269 Life: il movimento animalista israeliano contri i palestinesi

Di L.P. Chi si occupa di Palestina dovrebbe sapere che il sionismo è un concetto che non si limita solamente alla colonizzazione delle terre palestinesi, all’oppressione e alla discriminazione razziale del popolo palestinese, ma è anche una forte propaganda di creazione di consenso verso un paese che vuole mostrarsi al mondo come moderno e progressista, quando in realtà è basato su un forte conservatorismo religioso e amministra la giustizia attraverso tribunali religiosi. Nell’illusorio “volto moderno” c’è spazio anche per i diritti animali, specialmente per una associazione animalista in particolare: 269 Life.

Era il 2012 quando un vitello, come tanti altri in un allevamento per la produzione di latte vaccino in Israele, viene liberato, il giorno prima di morire, da un blitz di alcuni attivisti. Sarebbe finito al macello come tutti gli animali nati e cresciuti in allevamenti intensivi, ma dopo il salvataggio in extremis divenne famoso e salì alla ribalta mediatica, diventando ben presto il simbolo della lotta contro lo sfruttamento e l’uccisione degli animali, del ricordo di quelli che sono stati sacrificati e torturati nei mattatoi e nei macelli e dell’impegno di chi, ogni giorno, combatte per difendere la dignità e la vita delle creature non umane.

Vi furono molte proteste per la liberazione di 269 tanto che il 2 ottobre 2012 a Tel Aviv, durante una performance, tre attivisti nudi e incatenati si fecero marchiare a fuoco su diverse parti del corpo proprio il numero “269”. Con questo gesto, fortissimo, si intendeva esprimere solidarietà verso tutte “le vittime dell’olocausto quotidiano che si consuma nell’indifferenza totale del mondo”.

La liberazione del vitello è stata diffusa dal sito del movimento Free269 attraverso un video che ha ricevuto migliaia di visualizzazioni in pochissimo tempo, facendo il giro del mondo e scatenando ammirazione, scandalo e un forte legame di vicinanza ideologica tra gli animalisti da ogni parte del mondo. Questa operazione ha rappresentato un evento storico e il leader del movimento animalista, Boojor, ha dichiarato di sperare che ciò divenga fonte di ispirazione in tutto il mondo.

A partire da quella data storica, l’evento della marchiatura a fuoco, chiamato appunto 269Life, si ripete ormai periodicamente in molte città del mondo ed è divento un importante appuntamento per gli attivisti per liberazione animale, ed è ciò che ha portato alla fondazione vera e propria del movimento 269Life.

Come spiega Boojor “Il vitello 269 è stato liberato, ma l’obiettivo primario del nostro movimento è quello di liberare tutti gli animali reclusi e di sottrarli ad un destino di sofferenza e morte”.

Ma ciò avviene solo nella teoria e non nella pratica, infatti moltissimi collettivi antispecisti hanno dato inizio al loro attivismo proprio come derivazione di questo movimento, ma in seguito si sono distaccati da esso e oggi si oppongono fermamente a questo movimento sia sul piano dei metodi di lotta sia sugli obiettivi.

Infatti, l’apoliticismo rivendicato da “269 Life” e la loro militanza fondata essenzialmente su manifestazioni di strada ad effetto scioccante, si basa dichiaratamente sul rifiuto dell’intersezionalità, dell’antispecismo e sul rifiuto di includere l’antispecismo in un discorso più ampio di critica strutturale contro tutti i sistemi di dominio ed oppressione come lo Stato e il capitalismo. La lotta antispecista deve tenere conto delle altre oppressioni e affermare la necessità di combattere tutti i domini anche quando prendono di mira gli umani come razzismo, sessismo, xenofobia ed omofobia.

Questi spettacoli di teatralità durante i quali gli umani portano in scena la terribile condizione degli animali, come ad esempio marcandosi le carni, nella volontà di scioccare il pubblico, rispondono ad una strategia di persuasione morale e colpevolizzazione dei non vegani che vengono giudicati da parte del mondo del veganismo e dell’antispecismo intersezionali come non pertinenti.

Inoltre il modo di agire imprigiona gli animali nello status di “vittima”, cosa che i movimenti antispecisti criticano da anni, collocando gli animali come soggetti attivi (e non passivi), protagonisti della loro lotta di liberazione e veri e propri compagni di lotte.

L’antispecismo deve essere pensato per ottenere un cambiamento strutturale, perseguendo un sistema politico non discriminatorio in cui tutti gli esseri senzienti siano liberi. Sono tutte le istituzioni sociali di dominio che devono essere attaccate e le ideologie che le accompagnano come capitalismo, razzismo, sessismo e specismo.

Note sono le dichiarazioni di stampo razzista e islamofobo verso la popolazione palestinese da parte di Boojor, fondatore del movimento stesso, il quale, mostrando il suo sincero compiacimento alle ideologie fasciste o di estrema destra, ha imbastito una lotta animalista per assolversi dall’odio razzista verso persone musulmane e donne col velo.

L’apoliticismo di questo movimento quindi è funzionale a ben altro: sostenere direttamente e consensualmente l’oppressione sionista del popolo palestinese.

Il gruppo animalista anti-intersezionale 269Life è infatti diventato negli anni una colonna portante delle campagne di veganwashing in Israele che strumentalizzano il veganismo come mezzo per marginalizzare ed attaccare mediaticamente il popolo palestinese come “popolo incivile, barbaro e mangiatore di animali” contrapponendo invece Israele come “nazione civile e attenta ai diritti animali”.

La propaganda di 269 Life gioca molto sulla “ebraicità” del veganismo israeliano, confrontando spesso lo sfruttamento degli animali con la Shoah, i campi di concentramento con la schiavitù animale ponendo strategicamente l’oppressione animale come unica priorità rilevante. Questa posizione ideologica è spiegata nel manifesto “Not Human First”, in cui viene esplicitato il loro totale disinteresse nel portare avanti lotte per la liberazione di popoli oppressi, contribuendo ai sistemi di oppressione dei gruppi umani emarginati.

Creando eventi visivamente sorprendenti che mettono in scena parallelismi tra Shoah e sfruttamento degli animali, per attirare l’attenzione e la popolarità nei media e nella comunità animalista, ”269 Life” trae personale profitto dalla violenza contro i corpi degli oppressi.

Il movimento stesso ha ricevuto molteplici critiche da parte di PAL, Palestinian Animal League, associazione antispecista nata in Palestina nel 2012 che sta lavorando per migliorare l’ambiente fisico e culturale per gli animali in Palestina e che in questi anni ha osservato l’impatto dello storico colonialismo britannico e dell’occupazione israeliana sugli animali in Palestina, scavando nelle radici per scoprire dove sono iniziate le radici di varie forme di oppressione come specismo, omofobia e patriarcato in Palestina. Questo è un approccio a cui PAL si riferisce, come organizzazione per i diritti degli animali che ha la liberazione palestinese come principio guida. PAL deve affrontare molti ostacoli unici alla partecipazione nella più ampia comunità dei diritti degli animali a causa della sua identità palestinese, la quale deciso di ritirarsi dalla partecipazione di eventi in cui sono presenti organizzazioni israeliane che non sono critiche nei confronti dell’occupazione. PAL si  rifiuta di normalizzare l’occupazione sionista presentandosi insieme ai suoi oppressori e ai loro complici, anche se sono associazioni per i diritti animali e, in questa ottica, critica il gruppo israeliano anti-intersezionale per i diritti degli animali 269Life i cui fondatori sostengono l’occupazione della Palestina.

La critica è ancora più inerente se si scava nell’apparato ideologico di 269Life, il quale porta con sé una concezione di “animalismo apolitico bianco” che non rispetta la politica intersezionale, perché è un prodotto dell’appropriazione delle oppressioni umane, e peggiora le disuguaglianze umane per affermare il suo punto di vista.

Molti attivisti e leader di questo movimento hanno spesso ricordato che la trasversalità nella difesa degli animali è fondamentale dal momento che la vita degli animali è difronte ad una questione emergenziale. Queste sono affermazioni intellettualmente disoneste dal momento che tantissimi esseri umani, oggi, sono vittime di varie oppressioni come razzismo, islamofobia, genocidio, sessismo, schiavitù e sono certamente difronte ad un “problema emergenziale”, anche se in verità si dovrebbe chiamare “problema strutturale” ovvero quello dell’ineguaglianza. La loro posizione è propria di un movimento animalista costituito in gran parte da privilegiati/e, fondato su quello che può essere chiamato “il modello bianco”, che disprezza le oppressioni vissute da molti individui nella nostra società.

Questa posizione parte dal fatto che, dal momento che non c’è alcun obbligo per i gruppi che si occupano di diritti umani di includere lo specismo, il movimento animalista non dovrebbe preoccuparsi del rispetto degli esseri umani. Una logica machista ed individualista di “ognuno per se stesso” che il mondo politico antispecista rifiuta di sostenere.

Spetta a noi oggi andare incontro ad altre lotte per la giustizia sociale, condannare fermamente le posizioni politiche nauseabonde che abbondano nell’ambiente di difesa degli animali e spiegare che stiamo tutti/e lottando contro sistemi di dominazione, che intrappolano individui di ogni specie in un’alternativa avvelenata fatta di dicotomie.

(Fonte: Collettivo 269. Liberation Animale)