succedere solo in televisione, e che non capiteranno mai a te e alla tua famiglia. Ho assistito all’operazione Piombo Fuso, e ho visto gli attacchi ai tunnel di Rafah, ma nessuno di quei fatti mi ha spaventata come il vedere i miei bimbi feriti. È del tutto inaccettabile che dei bambini possano venire feriti in questo modo. Spero davvero che la situazione a Gaza possa cambiare. A nessuno dovrebbero capitare cose del genere, soprattutto non a dei bambini”.

Colpire direttamente un obiettivo civile è considerato crimine di guerra dall’articolo 8 (2) (b) (ii) dello Statuto di Roma del Tribunale criminale internazionale. In modo analogo, la distruzione di proprietà privata è proibita dall’articolo 53 della Quarta convenzione di Ginevra, a meno che essa non sia assolutamente necessaria per consentire le operazioni militari. Lanciare un attacco indiscriminato e intenzionale costituisce crimine di guerra, come definito dall’articolo 8 (2) (b) dello Statuto di Roma del Tribunale criminale internazionale. Inoltre, secondo il principio della proporzionalità, codificato nell’articolo 51 (5) (b) del Protocollo aggiuntivo numero 1 alla Convenzione di Ginevra, un attacco che possa prevedibilmente causare perdite accidentali di vite umane, ferimento di civili o danni a obiettivi civili, o una combinazione di essi, è considerato eccessivo relativamente al concreto e diretto vantaggio militare anticipato.

Traduzione per InfoPal a cura di Stefano Di Felice