5 broken cameras

Di Formacinema. 5 BROKEN CAMERAS
“Se sei ferito ricorderai per sempre la tua ferita,
anche dopo che è guarita.
Ma cosa succede se continui ad essere ferito
ancora e ancora … ?
Ti dimentichi tutte le tue cicatrici.
Ma la telecamera ricorda
e così io filmo per guarire”.
Emad Burnat, contadino palestinese, co-regista

“Non partecipo al film per mostrare il volto buono degli israeliani,
Quindi non è giusto usare me e la mia identità per dire:
“Guarda! Un israeliano che lavora con un palestinese!”
Non è questo il punto.
Il problema è che l’occupazione è un male per gli israeliani stessi”
Davidi Guy, co-regista israeliano
“5 broken cameras” che ha vinto il premio “World Cinema Documentary” al Sundance Film
Festival 2012 e il premio per il miglior documentario al Festival del Cinema di Gerusalemme del
2012, è il primo film palestinese ad essere stato nominato all’Oscar (nella categoria “Miglior
Documentario”) e nasce dalla collaborazione tra Emad Burnat, un contadino palestinese di Bil’in e
Davidi Guy, un attivista di Indymedia.
Dopo aver girato alcuni cortometraggi, il regista israeliano Davidi Guy, è andato nel 2005 a Bil’in
per girare “Interrupted Streams”, un documentario sulla politica dell’acqua nei Territori Occupati
(che è stato poi presentato al Festival del Cinema di Gerusalemme nel 2010) e qui ha incontrato
Emad, un contadino palestinese che voleva filmare la nascita di Gibreel il suo quarto figlio; ma che
ben presto inizia a filmare anche molto altro…
La particolarità di questo documentario risiede nell’equilibrio tra i momenti familiari e intimi (come
quando il vecchio padre di Emad tenta di arrampicarsi e bloccare la jeep israeliana che stava
portando il figlio in prigione o quando il piccolo Gibreel bacia i manifesti funebri chiedendo al
padre il significato della morte), tra gli abitanti del villaggio ognuno con le proprie speranze e
convinzioni (su tutti Phil e Ameed) e la cronistoria dei cambiamenti nel villaggio (dalla costruzione
del muro di separazione e di nuovi insediamenti illegali, alla raccolta delle olive a cui spesso
partecipano anche gli internazionali per proteggere i contadini palestinesi, alla politica
internazionale) e fare un film intimo ed personale è stato il modo per farlo sentire nuovo ed
autentico.
Per il resto la trama è semplice e lineare e ad ogni telecamera rotta corrisponde un momento della
vita sia di Emad che del villaggio di Bil’in: la prima telecamera riprende l’inizio della resistenza
pacifica e creativa contro la costruzione del muro di separazione e la dura reazione dell’esercito
israeliano con gas lacrimogeni, proiettili di gomma (e non solo…), arresti indiscriminati, tra cui
Riyad, un fratello di Emad: ed è proprio in questa occasione che viene rotta la prima telecamera.
Dopo qualche tempo Yisrael, un cameraman israeliano regala ad Emad la seconda telecamera: con
questa si documenta la costruzione del muro e la raccolta delle olive: in questa fase la lotta di Bil’in
diventa un simbolo in tutto il mondo come resistenza popolare non violenta e mentre Emad filma la
costruzione di nuovi insediamenti illegali un colono gli rompe la seconda telecamera.

Quando Gibreel ha tre anni, Emad ottiene la terza telecamera: la situazione in Cisgiordania se possibile
peggiora: le incursioni dei soldati israeliani e gli arresti si fanno sempre più frequenti ed
indiscriminati e addirittura vi è una marcia di protesta di bambini che gridano: “Lasciateci dormire

di notte !”. Durante le riprese un soldato spara addosso ad Emad ad altezza d’uomo colpendo la
telecamera che conserva al suo interno una pallottola testimonianza della fragilità effimera della
vita, e così viene rotta anche la terza telecamera di Emad.
La quarta telecamera filma gli avvenimenti del 2008: la reazione dell’esercito israeliano si
inasprisce ed è sempre più difficile per i palestinesi mantenere i loro ideali di non violenza. Ma
proprio mentre la situazione sembra disperata, gli abitanti del villaggio di Bil’in scoprono di aver
ottenuto una vittoria legale contro il tracciato del muro (“quasi un elettrocardiogramma”, secondo
la definizione dell’architetto israeliano Eyal Weizman) ma il tempo passa, e la sentenza dell’Alta
Corte non viene eseguita. Emad per poter lavorare è costretto ad andare in Israele e al ritorno ha uno
spaventoso incidente che rompe la quarta telecamera e gli costa quasi la vita: rimane in coma per 20
giorni e si risveglia durante Piombo Fuso mentre Israele bombarda Gaza e continua la
colonizzazione in Cisgiordania in maniera sempre più violenta; durante una manifestazione Phil
viene colpito e muore all’istante; toccanti le immagini del piccolo Gibreel che bacia i manifesti
funebri e poi quando si rende conto del significato della morte chiede al padre: “Perché hanno
ucciso Phil? Cosa ha fatto ai soldati?” dopo il funerale c’è una manifestazione molto tesa in cui
viene rotta la quinta telecamera di Emad
E come ha spiegato il co-regista Guy l’obiettivo è quello di “non ridurre l’esperienza del film ad
un’esperienza binaria: giusto/sbagliato, buono/cattivo, palestinesi/israeliani, abbracciando invece
pienamente la complessità, la bellezza, e le emozioni”. In tutto

questo un ruolo fondamentale lo
gioca la colonna sonora del trio Jourban che hanno scelto di suonare la stessa melodia per tutto il
film, una melodia che non si ripete uguale a se stessa ma piuttosto si sviluppa: ed è stata scelta
proprio per rimarcare la situazione della Palestina in un film che “è sulla resistenza e la ripetizione
degli eventi”.
Un plauso poi alla casa americana di distribuzione, la Kino Lorber, fondata nel 2009 da Donald
Krim e Richard Lorber specializzata in film d’essai e in film a basso budget, che si dedica tra l’altro
alla distribuzione di film muti (tra cui i primissimi di Georges Méliès, i fratelli Lumière e DW
Griffith), e al recupero e alla diffusione del cinema classico (ad esempio hanno appena editato in
blu ray la copia inedita di “Metropolis” di Fritz Lang, “La corazzata Potemkin” di Sergei
Eisenstein e il primo lungometraggio di Stanley Kubrick Fear and Desire, utilizzando una copia
della Biblioteca del congresso di Washington).
Macchi Monica
PS Al suo arrivo negli Stati Uniti Burnat è stato arrestato dai funzionari dell’Ufficio immigrazione
non convinti della veridicità dell’invito…si è dovuto mobilitare il regista Michael Moore che ha
subito twittato “Benvenuti in America”; Emad invece non si è scomposto più di tanto ricordando
che “questo è all’ordine del giorno per i palestinesi, ogni singolo giorno, in tutta la Cisgiordania, a
nessuno di noi è stata risparmiata l’esperienza che io e la mia famiglia abbiamo vissuto a Los
Angeles”.
trailer:
http://www.youtube.com/watch?v=XID_UuxiGxM