13 feriti nell’anniversario del massacro simbolo di Hebron

266700_345x230Hebron-Ma’an. Almeno 13 palestinesi sono stati feriti e 5 sottoposti a fermo dopo la violenta dispersione da parte di Israele dei manifestanti nella città di Hebron, in Cisgiordania meridionale, nella giornata di venerdì, che segnava il 20° anniversario del massacro della moschea di Ibrahimi.

Gli scontri sono scoppiati in seguito a una nutrita dimostrazione organizzata dal gruppo attivista Youth Against Settlements, che richiedeva la riapertura di Shuhada Street, un’arteria principale chiusa ai palestinesi dalle forze israeliane dal 1994.

Oltre 2000 persone hanno marciato dalla moschea di Sheikh Ali al-Bakaa verso l’entrata est di Shuhada street, ma le forze israeliane hanno iniziato a lanciare granate stordenti e candelotti di gas lacrimogeno verso i dimostranti mentre quest’ultimi raggiungevano l’area di Bab al-Baladiya.

Il governatore di Hebron Kamil Hmeid e il legislatore Mustafa al-Barghouthi si trovavano tra i partecipanti alla marcia.

Il coordinatore di Youth Against Settlements, Issa Amro, ha dichiarato che la forze israeliane hanno inseguito i manifestanti nel quartiere di Bab al-Zawya e hanno sparato proiettili di acciaio rivestiti di gomma, ferendo almeno 13 persone.

Le ambulanze hanno portato i feriti negli ospedali cittadini perché ricevessero cure, mentre altri manifestanti che avevano inalato gas lacrimogeno in quantità eccessiva sono stati trattati sul posto.

Tra i feriti Badee al-Dweik, Tamer al-Atrash, Issa Amro, Mohammad Zughayyer e Farid al-Atrash.

Majida al-Masri, membro dell’agenzia governativa DFLP, ha accusato disturbi causati dall’eccessiva inalazione di gas lacrimogeno.

Una portavoce militare israeliana ha affermato che “150 palestinesi si sono radunati in una folla violenta”, che avevano “lanciato pietre” e che bloccavano una strada principale. Di conseguenza, le forze israeliane “hanno utilizzato i mezzi necessari per disperdere una folla in tumulto” e tre manifestanti sono stati “trattenuti per essere interrogati”.

Le proteste sono arrivate al quinto anniversario del lancio della campagna “Open Shuhada Street”, una campagna locale per costringere le autorità israeliane a riaprire una delle principali arterie per il traffico palestinese nel centro di Hebron.

La strada è stata chiusa nel 1994 dopo che un estremista israeliano entrò nella vicina moschea di Ibrahimi e aprì il fuoco, uccidendo 29 fedeli e ferendone 125.

Di conseguenza, le forze israeliane chiusero l’arteria il con il pretesto di voler proteggere gli insediamenti israeliani all’interno di Hebron dalla rappresaglia palestinese.

Secondo B’Tselem, associazione per i diritti umani israeliana, oltre il 40 per cento delle case palestinesi presenti nell’area sono state abbandonate e i tre quarti degli esercizi commerciali ha chiuso a causa delle grandi difficoltà che hanno dovuto affrontare in seguito alla chiusura della strada e dei posti di controllo.

Nella città vecchia di Hebron vivono 500 coloni, molti dei quali hanno occupato illegalmente case palestinesi cacciandone con la forza i legittimi abitanti. Sono protetti da migliaia di soldati israeliani e spesso tormentano i palestinesi locali.

Un accordo del 1997 ha diviso Hebron in aree sotto il controllo palestinese e israeliano.

La zona H2, controllata da militari israeliani, include la città vecchia, dove si trovava la moschea di Ibrahimi (a sua volta divisa in una sinagoga chiamata “tomba dei patriarchi”) e Shuhada street, fiorente un tempo, ma ora serie interminabile di case chiuse e negozi con le saracinesche abbassate.

Traduzione di Laura Delia